Corte di Cassazione – Ordinanza n. 6513 del 16 marzo 2018

ORDINANZA

sul ricorso 1936-2013 proposto da:

(OMISSIS) SPA;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 138/2011 della COMM.TRIB.REG. di MILANO, depositata il 21/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/02/2018 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.

RITENUTO

che:

1.1 (OMISSIS) impugnava dinanzi alla C.T.P. di Milano le cartelle ed i ruoli nn. (OMISSIS) e (OMISSIS) in quanto non notificategli.

La societa’ (OMISSIS) si costituiva, producendo latri documentazione attestante la notificazione delle cartelle, sulla scorta della quale la C.T.P. rigettava il ricorso.

Il contribuente interponeva gravame avverso la sentenza di primo grado, deducendo la nullita’ delle operazioni notificatorie effettuate ai sensi dell’articolo 140 c.p.c., con il deposito del plico presso la casa comunale per un solo giorno, non seguito dall’invio delle necessarie raccomandate.

La C.T.R. della Lombardia accoglieva il gravame, osservando che le raccomandate erano state spedite al contribuente presso un indirizzo diverso da quello indicato nelle cartelle esattoriali, indirizzo, quest’ultimo, corrispondente a quello di effettiva residenza del contribuente.

Avverso la sentenza n. 138/19/11 emessa il 24.10.2011, la concessionaria propone ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati nella memoria.

Il contribuente non si e’ costituito.

CONSIDERATO

che:

2.1 Con il primo motivo del ricorso, la concessionaria lamenta violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articoli 18 e 21 ex articolo 360 c.p.c., n. 3 e l’omesso esame circa un fatto decisivo in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, deducendo che i giudici di appello hanno omesso di esaminare l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso proposto e hanno scrutinato, nonostante la dedotta eccezione di inammissibilita’ di nova in appello, il motivo relativo alla nullita’ del procedimento notificatorio, emendando la censura di inesistenza formulata in primo grado.

Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza di appello sotto il profilo dell’articolo 360 c.p.c., n. 3 per violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 26 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60, assumendo che la notifica effettuata ai sensi dell’articolo 140 c.p.c. non necessita – nel processo tributario – della successiva raccomandata, tant’e’ che laddove il legislatore ha voluto prevedere la necessita’ di una seconda raccomandata lo ha espressamente previsto ex articolo 60 cit.

Sostiene, inoltre, che “sulla busta di spedizione” prodotta risulta la dicitura “compiuta giacenza”, con la conseguenza che l’indirizzo presso il quale era stata inviata la raccomandata, seppur diverso da quello indicato nelle cartelle, doveva presumersi corrispondente al luogo di residenza o di domicilio.

Il primo motivo e’ infondato.

Come emerge dalle medesime allegazioni della ricorrente – il contribuente “impugnava le cartelle per omessa notifica e ne chiedeva l’annullamento”, chiarendo esattamente la portata ed il contenuto dell’unico motivo del ricorso.

Il motivo di gravame con il quale il contribuente ha eccepito la nullita’ del procedimento notificatorio, non implica la proposizione di una domanda nuova.

Difatti, il contribuente ha lamentato sin dal primo ricorso di non aver ricevuto alcuna notifica e solo dopo il deposito, nel giudizio di primo grado, della documentazione attestante le operazioni notificatorie, ne ha potuto verificare le ragioni, in quanto, la notifica, disposta ai sensi dell’articolo 140 c.p.c., non era stata seguita, a detta del (OMISSIS), dalla necessaria raccomandata informativa.

Tale deduzione, equivalendo alla contestazione della sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie giuridica oggetto della causa (inesistenza delle operazioni notificatorie), rientra fra le mere difese, non soggette al suddetto divieto.

Questa Corte ha affermato il principio che “e’ domanda nuova, non proponibile per la prima volta in appello ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., quella che alteri anche uno soltanto dei presupposti della domanda iniziale, introducendo un petitum diverso e piu’ ampio, oppure una diversa causa petendi, fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado ed in particolare su un fatto giuridico costitutivo del diritto originariamente vantato, radicalmente diverso, sicche’ risulti inserito nel processo un nuovo tema d’Indagine” (Cass. n. 18299/2016). Pertanto, solo quando venga ampliato il tema di indagine o si propone una domanda fondata su un titolo diverso rispetto a quello originariamente dedotto, questa risulta inammissibile perche’ viola il disposto dell’articolo 345 c.p.c., recepito anche dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 636 del 1972.

Il divieto di nuove domande, invece, non confligge con in principio del divieto di nova in appello nelle ipotesi in cui le domande si fondano su diversi presupposti giuridici ma sulla base dei medesimi fatti. Ad esempio e’ stata ritenuta non confliggente con il principio del divieto dei nova in appello la domanda volta a conseguire, sulla base dei medesimi fatti, l’indennizzo per arricchimento ingiustificato ex articolo 2041 c.c., anziche’ la condanna ex contractu.

Il secondo motivo e’ infondato.

La societa’ concessionaria sostiene l’inapplicabilita’ al processo tributario delle formalita’ relative alla procedura notificatoria di cui all’articolo 140 c.p.c., ritenendo l’insussistenza di un obbligo normativo di spedizione della raccomandata alla stregua dell’articolo 60 citato, il quale prevede che la notifica si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso di deposito e’ affisso nell’albo del Comune.

La tesi non e’ condivisibile.

Deve sottolinearsi, sul punto, che in tema di notifica della cartella di pagamento, nei casi di “irreperibilita’ cd. relativa” del destinatario, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 22 novembre 2012 relativa al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 26, comma 3 (ora 4), va applicato l’articolo 140 c.p.c., in virtu’ del combinato disposto del citato articolo 26, u.c., e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60, comma 1, alinea, sicche’ e’ necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito presso la casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione (Cass. n. 25079 del 2014), o comunque che siano decorsi dieci giorni dalla spedizione di detta lettera informativa (Corte costituzionale n. 3 del 2010 e n. 258 del 2012; Cassazione 2017 n. 8433).

L’ente concessionario sostiene di aver fornito la prova del deposito del plico presso la Casa comunale e di aver depositato la busta sulla quale era stampigliata la dicitura “compiuta giacenza”.

Tuttavia, la busta – cosi’ come il mero invio della raccomandata ad un indirizzo diverso da quello di residenza (indicato invece correttamente nelle cartelle esattoriali) – non equivale all’avviso di ricevimento della raccomandata, dalla quale deve risultare compiutamente l’attivita’ svolta dall’ufficiale giudiziario o dal pubblico ufficiale, vale a dire il tentativo di consegna, i motivi dell’omessa consegna e, indi, la compiuta giacenza.

Al riguardo questa Corte ha affermato che in tema di notificazioni a mezzo posta, il notificante deve provare il perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario mediante la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata, unico documento idoneo ad attestare la consegna del plico e la data di questa, mentre, ove sia il destinatario a dover provare la data della notificazione, e’ sufficiente la produzione della busta che contiene il plico, in se’ idonea ad attestare che prima della data risultante dal timbro postale apposto non poteva essere avvenuta la consegna (Cass. 2015 n. 4891; Cass.2009 n. 16184).

Per il principio della soccombenza e tenuto conto della omessa costituzione del contribuente, le spese di lite anticipate da (OMISSIS) s.p.a. restano a suo carico.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.