Corte di Cassazione – Sentenza n. 12309 del 16 marzo 2018

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 26/05/2017 della CORTE APPELLO di MILANO;

sentita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’istanza avanzata nell’interesse di (OMISSIS) ha rideterminato la pena in anni 6, mesi 1 e giorni 10 di reclusione, unificando ai sensi dell’articolo 671 c.p.p., articolo 81 cpv. c.p., le pene inflitte con le sentenze del Tribunale di Milano in data 25/5/2011 e del GUP del Tribunale di Varese in data 13/9/2011.

2. Ricorre (OMISSIS), a mezzo dei difensori avv. (OMISSIS) e avv. (OMISSIS), che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla individuazione del reato piu’ grave e al trattamento sanzionatorio per i reati satelliti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso puo’ essere trattato nelle forme “de plano”, ai sensi dell’articolo 610 c.p.p., comma 5 bis, – come modificato dalla L. n. 103 del 2017 -, trattandosi di impugnazione che deve essere dichiarata inammissibile ancorche’ la stessa sia stata proposta avverso un provvedimento pronunciato prima della entrata in vigore della novella, perche’ la causa di inammissibilita’ era gia’ prevista (in questo senso Sez. 1, n. 52268 del 07/11/2017, Nim, Rv. 271264).

2. Osserva il Collegio che il ricorso appare inammissibile per tardivita’.

Il condannato (OMISSIS) aveva eletto domicilio presso il difensore avv. (OMISSIS) (allegato n. 7 all’istanza) ed ha ivi ricevuto in data 27 luglio 2017 la comunicazione del provvedimento impugnato; il ricorso e’ stato depositato il 28 settembre 2017.

2.1. La comunicazione in questione e’ stata effettuata al difensore tramite posta elettronica certificata a mente dell’articolo 148 c.p.p., comma 2 bis, trattandosi di mezzo tecnico idoneo.

Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimita’ “in tema di notificazione al difensore mediante invio dell’atto, tramite posta elettronica certificata (c.d. pec), la semplice verifica dell’accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna, ad una determinata data e ora, dell’allegato notificato e’ sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessita’ di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatario” (Sez. 4, n. 2431 del 15/12/2016 dep. 2017, Dionigi, Rv. 268877).

D’altra parte, secondo il costante orientamento di legittimita’ “la notifica di atti destinati all’imputato o altra parte privata, che possano o debbano essere consegnati al difensore, effettuata a mezzo posta elettronica certificata (cd. PEC), si perfeziona con l’attestazione, apposta in calce all’atto dal cancelliere trasmittente, dell’avvenuto invio del testo originale – la cui mancanza costituisce, peraltro, mera irregolarita’ – mentre non e’ necessaria la conferma della avvenuta ricezione da parte del destinatario” (Sez. 2, n. 52517 del 03/11/2016, Russo, Rv. 268816).

In particolare, «è valida la notifica effettuata, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., mediante invio al difensore, tramite posta elettronica certificata (c.d. pec), dell’atto da notificare all’imputato, atteso che la disposizione di cui all’art. 16, comma quarto, D.L. 16 ottobre 2012 n. 179, che esclude la possibilità di utilizzare la “pec” per le notificazioni all’imputato, va riferita esclusivamente alle notifiche effettuate direttamente alla persona fisica dello stesso e non a quelle eseguite mediante consegna al difensore seppure nel suo interesse» (Sez. 4, n. 16622 del 31/03/2016, Severi, Rv. 266529).

2.2. Nel caso di specie, il messaggio di posta elettronica certificata, contenente la copia elettronica (scansione in formato pdf del documento cartaceo originale sottoscritto dal giudice e depositato in Cancelleria) risulta inviato dalla Cancelleria del giudice dell’esecuzione e contestualmente ricevuto in data 27 luglio 2017 sulle caselle di posta elettronica certificata dei difensori del condannato avv. Mirko Perlino e avv. Roberto Iannaccone.

Premesso che l’avv. Iannaccone, oltre ad essere difensore il difensore di Viaggiani nella fase esecutiva, risulta per tabulas essere pure il domiciliatario del condannato nella medesima fase, ci si deve domandare, pur in assenza di una specifica deduzione sul punto, se la Cancelleria debba procedere ad una doppia comunicazione all’avv. Iannaccone della medesima comunicazione di posta elettronica certificata: una quale difensore e una quale domiciliatario.

3. Per risolvere la questione è opportuno esaminare alcuni aspetti concernenti la posta elettronica certificata «pec» e, infine, la questione della conoscibilità della causale della notificazione.

3.1. Deve essere, innanzitutto, evidenziato che nel caso in cui la comunicazione o notificazione sia eseguita per mezzo della posta elettronica certificata «pec», non può non tenersi conto delle caratteristiche proprie del mezzo di trasmissione utilizzato, caratteristiche che risultano del tutto peculiari rispetto alla tradizionale notificazione tramite ufficiale giudiziario e finanche a quella eseguita tramite fax.

Infatti, a differenza di altri mezzi di notificazione, la posta elettronica certificata mette nella definitiva disponibilità del destinatario la copia informatica dell’atto notificato, potendo il destinatario prendere in ogni tempo visione dell’atto mediante la consultazione del proprio sistema informatico di posta elettronica, stamparlo quante volta voglia, inviarlo a terzi un numero indefinito di volte, senza alcun aggravio di attività o costi.

In sostanza, la necessità di procedere alla consegna al soggetto che riceve la notificazione di tante copie quanti sono i destinatari dell’atto appare logicamente incompatibile quando si proceda alla notificazione o alla comunicazione tramite «pec», poiché è lo stesso sistema tecnologico che consente al destinatario di riprodurre il numero necessario di copie dell’atto ricevuto.

3.2. D’altra parte, per quanto concerne la tradizionale notificazione degli atti cartacei, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che «la notificazione ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. mediante consegna al difensore di un’unica copia dell’atto da notificare dà luogo ad una mera irregolarità, non produttiva di nullità, qualora risulti esplicitato, o sia comunque desumibile dall’atto, che la notificazione stessa è stata eseguita al medesimo sia in proprio che nella veste di consegnatario» (Sez. 2, n. 19277 del 13/04/2017, La Marra, Rv. 269916; in precedenza: Sez. 2, n. 50976 del 17/09/2015, Petrarca, Rv. 265759; Sez. 1, n. 14012 del 07/03/2008, P.M. in proc. Petrisor, Rv. 240138).

Tale principio è stato costantemente affermato con la precisazione che, allorquando sia esplicitato od aliunde chiaramente desumibile che l’atto viene notificato al difensore sia nella sua veste tecnica sia nella veste di destinatario dell’atto in sostituzione dell’imputato, la notifica è pienamente valida pur se effettuata in unica copia, essendosi, attraverso tali modalità, raggiunte le finalità della notifica e informato il difensore.

3.3 Ad avviso del Collegio deve farsi convinto richiamo all’indicato orientamento di legittimità che risulta viepiù condivisibile nel caso in cui la comunicazione o notificazione sia eseguita mediante la posta elettronica certificata.

Infatti, salvo il caso in cui l’elezione di domicilio non sia conosciuta dal destinatario, questi, allorquando riceve l’atto in formato elettronico tramite «pec», risulta a conoscenza della ridetta qualità in ragione del rapporto che intrattiene con il patrocinato (sia esso di fiducia o d’ufficio), sicché deve ritenersi legittimamente eseguita la notificazione anche senza l’invio di più copie quanti sono i destinatari.

In effetti, a differenza delle tradizionali modalità di comunicazione, la posta elettronica certificata assicura che il messaggio è stato recapitato direttamente al destinatario (non è ipotizzabile, per le caratteristiche proprie dell’indirizzo elettronico, la consegna a famigliari, addetti alla ricezione, al portiere o a terzi), che viene individuato in maniera univoca mediante l’indirizzo elettronico esistente nei pubblici registri in associazione al suo codice fiscale, così eliminandosi in radice i rischi di smarrimento dell’atto, omonimia, temporanea assenza o trasferimento dello studio professionale.

4. Ciò premesso, è possibile esaminare la questione oggetto del giudizio.
Il ricorso per cassazione è stato depositato nella Cancelleria del giudice a quo in data 28 settembre 2017, oltre il termine di 15 giorni previsto dall’art. 585, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., tenuto presente che il provvedimento è stato notificato all’avv. Iannaccone – difensore e domiciliatario – a mezzo della posta elettronica certificata in data 27 luglio 2017, momento da cui decorre il termine di impugnazione a norma dell’art. 585, comma 2, lett. b), cod. proc. pen..

5. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 2.000,00.

 PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000 in favore della Cassa delle ammende.