Corte di Cassazione – Sentenza n. 31273 del 10 luglio 2018

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 14 febbraio 2017 la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Rimini il 4 aprile 2014, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS), in atti generalizzato, e (OMISSIS) in ordine ai reati di cui ai capi b), c) e d) perche’ estinti per prescrizione; ha rideterminato la pena per il delitto di ricettazione di cui al capo a) e confermato nel resto.
Avverso la sentenza d’appello (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi:

1) nullita’ della sentenza per omessa notifica del decreto di citazione in appello sia al difensore di fiducia che all’imputato presso il domicilio eletto. In particolare, pur avendo l’imputato eletto domicilio presso lo studio del difensore di fiducia avv. (OMISSIS), al suddetto studio non sarebbe stata effettuata alcuna notifica ne’ a “mezzo servizio postale ne’ a mezzo pec, non risultando quest’ultima ricevuta a causa di un guasto alla linea telefonica;

2) manifesta illogicita’ della motivazione ovvero erronea applicazione della legge penale, per avere la Corte d’appello denegato le attenuanti generiche, effettuando una valutazione solo degli elementi di cui all’articolo 133 c.p., e cosi’ irragionevolmente trascurando il comportamento resipiscente dell’imputato e le difficolta’ economiche, addotte a giustificazione del proprio operato.

All’odierna udienza pubblica e’ stata verificata la regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile.

1.1 Riguardo al primo motivo, deve premettersi che la Posta Elettronica Certificata (PEC) e’ il sistema che, per espressa previsione di legge (Decreto del Presidente della Repubblica 11 Febbraio 2005, n.68), consente di inviare email con valore legale.

Il servizio PEC, benche’ presenti forti similitudini con la tradizionale posta elettronica, ha caratteristiche aggiuntive tali da fornire agli utenti la certezza – a valore legale – dell’invio e della consegna (o della mancata consegna) delle email al destinatario.

Il termine “certificata” si riferisce al fatto che il gestore del servizio rilascia al mittente una ricevuta, che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio ed eventuali allegati. Allo stesso modo, il gestore della casella PEC del destinatario invia al mittente la ricevuta di avvenuta consegna. I gestori certificano quindi con le proprie “ricevute” che il messaggio e’ stato spedito e che e’ stato consegnato (o in caso negativo: che il messaggio non e’ stato consegnato).

Tale sistema e’ stato creato proprio al fine di garantire, in caso di contenzioso, l’opponibilita’ a terzi del messaggio.

Alla luce delle suesposte circostanze questa Corte ha dunque affermato (Sez. 4, n. 2431 del 15/12/2016, Rv. 268877) che, in tema di notificazione al difensore mediante invio dell’atto tramite posta elettronica certificata (c.d. pec), la semplice verifica dell’accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna e’ sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza necessita’ di ulteriori accertamenti.

1.1.1 Cio’ premesso, deve rimarcarsi che il ricorrente ha dedotto che per un guasto della linea non avrebbe ricevuto, in proprio e quale domiciliatario dell’imputato, la notifica a mezzo pec del decreto di fissazione dell’udienza dibattimentale dinanzi alla Corte d’appello.

Non ha contestato, dunque, l’esistenza delle certificazioni dei gestori attestanti la spedizione e l’accettazione del messaggio, ma ha dedotto di non avere egli mai ricevuto il messaggio per un guasto del servizio. Cio’ senza peraltro provare alcun malfunzionamento del sistema, per di piu’ dedotto in maniera generica.

Ne consegue che, dovendosi ritenere, come innanzi detto, perfezionata e pienamente valida la notifica sulla base della verifica dell’accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna, la doglianza del ricorrente e’ manifestamente infondata.

1.2 Il secondo motivo e’ privo del necessario requisito della specificita’, non confrontandosi il ricorrente con la motivazione della Corte d’appello, che ha denegato le attenuanti generiche in ragione dei “precedenti penali plurimi, di cui uno anche specifico”.

Cosi’ argomentando la Corte di merito si e’ correttamente conformata al consolidato orientamento di questa Corte, per la quale, al fine di ritenere od escludere la configurabilita’ di circostanze attenuanti generiche, il giudice puo’ limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’articolo 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio: anche un solo elemento attinente alla personalita’ del colpevole od all’entita’ del reato ed alle modalita’ di esecuzione di esso puo’, pertanto, risultare all’uopo sufficiente (cosi’, ex multis, Sez. 2, sentenza n. 3609 del 18 gennaio 1 febbraio 2011, CED Cass. n. 249163).

2. La declaratoria di inammissibilita’ totale del ricorso comporta, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilita’ per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) e tenuto conto della rilevante entita’ di detta colpa – della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.