Corte di Cassazione – Ordinanza n. 7083 del 03 marzo 2022

RILEVATO CHE

1. la Corte d’appello di Catania ha rigettato il reclamo L.Fall., ex articolo 18 della societa’ (OMISSIS) S.r.l. contro la sentenza con cui il Tribunale di Catania ne ha dichiarato il fallimento, su ricorso di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), affermando, tra l’altro: i) che la notifica all’indirizzo PEC della societa’ debitrice – rimasta contumace in primo grado – si era ritualmente perfezionata ai sensi della L.Fall., articolo 15, comma 3 e non poteva ritenersi nulla solo perche’ il legale rappresentante della societa’ non aveva provveduto a visionarla in quanto la societa’ medesima versava da anni in stato di inattivita’; ii) che i crediti dei creditori istanti non potevano essere rimessi in discussione, in quanto portati da titoli definitivi, coperti dal giudicato;

2. la (OMISSIS) S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi; gli intimati non hanno svolto difese.

CONSIDERATO CHE

2.1. con il primo motivo la ricorrente solleva questione di legittimita’ costituzionale della L.Fall., articolo 15, comma 3, per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 Cost., in quanto il meccanismo di notificazione speciale e semplificata ivi previsto violerebbe il principio di uguaglianza e il diritto di difesa; in concreto deduce che il legale rappresentante della societa’, inattiva dal (OMISSIS), non conosceva dell’esistenza della PEC attribuita alla (OMISSIS) S.r.l., la quale era stata richiesta ed utilizzata “dal commercialista che curava l’amministrazione e la contabilita’ della medesima (societa’)”;

2.2. il secondo mezzo denuncia la violazione e falsa applicazione della L.Fall., articoli 5, 6 e 15 nonche’ (testualmente) la “radicale nullita’ della sentenza dichiarativa di fallimento per assoluto difetto dei presupposti per la dichiarazione di fallimento di cui alla L.Fall., articoli 5, 6 e 15, per assoluta nullita’ o insussistenza del preteso credito dell’istante (OMISSIS)”;

2.3. il terzo motivo lamenta il medesimo vizio di cui al motivo precedente, avuto riguardo ai crediti degli altri tre creditori istanti;

3. il primo motivo e’ infondato, essendosi questa Corte gia’ ampiamente e condivisibilmente pronunciata nel senso della manifesta infondatezza della questione di legittimita’ costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 24 Cost., della L.Fall., articolo 15, comma 3, (come sostituito dal Decreto Legge n. 179 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 221 del 2012), nella parte in cui prevede la notificazione del ricorso alla persona giuridica tramite posta elettronica certificata (PEC) e non nelle forme ordinarie di cui all’articolo 145 c.p.c., poiche’, come gia’ affermato da Corte Cost. 16 giugno 2016, n. 146, la diversita’ delle fattispecie a confronto giustifica, in termini di ragionevolezza, la differente disciplina, essendo l’articolo 145 c.p.c. esclusivamente finalizzato ad assicurare alla persona giuridica l’effettivo esercizio del diritto di difesa in relazione agli atti ad essa indirizzati, mentre la contestata disposizione si propone di coniugare la stessa finalita’ di tutela del medesimo diritto dell’imprenditore collettivo con le esigenze di celerita’ e speditezza proprie del procedimento concorsuale, caratterizzato da speciali e complessi interessi, anche di natura pubblica, idonei a rendere ragionevole ed adeguato un diverso meccanismo di garanzia di quel diritto, che tenga conto della violazione, da parte dell’imprenditore collettivo, degli obblighi, previsti per legge, di munirsi di un indirizzo di PEC e di tenerlo attivo durante la vita dell’impresa (Cass. 26333/2016);

3.1. nel pervenire alla stessa conclusione, Cass. 13917/2016 ha altresi’ precisato che l’imprenditore, tenuto per legge a munirsi di un indirizzo PEC, ha l’onere di assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata (anche utilizzando dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti intrusione) e di controllare prudentemente la posta in arrivo (ivi compresa quella considerata dal programma gestionale utilizzato come “posta indesiderata”);

3.2. ulteriore principio rilevante nel caso in esame e’ quello, fondato sempre sulla pronuncia del Giudice delle leggi n. 146 del 2016, per cui le esigenze di contemperamento tra il diritto di difesa e gli obiettivi di speditezza e operativita’, ai quali deve essere improntato il procedimento concorsuale, giustificano che il tribunale resti esonerato dall’adempimento di ulteriori formalita’, ancorche’ normalmente previste dal codice di rito, allorquando la situazione di irreperibilita’ dell’imprenditore debba imputarsi alla sua stessa negligenza o a condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico (Cass. 27054/2016);

3.3. anche di recente e’ stato ribadito che il novellato L.Fall., articolo 15, comma 3, nel prevedere che la notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento alla societa’ puo’ essere eseguita tramite PEC all’indirizzo della stessa – e, in caso di esito negativo, presso la sua sede legale come risultante dal registro delle imprese, oppure, qualora neppure questa modalita’ sia andata a buon fine, mediante deposito dell’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro – introduce una disciplina speciale semplificata, che coniuga la tutela del diritto di difesa del debitore con le esigenze di celerita’ e speditezza intrinseche al procedimento concorsuale, escludendo peraltro l’applicabilita’ della disciplina ordinaria prevista dall’articolo 145 c.p.c. per le ipotesi di irreperibilita’ del destinatario della notifica (Cass. 5311/2020, 19688/2017);

3.4. d’altro canto, e’ indirizzo ormai consolidato che finanche alla societa’ gia’ cancellata dal registro delle imprese il ricorso per la dichiarazione di fallimento puo’, entro l’anno successivo alla cancellazione, essere notificato, ai sensi della L.Fall., articolo 15, comma 3, all’indirizzo PEC in precedenza comunicato al registro delle imprese (Cass. 17946/2016, 602/2017, 23728/2017, 3443/2020, 18544/2020);

4. il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili, poiche’, riproponendo dichiaratamente le doglianze sollevate, rispettivamente, con il quarto ed il quinto motivo del reclamo, non si confrontano con l’inequivocabile e dirimente ratio decidendi della sentenza impugnata, per cui i crediti dei creditori istanti, qui ancora una volta contestati, “sono portati da titoli divenuti definitivi, sicche’ la loro sussistenza non puo’ essere rimessa in discussione in quanto coperta dal giudicato”;

5. segue il rigetto del ricorso senza statuizione sulle spese, in assenza di difese degli intimati;

6. ricorrono sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Sez. U, 4315/2020).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.