Corte di Cassazione, Sez. Tributaria Civile – Ordinanza n. 20381 del 24 agosto 2017

ORDINANZA

sul ricorso 21159/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DE PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, (C.F. e PI (OMISSIS)), in persona del liquidatore legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente egli avvocata (OMISSIS), (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 376/5/2016 della COMMISSIONE TRIEUTARIA REGIONALE dell’EMILIA-ROMAGNA, depositata il 12/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti della (OMISSIS) srl in liquidazione (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna n. 376/05/2016, depositata in data 12/02/2016, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di avviso di accertamento emesso per IRES, IVA ed IRAP dovute dalla societa’, in relazione all’anno d’imposta 2005, seguito di recupero a tassazione di maggiori ricavi, Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 39, – e’ stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nel respingere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, ne hanno rilevato l’inammissibilita’, per difetto di motivi specifici, essendo l’atto riproduttivo delle medesime “considerazioni” svolte in sede di controdeduzioni nel giudizio dl primo grado, in difetto di motivo di doglianza su quanto statuito nella decisione impugnata.

A seguito di deposito di proposta ex articolo 380 bis c.p.c., e’ stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; la ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la nullita’ della sentenza: ex articolo 360 c.p.c., n. 4, per violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, essendo l’atto di appello fondato su specifici motivi e doglianze nei confronti della sentenza di primo grado.

2. Preliminarmente, non e’ fondata l’eccezione, sollevata dalla controricorrente, di inammissibilita’ del gravame per tardivita’, ex articolo 327 c.p.c..

Vero che, a fronte di una sentenza pubblicata, nell’ambito di un giudizio instaurato successivamente all’entrata in vigore della Novella di cui alla L. n. 69 del 2009, il 12/02/2016 e non notificata, il termine d impugnazione (di sei mesi, oltre sospensione feriale, come ridotta dal Decreto Legge n. 132 del 2014, articolo 16, conv. con modifiche dalla L. n. 162 del 2014, cfr. Cass. 27338/2016), scadeva il 12/09/2016, lunedi’.

Risulta, tuttavia, sulla base di quanto dedotto e documentato dalle parti, che l’Agenzia delle Entrate ricorrente ha effettuato una prima notifica, a mezzo PEC, in data 10/09/2016 (entro dunque il termine di legge per impugnare), che, malgrado “ricevuta di avvenuti: consegna”, e’ stata effettuata, a causa di disfunzioni verificatesi sul server (come da documentazione allegata dalla ricorrente), in forma incompleta, in quanto il file allegato, contenente il ricorso per cassazione, era “non leggibile” (come riconosciuto da entrambe le parti); la ricorrente ha quindi effettuato una seconda notifica” sempre a mezzo PEC, il successivo 15/09/2016, questa del tutte regolare e completa.

Vi e’ stata dunque una doppia notifica e la prima, tempestiva, deve ritenersi “meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa” (cfr. Cass. S.U. 14916/2016).

La ricorrente, appreso l’esito negativo della notifica dei ricorso, ad essa non imputabile, in quanto dipendente da disfunzione dei sistema generale di notifica degli atti a mezzo PEC utilizzato dall’Avvocatura Generale dello Stato, si e’ immediatamente attivata, senza attendere un provvedimento giudiziale che autorizzasse rinnovazione, in ossequio al principio di ragionevole durata de processo (Cass. 5974/2017), riprendendo il procedimento notificatorio e completandolo, a distanza di pochi giorni dalla prima tentata notifica, entro dunque il tempo pari alla meta’ dei termini cui all’articolo 325 c.p.c., fissato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 14594/2016, cosi’ conservando gli effetti collegati ella notifica originaria.

3. Il motivo di ricorso e’ fondato.

Ed infatti questa Corte ha affermato che “in tema di contenzioso tributario, a mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 53, comma 1, determinano l’inammissibilita’ del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora l’atto di appello benche’ formulato in modo sintetico, contenga una motivazione e questa non possa ritenersi “assolutamente” incerta, essendo-interpretabile, anche alla luce delle conclusioni formulate, in modo non equivoco” (Cass. 6473/2002) ed, inoltre, “non essendo imposti dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere “specifici i motivi d’appello possono essere ricavati, anche per implicito, purche’ in maniera univoca, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni” (Cass. 1224/2007).

Come poi ribadito anche di recente da questa Corte (Cass. ord. 14908/2014), nel processo tributario, anche “la riproposizione in appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificita’ dei motivi di impugnazione imposto dal Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 53, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza”.

Nella specie, l’appellante, in sede di gravarne, chiedendo l’annullamento della decisione di primo grado, contestava la motivazione e l’erronea valutazione operata dai giudici della C.T.P., in ordine all’uso “distorto e strumentale della denuncia penale”, fini del raddoppio dei termini di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 43, nonche’ in ordine allo svolgimento dell’attivita’ istruttoria ed alla ricostruzione analitico-induttiva operata, riprendendo anche le argomentazioni gia’ poste a fondamento dell’atto impositivo e delle cotrodeduzioni d primo grado.

Risulta, pertanto, che l’appello fosse sufficientemente specifico e contenesse quella necessaria “parte argomentativi che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico” (Cass. S.U. 23299/2011).

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento de ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvedera’ alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. dell’Emilia-Romagna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.