Corte di Cassazione – Ordinanza n. 981 del 16 gennaio 2023

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate notificava ad (OMISSIS), quale titolare di ditta individuale esercente l’attivita’ di bar, l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), fondato sull’applicazione di metodo induttivo, mediante il quale recuperava a tassazione il maggior reddito ritenuto conseguito nell’anno 2013, nella misura di Euro 43.341,95.

2. Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di (OMISSIS), proponendo plurime censure, procedurali e di merito. La CTP riteneva che l’Amministrazione finanziaria non fosse riuscita a provare la ricorrenza di indizi gravi, precisi e concordanti, di evasione contributiva, ed annullava l’avviso di accertamento.

3. L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, ed il contribuente non si costituiva. Il giudice dell’appello dichiarava inammissibile il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria, a causa del difetto di prova della notificazione dell’atto introduttivo del gravame, per non essere stata attestata la conformita’ dell’atto, nativo digitale, “dei suoi allegati e della ricevuta di attestazione e di consegna” (sent. CTR, p. 3), dal difensore dell’Ente impositore impugnante.

4. Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione sfavorevole assunta dalla CTR, l’Amministrazione finanziaria, affidandosi ad un motivo di ricorso. La notificazione del ricorso e’ stata effettuata dall’Agenzia delle Entrate presso il difensore della contribuente costituito nel primo grado del giudizio, indicato anche quale domiciliatario, e l’atto e’ stato consegnato il (OMISSIS). L’intimato non si e’ costituito.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Mediante il suo strumento di impugnazione, proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Ente impositore contesta la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 23, commi 1 e 2, del decreto MEF n. 163 del 2013, articolo 5, comma 2, della L. n. 53 del 1994, articolo 9, nonche’ del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 16 bis, per avere la CTR erroneamente ritenuto inesistente la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di appello, documento nativo digitale, al domiciliatario di controparte, perche’ il difensore dell’Amministrazione finanziaria non ha attestato l’autenticita’ del ricorso, degli allegati e dell’attestazione di consegna, tutti prodotti in forma digitale.

2. Preliminarmente occorre chiarire che il Collegio, rettificando la proposta del relatore, ritiene di aderire all’orientamento ora maggioritario di questa Corte, secondo cui deve ritenersi valida la notifica del ricorso per cassazione effettuata dall’Agenzia delle Entrate presso il procuratore domiciliatario costituito in primo grado di parte contribuente, rimasta contumace in grado di appello. Invero, le Sezioni Unite con sentenza 20.7.2016, n. 14916, hanno affermato che, sebbene in tema di ricorso per cassazione avverso le sentenze delle Commissioni Tributarie Regionali si applichi, con riguardo al luogo della sua notificazione, la disciplina dettata dall’articolo 330 c.p.c., tuttavia, in ragione del principio di ultrattivita’ dell’indicazione della residenza o della sede e dell’elezione di domicilio effettuate in primo grado, sancito dal Decreto Legislativo n. 31.12.1992, n. 546, articolo 17, comma 2, e’ valida la notificazione eseguita presso uno di tali luoghi, ai sensi del citato articolo 330, comma 1, seconda ipotesi, c.p.c., ove la parte non si sia costituita nel giudizio di appello oppure, costituitasi, non abbia espresso al riguardo alcuna indicazione. A tali consolidati principi si e’ uniformata la giurisprudenza successiva, evidenziando che il processo tributario ha un proprio regime di notificazione degli atti, disciplinato dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articoli 16 e 17, a tenore dei quali le notificazioni sono eseguite, salva la consegna a mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio e l’indicazione della residenza e del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi di giudizio.(cfr., Sez. V, 7.12.2016, n. 25117). Ora, nel caso in esame, il ricorso per cassazione risulta essere stato gia’ notificato tempestivamente, tramite pec, alla parte contribuente presso il domicilio eletto in primo grado sicche’, alla luce dei principi appena esposti, la notifica e’ corretta con conseguente ammissibilita’ del ricorso (cfr. Cass. sez. V, 27.4.2021, n. 11031; v. anche, nello stesso senso, ex multis, Cass. sez. V, 19.11.2020, n. 26308; Cass. sez. V, 8.2.2022, n. 3984).

3. Puo’ quindi esaminarsi il motivo di ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria, secondo cui e’ incorso in errore il giudice dell’appello, nel ritenere l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione, per non avere il difensore della notificante Agenzia delle Entrate attestato l’autenticita’ del ricorso, degli allegati e della ricevuta di consegna del documento.

3.1. Occorre evidenziare subito che il ricorso in appello dell’Amministrazione finanziaria e’ stato redatto e notificato in forma digitale, e la notifica e’ stata effettuata a mezzo Pec presso il domiciliatario del contribuente. Quindi l’Agenzia delle Entrate ha depositato nel fascicolo processuale l’documenti digitali riportanti il ricorso e l’attestazione di consegna, sempre mediante modalita’ telematica. Non ricorre, pertanto, l’ipotesi che il notificante abbia estratto una copia analogica dell’originale telematico, ed abbia depositato tale copia in atti.

3.2. Il giudice dell’appello scrive che “difetta la prova della notificazione dell’atto introduttivo” dell’impugnazione innanzi a se’. “E’, infatti, principio generale che l’appellante debba fornire prova dell’avvenuta notifica a controparte dell’atto di gravame nei termini previsti dalla legge in qualsiasi modalita’ essa sia avvenuta: a mezzo di ufficiale giudiziario, del servizio postale o, piu’ recentemente, a mezzo pec. In particolare in quest’ultima ipotesi, il difensore deve provvedere ai sensi della L. 21 gennaio 1994 n 53, articolo 9, commi 1 bis e 1 ter che disciplina le notifiche nel settore civile, amministrativo e stragiudiziale (Decreto Legge n. n 119/2018, articolo 16, comma 3,) e prevede che l’avvocato estragga copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformita’ ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi del Decreto Legislativo n. 7 marzo 2005, n 82l, articolo 23, comma 1. Non essendo stati eseguiti questi incombenti, ne’ essendo stata fornita prova con alcun altro mezzo, l’appello va dichiarato inammissibile” (sent. CTR, p. 3).

3.2.1. La CTR e’ incorsa in equivoco, ed il giudice dell’appello ha proposto valutazioni inconferenti, tutte relative all’ipotesi in cui dell’originale digitale dell’atto di notifica, e degli ulteriori relativi al procedimento di notificazione, il difensore notificante abbia estratto e depositato copia analogica, il che non e’ avvenuto nel caso di specie.

3.3. Si trae conferma di quanto rilevato esaminando le norme richiamate dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria nella sua decisione.

Il Decreto Legislativo n. 82 del 2005, all’articolo 23, prevede infatti: “1. Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformita’ all’originale in tutte le sue componenti e’ attestata da un pubblico ufficiale a cio’ autorizzato.

– 2. Le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformita’ non e’ espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto l’obbligo di conservazione dell’originale informatico.

– 2-bis. Sulle copie analogiche di documenti informatici puo’ essere apposto a stampa un contrassegno, sulla base dei criteri definiti con le Linee guida, tramite il quale e’ possibile accedere al documento informatico, ovvero verificare la corrispondenza allo stesso della copia analogica. Il contrassegno apposto ai sensi del primo periodo sostituisce a tutti gli effetti di legge la sottoscrizione autografa del pubblico ufficiale e non puo’ essere richiesta la produzione di altra copia analogica con sottoscrizione autografa del medesimo documento informatico. I soggetti che procedono all’apposizione del contrassegno rendono disponibili gratuitamente sul proprio sito Internet istituzionale idonee soluzioni per la verifica del contrassegno medesimo” (evidenza aggiunta), e disciplina pertanto esclusivamente l’ipotesi che l’atto digitale sia stato copiato su supporto analogico, pertanto su carta, e sia stato successivamente depositato.

3.3.1. La CTR richiama anche il Dl n. 119 del 2018, articolo 16, come conv., il quale, introducendo nel Decreto Legislativo n. 546 del 1992, l’articolo 25 bis, ha previsto, al comma 1, lettera b), n. 3: “3. La copia informatica o cartacea munita dell’attestazione di conformita’ ai sensi dei commi precedenti equivale all’originale o alla copia conforme dell’atto o del provvedimento detenuto ovvero presente nel fascicolo informatico” (evidenza aggiunta), e prevede pertanto che la copia cartacea munita di attestazione di conformita’ dell’atto informatico equivale all’originale, cosi’ come anche la copia informatica, in relazione alla quale non e’ richiesta l’attestazione di conformita’. Tale conclusione risulta confermata dal testo di cui al comma 3 della medesima norma, la quale dispone: “In tutti i casi in cui debba essere fornita la prova della notificazione o della comunicazione eseguite a mezzo di posta elettronica certificata e non sia possibile fornirla con modalita’ telematiche, il difensore o il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione ed i soggetti iscritti nell’albo di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, articolo 53, provvedono ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, articolo 9, commi 1-bis e 1-ter,. I soggetti di cui al periodo precedente nel compimento di tali attivita’ assumono ad ogni effetto la veste di pubblico ufficiale” (evidenza aggiunta), pertanto il ricorso alla disciplina dell’attestazione richiamata e’ previsto nella sola ipotesi che non sia possibile fornire con modalita’ telematica la prova della notificazione o della comunicazione eseguite a mezzo posta elettronica certificata, mentre tale procedura non deve essere attivata quando sia possibile fornire in modalita’ telematica la prova della notificazione eseguita mediante invio telematico.

3.3.2. Ancora, la CTR opera infine riferimento alla L. n. 53 del 1994, articolo 9, il quale dispone: “1. Nei casi in cui il cancelliere deve prendere nota sull’originale del provvedimento dell’avvenuta notificazione di un atto di opposizione o di impugnazione, ai sensi dell’articolo 645 del codice di procedura civile e dell’articolo 123 delle disposizioni per l’attuazione, transitorie e di coordinamento del codice di procedura civile, il notificante provvede, contestualmente alla notifica, a depositare copia dell’atto notificato presso il cancelliere del giudice che ha pronunciato il provvedimento.

– 1-bis. Qualora non si possa procedere al deposito con modalita’ telematiche dell’atto notificato a norma dell’articolo 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformita’ ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. (29), articolo 23, comma 1.

1-ter. In tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalita’ telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis.” (evidenza aggiunta). La disposizione fornisce quindi ulteriore evidenza che l’attestazione di conformita’ dell’atto depositato e’ richiesta soltanto nel caso in cui l’atto notificato sia allegato al fascicolo dibattimentale previa estrazione di copia analogica, e l’evento si verifica nel solo caso in cui non sia stato possibile procedere al deposito con modalita’ telematica dell’atto notificato con modalita’ telematica.

3.4. La ragione della scelta operata dal legislatore, che non richiede l’attestazione di conformita’ in relazione all’atto nativo digitale, il quale sia prodotto in giudizio in tale forma, mediante allegazione telematica al fascicolo dibattimentale, dipende dal fatto che, a differenza dei documenti su supporto cartaceo, in cui vi e’ un problema di conformita’ dell’atto depositato con l’originale, quando il deposito riguarda l’atto digitale, lo stesso non viene prodotto in “copia”, bensi’ in originale, essendo l’originale dell’atto suscettibile di ripetute riproduzioni, senza perdere le sue caratteristiche di essere un atto originale.

3.5. Pertanto, anche a prescindere dalla normativa secondaria richiamata dall’Ente impositore nel suo ricorso (cfr. ric., p. VIII s.), il deposito telematico di un documento telematico, secondo le previsioni dell’ordinamento vigente, non richiede attestazione di conformita’ da parte del difensore che lo produce.

4. Non rinvenendosi specifici precedenti in termini, sembra opportuno esprimere il principio di diritto secondo cui “quando la produzione di un atto, nativo digitale, quale la notificazione a mezzo Pec del ricorso in appello, degli allegati e dell’attestazione di consegna, avvenga in giudizio tramite l’allegazione al fascicolo dibattimentale mediante modalita’ telematica, non e’ richiesta l’attestazione di conformita’ all’originale dell’atto prodotto da parte del difensore”.

5. Non si e’ attenuta a questi principi la Commissione Tributaria Regionale della Calabria nella pronuncia impugnata, e pertanto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate deve essere accolto, cassandosi la decisione del giudice dell’appello con rinvio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, perche’ proceda a nuovo giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria che, in diversa composizione, procedera’ a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi esposti, e provvedera’ anche a liquidare le spese di lite del giudizio di legittimita’.