Corte di Cassazione – Ordinanza n. 9411 del 05 aprile 2023

RILEVATO CHE

1. la Corte d’Appello di Bari ha dichiarato improcedibile l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Foggia che aveva condannato l’Istituto al risarcimento del danno non patrimoniale in favore di (OMISSIS), liquidato in complessivi Euro 40.219,00;

2. la Corte territoriale, premesso che l’appellato si era costituito in giudizio eccependo l’improcedibilita’ del gravame, ricevuto dopo che con ordinanza del 3 aprile 2017 era stata autorizzata la rinnovazione della notifica, ha rilevato che in effetti non sussistevano i presupposti per l’autorizzazione richiesta, giacche’ la notifica era stata solo tentata il 24 marzo 2017 e non era andata a buon fine, in quanto l’addetto del Servizio Postale aveva restituito l’atto per irreperibilita’ del destinatario;

3. il giudice d’appello ha evidenziato che non si era in presenza di una notifica nulla, che presuppone il perfezionamento della procedura notificatoria, ed ha aggiunto che l’Istituto, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, avrebbe dovuto riattivare con immediatezza la procedura e svolgere con tempestivita’ gli atti necessari al suo completamento;

4. ha precisato che allorquando, come nella fattispecie, il difensore esercita l’attivita’ nell’ambito della circoscrizione di assegnazione l’accertamento del domicilio professionale e’ a carico del notificante e va effettuato con il previo riscontro presso l’albo professionale, al quale, nel caso di specie, era stato comunicato l’avvenuto trasferimento dello studio legale da (OMISSIS) a (OMISSIS);

5. infine ha evidenziato che la procedibilita’ del ricorso non e’ disponibile dalle parti e, pertanto, nessun rilievo poteva essere attribuito all’avvenuta costituzione dell’appellato;

6. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’INPS sulla base di un unico motivo, al quale ha opposto difese (OMISSIS);

7. con ordinanza n. 9566 del 21 marzo 2022 la Sesta Sezione ha rimesso la causa alla Sezione Lavoro, ex articolo 380 bis comma 3 c.p.c., ritendendo che non sussistessero le condizioni per la definizione in adunanza camerale.

1. Preliminarmente va ribadito l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui, a seguito dell’entrata in vigore delle modifiche apportate al rito di legittimita’ con Decreto Legge n. 168 del 2016, ove il ricorso sia stato esaminato dalla sezione prevista dall’articolo 376 c.p.c. e questa, in esito alla camera di consiglio, abbia rimesso la causa alla sezione semplice ai sensi dell’articolo 380-bis, comma 3, c.p.c., non sussiste la necessita’ della trattazione del processo in pubblica udienza nei casi in cui la questione di diritto sulla quale la Corte deve pronunciare sia priva della particolare rilevanza richiesta dall’articolo 375 c.p.c., evenienza, questa, che si verifica allorquando, come nella fattispecie, successivamente alla pronuncia dell’ordinanza interlocutoria, la questione stessa sia stata decisa o sopravvengano altre decisioni che mutino il quadro apprezzato al momento della rimessione (cfr. Cass. n. 17609/2020);

2. il ricorso denuncia, con un unico motivo formulato ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 330, 137, 160, 435, 291 e 156 c.p.c.;

sostiene, in sintesi, il ricorrente che il ricorso in appello era stato notificato il 21 marzo 2017, prima dell’udienza di comparizione fissata per il 3 aprile 2017, seppure senza il rispetto del termine di 25 giorni previsto dall’articolo 435 c.p.c.;

2.1. l’Istituto non era rimasto inerte, in quanto all’udienza di comparizione, celebrata a distanza di soli nove giorni dalla mancata consegna del plico per irreperibilita’, aveva chiesto termine per la rinnovazione e, dopo averlo ottenuto, aveva rinotificato l’atto nel nuovo domicilio del difensore;

2.2. precisa che la notifica non puo’ essere ritenuta omessa qualora, come nella fattispecie, si concluda anche la fase della consegna, sia pure con l’attestazione dell’irreperibilita’ del destinatario dell’atto;

2.3. aggiunge che in ogni caso il vizio era stato sanato dalla costituzione del (OMISSIS), il quale non si era limitato a eccepire l’improcedibilita’ ma aveva svolto difese anche nel merito;

3. il motivo e’ infondato;

occorre ribadire in premessa l’orientamento, consolidatosi nella giurisprudenza di questa Corte a partire da Cass. S.U. 20604 del 2008, secondo cui nel giudizio di appello soggetto al rito del lavoro, il vizio della notificazione omessa o inesistente e’ assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attivita’ processuale cui l’atto e’ finalizzato (con conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso l’improcedibilita’), non essendo consentito al giudice di assegnare all’appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente (cfr. fra le piu’ recenti Cass. n. 23981/2022, Cass. n. 20866/2022, Cass. n. 42003/2021);

quanto all’inesistenza della notificazione, le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 13394 del 28 aprile 2022, nel richiamare il principio gia’ enunciato da Cass. S.U. 20 luglio 2016 n. 14916, hanno ribadito che non e’ applicabile lo strumento sanante previsto dall’articolo 291 c.p.c. nell’ipotesi in cui “l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, si’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa”;

hanno precisato che la fattispecie legale minima della notificazione, che la lo scopo di provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario, richiede la consegna, ossia il “raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento”, sicche’ solo qualora quest’ultima avvenga si puo’ porre una questione di nullita’ della notificazione, sanabile ex tunc a seguito della rinnovazione disposta ai sensi dell’articolo 291 c.p.c. o per effetto del raggiungimento dello scopo ex articolo 156, comma 3, c.p.c.;

alla luce del richiamato principio, qui ribadito, si deve escludere che la restituzione dell’atto al mittente con attestazione dell’irreperibilita’ del destinatario possa integrare una notifica perfezionata ma invalida, giacche’ quell’attestazione, seppure conclusiva delle attivita’ richieste al soggetto incaricato della notificazione, certifica l’omessa consegna, ossia la mancanza di una delle condizioni necessarie affinche’ possa porsi un problema di validita’ della notificazione;

4. l’improcedibilita’ e’ rilevabile d’ufficio ed e’ sottratta alla disponibilita’ delle parti (cfr. fra le tante Cass. n. 8742/2010, Cass. n. 837/2016, Cass. n. 16390/2018) sicche’ non puo’ essere sanata valorizzando le difese svolte, anche nel merito, dall’appellato;

5. le considerazioni sopra esposte sono assorbenti e comportano il rigetto del ricorso, con conseguente condanna dell’Istituto ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, da distrarre in favore degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno reso la prescritta dichiarazione;

6. si deve dare atto della sussistenza delle condizioni processuali di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 c. 1 quater, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315-2020, perche’ l’esenzione prevista in via generale dal richiamato Decreto del Presidente della Repubblica n. opera per le sole Amministrazioni dello Stato e non e’ estesa agli enti pubblici non economici.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali del 15% ed agli accessori di legge, da distrarre in favore degli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS).

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.