Corte di Cassazione – Ordinanza n. 8463 del 24 marzo 2023

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con ordinanza emessa ex art. 702 bis in data 09/04/2018 il Tribunale di Agrigento rigettava la domanda di Banca (omissis) S.p.A. in amministrazione straordinaria – creditore procedente nella procedura esecutiva immobiliare n. 175/2013 pendente presso il Tribunale di Agrigento – di accertamento dell’avvenuta accettazione tacita, da parte del debitore esecutato, (omissis), dell’eredità della defunta madre (omissis), deceduta in (omissis), tra i cui beni era ricompreso anche il bene pignorato.
Avverso detta ordinanza la (omissis) Spa quale procuratrice di (omissis), successore di Banca (omissis) S.p.A. per effetto della cessione dei crediti posti a fondamento della procedura esecutiva, propose appello e, nella contumacia dell’appellato, (omissis), la Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza n. 1833 dell’11 dicembre 2020, in accoglimento del gravame, ha accertato che il convenuto era divenuto proprietario del bene pignorato, per avere tacitamente accettato l’eredità materna.
Il giudice di appello rilevava che l’accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all’eredità compia un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può desumersi anche dal comportamento del chiamato che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare, sicché mentre non sono idonei a tale scopo gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l’accettazione tacita può evincersi dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale che nella specie il convenuto aveva posto in essere, quanto ad un bene caduto in successione.
2. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso (omissis) sulla base di un motivo.
La (omissis), nella qualità di mandataria della (omissis) S.r.l., resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.
3. Con il motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza e del procedimento di appello, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, per violazione degli artt. 330, 160 e 170 c.p.c., stante la nullità e/o inesistenza della notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di appello, deducendosi altresì che il ricorso è proposto oltre il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorrente dalla pubblicazione della sentenza di appello, attesa la qualità di contumace involontario del ricorrente, che ha avuto conoscenza della sentenza della Corte d’Appello solo in data 18/11/2021, quando il proprio difensore nel giudizio di esecuzione immobiliare ha ricevuto comunicazione dell’ordinanza del GE del 15/11/2021, nella quale si faceva menzione della sentenza oggi gravata.
Assume il ricorrente la nullità e/o inesistenza della notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di appello, perché eseguita ad un indirizzo diverso dal proprio luogo di residenza, e con il quale quest’ultimo non aveva collegamento alcuno al tempo della notifica.
Si rileva che l’atto di citazione in appello è stato notificato presso l’indirizzo di Favara (AG),(omissis), sebbene il ricorrente a decorrere dal 30.09.2008 sia residente in Favara (AG), (omissis), come da certificato storico di residenza.
Per l’effetto, il plico raccomandato contenente la citazione non è stato recapitato ed è stato restituito al mittente per compiuta giacenza. Attesa la nullità e/o inesistenza della detta notifica anche il giudizio di appello e la relativa sentenza sono nulli.

Il motivo è infondato.

Ritiene la Corte che colgano nel segno le argomentazioni difensive spese da parte controricorrente.
La tesi che è a sostegno del ricorso è essenzialmente correlata alla divergenza tra la residenza anagrafica ed il luogo presso cui è stata effettuata la notifica dell’atto di appello, traendosi da tale divergenza la conclusione necessitata della prevalenza della prima, idonea quindi ad inficiare radicalmente la validità della notifica compiuta presso il diverso indirizzo.
Tuttavia, la giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente affermato che le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora, che è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le stesse risultanze anagrafiche, assumendo rilevanza esclusiva il luogo ove il destinatario della notifica dimori, di fatto, in via abituale (Cass. n. 19387/2015; Cass. n. 11550/2013).
Pertanto, onde dimostrare la nullità della notifica della citazione, in quanto eseguita in luogo diverso dalla residenza effettiva del destinatario, non costituisce prova idonea la sola produzione di risultanze anagrafiche che indichino una residenza difforme rispetto al luogo in cui è stata effettuata la notifica (Cass. n. 19132/2004), essendosi anzi affermato che (Cass. n. 10107/2014) nell’ipotesi in cui la notifica venga eseguita, nel luogo indicato nell’atto da notificare e nella richiesta di notifica, secondo le forme previste dall’art. 140 cod. proc. civ., è da presumere che in quel luogo si trovi la dimora del destinatario e, qualora quest’ultimo intenda contestare in giudizio tale circostanza al fine di far dichiarare la nullità della notificazione stessa, ha l’onere di fornirne la prova (conf. Cass. n. 15200/2005).
E’ stato altresì specificato che (Cass. n. 26985/2009) la prova contraria, idonea a vincere la presunzione scaturente dalle risultanze anagrafiche, può essere desunta da qualsiasi fonte di convincimento, e quindi anche mediante presunzioni, come quelle desunte dall’indicazione di dimora abituale quale emerge dall’esecuzione del contratto intercorso tra le parti (conf. Cass. n. 17040/2003; Cass. n. 26985/2009; Cass. n. 17021/2015).
Una volta richiamati tali principi, ed avuto riguardo alle puntuali osservazioni svolte in controricorso, emerge che in data anteriore al cambiamento di residenza avvenuto nel 2008, come attestato dalla certificazione anagrafica prodotta dal ricorrente, questi risiedeva proprio all’indirizzo ove è stata effettuata la notifica dell’atto di appello.
Ancora risulta che nel 2010, in occasione della sottoscrizione delle fideiussioni, dalle quali è scaturito il credito che poi ha fatto sorgere la procedura esecutiva, cui è funzionale l’accertamento della qualità di erede oggetto del presente giudizio, il (omissis) ha indicato come proprio indirizzo quello ove è stato notificato l’appello, sebbene, secondo la certificazione anagrafica prodotta, si fosse trasferito presso il nuovo indirizzo già da due anni.
Ancora, emerge che varie missive, sempre relative al rapporto creditorio oggetto di causa, nonché la notifica del precetto che ha preceduto l‘esecuzione immobiliare, sono state inviate, sempre dopo il mutamento di residenza anagrafica, all’indirizzo in Favara (omissis), pervenendo nella disponibilità del ricorrente che ha provveduto alla sottoscrizione dei relativi avvisi di ricevimento.
Infine, anche la notifica dell’atto di appello, avvenuta a mezzo posta ai sensi della legge n. 53/1994, consente di rilevare dall’avviso di ricevimento, riprodotto in ricorso, come l’ufficiale postale non abbia riferito dell’irreperibilità del destinatario, ma solo della sua temporanea assenza, avendo reperito anche una cassetta postale, evidentemente recante il nominativo del destinatario, nella quale ha immesso l’avviso.
I plurimi e concordanti elementi ora riassunti permettono di affermare che, a dispetto delle risultanze anagrafiche, non possa negarsi come anche l’indirizzo presso cui è stata effettuata la notifica dell’appello avesse un evidente legame con il ricorrente, e che quindi la censura mossa, che si fonda sulla sola asserita prevalenza delle risultanze anagrafiche, non sia idonea ad inficiare la conclusione circa la validità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado.
Il ricorso è pertanto rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
5. Poiché il ricorso è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese che liquida in complessivi € 4.300,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.