Corte di Cassazione – Ordinanza n. 7442 del 15 marzo 2023

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 28 agosto 2017, n. 1724, la Corte d’appello di Venezia ha respinto l’impugnazione avverso la decisione del Tribunale di Verona del 7 settembre 2010, che aveva, a sua volta, disatteso le domande proposte dall’attrice, odierna ricorrente.

Questa aveva chiesto, con l’atto di citazione, l’accertamento dell’inefficacia degli atti di trasferimento quote della (OMISSIS) s.r.l. dai soci cedenti alla (OMISSIS) s.p.a., posti in essere nel settembre 2002, per violazione del diritto di prelazione statutario, e della propria intenzione di esercitarlo, con condanna dei convenuti al trasferimento delle quote e, in subordine, di risarcimento del danno a carico dei soci.

La Corte d’appello ha escluso che sulla clausola statutaria potesse fondarsi il diritto di riscatto delle quote compravendute, ed ha affermato, quanto alla domanda risarcitoria nei confronti dei soci cedenti, che era necessario un arbitraggio per la determinazione del prezzo, sussisteva una valida denuntiatio e la socia non intese azionare il suo diritto di prelazione, violando con la sua condotta successiva di contestazione anche il principio di buona fede contrattuale.

Avverso questa decisione propongono ricorso per cassazione la soccombente, affidato a sette motivi, illustrati da memoria.

Si difende con controricorso la (OMISSIS) s.r.l., che del pari deposita la memoria.

Hanno depositano altresi’ il controricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Preliminare alla considerazione dei motivi e’ l’eccezione di tardivita’ del ricorso, formulata dai controricorrenti, e’ fondata.

2. – L’eccezione di tardivita’ del ricorso, formulata dalla controricorrente, e’ fondata.

Risulta in atti l’avvenuta notificazione della sentenza impugnata da parte del difensore della (OMISSIS) s.p.a. all’odierna ricorrente in data 30 ottobre 2017 a mezzo P.E.C., mentre il ricorso e’ stato notificato il 23 febbraio 2018, oltre il termine di sessanta giorni, previsto dall’articolo 325 c.p.c.

Sono in atti i file di estensione “.eml” della notificazione della sentenza eseguita a mezzo pec, contenenti il messaggio, la ricevuta di accettazione e la ricevuta di avvenuta consegna, nonche’ i file di estensione “.pdf” della notificazione della sentenza eseguita a mezzo pec, del pari contenenti il messaggio, la ricevuta di accettazione e la ricevuta di avvenuta consegna, con gli allegati, muniti di attestazione di conformita’.

Tali atti sono stati notificati il 30 ottobre 2017.

In particolare, il difensore della (OMISSIS) s.p.a., costituito nel grado di appello, ha notificato il duplicato informatico della sentenza emessa dalla corte territoriale, previa estrazione dal fascicolo informatico, cui il difensore medesimo aveva accesso, allo scopo di provocare appunto il decorso del termine breve per l’impugnazione; quindi, lo stesso difensore ha attestato la conformita’ delle copie cartacee prodotte in giudizio concernenti la notificazione stessa, nonche’ della sentenza redatta in forma telematica.

Sotto un primo profilo, il Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 23-bis, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221 del 2012, prevede che: “I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformita’ alle Linee guida”.

Questa Corte ha ritenuto, con principio condiviso, che la notificazione telematica del duplicato informatico della sentenza emessa e’ idonea al decorso del termine breve per l’impugnazione.

Infatti, il duplicato informatico che, come si evince dal Decreto Legge n. 179 del 2012, articoli 1, lettera i)-quinquies e 16-bis, comma 9-bis, consiste in un documento informatico, ottenuto mediante la memorizzazione della medesima sequenza di valori binari del documento originario: la cui corrispondenza con quest’ultimo, quindi, non emerge dall’uso di segni grafici, essendo la firma digitale una sottoscrizione in “bit”, ma dall’uso di programmi che consentono di verificare e confrontare l’impronta del file originario con il duplicato (Cass., ord. 19 settembre 2022, n. 27379).

Ed e’ stato gia’ chiarito come, in caso di notificazione della sentenza a mezzo P.E.C., la copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna, completa di attestazione di conformita’, e’ idonea a certificare l’avvenuto recapito del messaggio e degli allegati: salva la prova contraria, di cui e’ onerata la parte che solleva la relativa eccezione, dell’esistenza di errori tecnici riferibili al sistema informatizzato (Cass., ord. 2 marzo 2022, n. 6912; Cass., ord. 24 settembre 2020, n. 20039; Cass. 9 aprile 2019, n. 9897; Cass. 22 dicembre 2016, n. 26773), nell’a’mbito del piu’ generale principio secondo cui, in caso di notificazione della sentenza a mezzo P.E.C. ed una volta acquisita al processo la prova della sussistenza della ricevuta di avvenuta consegna, ogni prova contraria e’ posta a carico del destinatario, al quale, a fronte di un’apparenza di regolarita’ della dinamica comunicatoria, spetta promuovere le contestazioni necessarie ed eventualmente fornire la prova stessa (Cass. 28 maggio 2021, n. 15001).

Si e’ altresi’ osservato che la notificazione e’ validamente effettuata all’indirizzo di posta elettronica certificata indicata dal difensore di fiducia del ricorrente per cassazione anche qualora, in ipotesi, esercente fuori giurisdizione, giacche’, a seguito dell’introduzione del Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16-sexies, conv., con modificazioni, dalla l. n. 221 del 2012, le notificazioni (e le comunicazioni) vanno eseguite al “domicilio digitale” di cui ciascun avvocato e’ dotato, corrispondente all’indirizzo P.E.C. risultante dal ReGindE ed indicato, una volta per tutte, al Consiglio dell’ordine di appartenenza, conoscibile dai terzi attraverso la consultazione dell’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata INI-PEC (Cass. 12 febbraio 2021, n. 3685); e che, nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella del destinatario, si determina una presunzione di conoscenza dell’atto, analoga a quella prevista, per le dichiarazioni negoziali, dall’articolo 1335 c.c., spettando quindi al destinatario, in un’ottica collaborativa, rendere edotto tempestivamente il mittente incolpevole delle difficolta’ di cognizione del contenuto della comunicazione o di presa visione degli allegati trasmessi via P.E.C., legate all’utilizzo dello strumento telematico, onde fornirgli la possibilita’ di rimediare all’inconveniente, sicche’ all’inerzia consegue il perfezionamento della notifica (Cass. 21 febbraio 2020, n. 4624).

L’importanza di tale forma notificatoria, di cui il legislatore ha inteso assicurare la certezza nell’interesse dell’intero sistema processuale, ha indotto, fra l’altro, a ritenere come:

– la mera circostanza che la e-mail P.E.C. di notificazione sia finita nella cartella della posta indesiderata (spam) della casella P.E.C. del destinatario e sia stata eliminata dall’addetto alla ricezione senza apertura e lettura della busta per il timore di danni al sistema informatico aziendale, non puo’ essere invocata dal notificato come ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore, ai fini della dimostrazione della mancata tempestiva conoscenza del decreto che legittima alla proposizione dell’opposizione tardiva ai sensi dell’articolo 650 c.p.c. (Cass. 23 giugno 2021, n. 17968);

– l’articolo 20 del regolamento, di cui al Decreto Ministeriale n. 21 febbraio 2011, n. 44, disciplina i “requisiti della casella di P.E.C. del soggetto abilitato esterno”, imponendo a costui una serie di obblighi finalizzati a garantire il corretto funzionamento della casella di P.E.C. e, quindi, la regolare ricezione dei messaggi di posta elettronica; onde il difensore della parte privata, ai sensi del Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 2, comma 1, lettera m), ha una serie di obblighi di cautela ivi previsti (come dotare il terminale di antivirus e antispam, conservare con ogni mezzo idoneo le ricevute di avvenuta consegna dei messaggi trasmessi al dominio giustizia, munirsi di uno spazio disco minimo, dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella), e, di conseguenza, la mancata consegna e’ imputabile al destinatario nel caso in cui costui, venendo meno agli obblighi, non si doti dei necessari strumenti informatici ovvero non ne verifichi l’efficienza (Cass. 18 febbraio 2020, n. 3965, in motiv.);

– essa, anzi, prevale su altre forme di notificazione (cfr. Cass. 1 giugno 2020, n. 10355; Cass. 23 maggio 2019, n. 14140; Cass. 8 giugno 2018, n. 14914; Cass. 14 dicembre 2017, n. 30139).

Sempre in tale prospettiva di favor, si e’ chiarito che, in materia di notificazioni al difensore, nella specie della sentenza di primo grado ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, a seguito della introduzione del c.d. domicilio digitale (conseguente alla modifica apportata dal Decreto Legge n. 90 del 2014, articolo 45-bis, comma 1, conv. con mod. dalla l. n. 114 del 2014, all’articolo 125 c.p.c.), non solo non sussiste alcun obbligo, per il difensore medesimo, di indicare nell’atto introduttivo l’indirizzo P.E.C. “comunicato al proprio ordine”, trattandosi di dato gia’ risultante dal Re.G.Ind.E., in virtu’ della trasmissione effettuata dall’Ordine di appartenenza, in base alla comunicazione eseguita dall’interessato ex Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16-sexies, conv. con mod. dalla l. n. 114 del 2014, ma neppure e’ concessa a quest’ultimo la facolta’ di indicare un indirizzo P.E.C. diverso da quello ovvero di restringerne l’operativita’ alle sole comunicazioni di cancelleria (Cass. 12 novembre 2021, n. 33806).

Quindi, il principio e’ che, a seguito dell’introduzione del domicilio digitale, la notificazione va eseguita all’indirizzo P.E.C. del difensore costituito risultante dal Re.G.Ind.E., pur non indicato negli atti dal difensore medesimo, ed anzi e’ nulla la notificazione effettuata presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel comune in cui ha sede quest’ultimo (Cass. 29 gennaio 2020, n. 1982; Cass. 8 giugno 2018, n. 14914).

Ne’ rileva l’assunto, contenuto nella memoria della ricorrente, secondo cui il destinatario della notificazione a mezzo P.E.C. fosse solo uno dei propri difensori in appello, nonche’ procuratore domiciliatario, presso cui essa avrebbe eletto domicilio fisico e non digitale: proprio per la risolutiva possibilita’ di notificazione presso il c.d. domicilio digitale, come appena esposto.

Neppure giova alla parte ricorrente il rilievo che, al momento della richiesta notifica della sentenza di appello, il difensore in quel giudizio di (OMISSIS) s.p.a. non fosse ancora iscritto all’albo speciale degli avvocati patrocinanti in cassazione, posto che e’ valida la notifica ad iniziativa del difensore il quale sia tale nel giudizio che ha dato luogo alla sentenza notificando.

Infatti, si e’ gia’ ritenuto che, ai sensi del Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16-bis, comma 9-bis, convertito dalla l. n. 221 del 2012, il difensore costituito nel giudizio di merito ha il potere di attestare la conformita’ al provvedimento giurisdizionale digitale, reso nel grado, della sua copia cartacea, ancorche’ sia privo di procura speciale per il ricorso per cassazione e la parte abbia designato altro difensore per il giudizio di legittimita’, perche’, pur essendo esaurito il processo per il quale era stata conferita la procura, il procuratore puo’ legittimamente continuare a compiere e ricevere gli atti relativi a quel grado di giudizio, non potendosi ragionevolmente escludere la sua potesta’ di certificare la conformita’ all’originale di un provvedimento contenuto nel fascicolo informatico ed entrato in suo legittimo possesso in forza di valide credenziali (Cass. 2 settembre 2022, n. 25969).

Del pari, nemmeno in caso di conferimento della nomina ad altro difensore si determina una conseguenziale perdita del potere certificativo in capo al precedente difensore, proprio in quanto si tratta dell’autentica di un provvedimento emesso all’esito della fase del giudizio di merito nel corso del quale il legale ha esercitato il munus difensivo e in forza del quale ha ricevuto – quale destinatario – formale comunicazione dell’atto da parte della cancelleria. Sarebbe, infatti, irragionevole che tale soggetto sia, per un verso, abilitato a ricevere la comunicazione telematica della copia digitale del provvedimento conclusivo di tale fase processuale, restandone “depositarlo” in quanto pertinente al fascicolo informatico del giudizio di merito e, per altro, privarlo del potere di attestarne la conformita’ rispetto ad un atto “originale” che e’ entrato in suo legittimo possesso, al quale ha potuto accedere in forza della persistenza di valide credenziali e destinato ad essere prodotto nell’ambito di una fase che ne costituisce un fisiologico epilogo (Cass. 3 febbraio 2021, n. 2445).

Sviluppando tali concetti, deve dunque ritenersi che il difensore del precedente grado di giudizio in appello, ove pure in quel momento non iscritto all’albo degli avvocati patrocinanti innanzi alle giurisdizioni superiori, abbia il potere di notificare via P.E.C. al difensore della controparte la sentenza di appello, allo scopo di veder decorrere il termine per l’impugnazione ed ottenere il passaggio in giudicato della sentenza, in adempimento dei propri obblighi di cui alla precedente fase. Infatti, tale attivita’ ben puo’ essere posta in essere dal procuratore dotato di rappresentanza nel giudizio di merito, il quale dunque puo’ anche essere privo del titolo di “cassazionista” e che peraltro, pur esaurito il grado di giudizio di merito rispetto al quale era stata conferita la procura, puo’ legittimamente continuare a compiere e ricevere gli atti che si riferiscono a quel grado di giudizio.

3. – Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida: a) in favore di (OMISSIS) S.P.A., in Euro 12.000,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge; b) in favore dei controricorrenti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) E (OMISSIS), in via di solidarieta’ attiva, in Euro 9.000,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge; c) in favore di (OMISSIS), in Euro 9.000,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. Sebastiano Stufano, dichiaratosi antistatario.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.