Corte di Cassazione – Ordinanza n. 2486 del 1 febbraio 2018

ORDINANZA

sul ricorso 19731/2016 proposto da:

(OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la semenza n. 1/2015 della CORTE D’APPELLO) di CATANZARO, depositata il 02/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 31/05/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI.

FATTO E DIRITTO

(OMISSIS) propone ricorso per cassazione contro (OMISSIS), che resiste con controricorso, avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro che ha dichiarato inammissibile l’appello a sentenza del Tribunale di Catanzaro, posto che la decisione del primo giudice era immune da censure quanto alla declaratoria di contumacia del (OMISSIS), che aveva rifiutato la consegna dell’atto il che equivaleva a notifica eseguita personalmente.

Il ricorrente deduce la violazione degli articoli 139, 115 e 116 c.p.c., e vizi di motivazione richiamando la decisione impugnata e lamentando che, a fronte delle specifiche contestazioni, la stessa non aveva spiegato su quali presupposti era stata dedotta la dichiarazione del portalettere circa il rifiuto del (OMISSIS) a ricevere l’atto, abitando altrove, per cui il rifiuto era avvenuto da altro soggetto.

La controricorrente eccepisce che l’appello era tardivo in quanto notificato il 26.4.2014 rispetto a sentenza del 17.1.2013.

Il ricorso e’ manifestamente infondato.

E’ sostanzialmente attestato che il rifiuto e’ stato fatto dal destinatario.

Ove fosse stato operato da altri, il portalettere avrebbe dovuto indicarne le generalita’ e svolgere gli ulteriori incombenti di legge.

Nella notificazione a mezzo del servizio postale l’attivita’ legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale, in forza del disposto della L. n. 890 del 1982, articolo 1, gode della stessa fede privilegiata dell’attivita’ direttamente svolta dall’ufficiale giudiziario stesso ed ha il medesimo contenuto, essendo egli, ai fini della validita’ della notifica, tenuto a controllare il rispetto delle prescrizioni del codice di rito sulle persone a cui l’atto puo’ essere legittimamente notificato e ad attestare la dichiarazione resa dalla persona che riceve l’atto, indicativa delle proprie generalita’.

Ne consegue che, anche nel caso di notificazione eseguita dall’agente postale, la relata di notifica fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attivita’ svolta, ivi compresa l’attestazione della identita’ del destinatario che ha rifiutato di ricevere il plico, trattandosi di circostanza frutto della diretta percezione del P.U. nella sua attivita’ di identificazione del soggetto cui e’ rivolta la notifica (Cass. n. 2421/2014).

La censura come proposta, e’, quindi, infondata perche’ parte ricorrente avrebbe dovuto proporre la querela di falso, a nulla rilevando in questo contesto il riferimento alla residenza anagrafica altrove.

In proposito il controricorrente replica correttamente che non e’ stato neppure depositato alcun certificato di residenza e ne e’ la prova la circostanza che nell’atto di appello si sia chiesto di ordinare ai Comuni di (OMISSIS) e di (OMISSIS) di fornire tutte le informazioni circa la residenza storica del (OMISSIS). In definitiva il ricorso va rigettato con la condanna alle spese e raddoppio del contributo unificato, non risultando privata la ammissione al gratuito patrocinio, pur richiesta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2000 di cui 1800 per compensi, oltre accessori e spese forfettizzate nel 15% dando atto dell’esistenza dei presupposti ex dpr 115/2002 per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.