Corte di Cassazione – Sentenza n. 5663 del 9 marzo 2018

FATTI DI CAUSA

Nel 2002 la (OMISSI) s.r.l. conveniva in giudizio la Fondiaria Ass.ni s.p.a., ora UnipolSai s.p.a., per sentirne accertare l’inadempimento agli obblighi derivanti da una polizza fideiussoria e sentirla condannare al pagamento di una somma nei propri confronti.

Il Tribunale di Roma, con sentenza depositata il 10.4.2006, respingeva la domanda.
La (OMISSI) proponeva appello che, in accoglimento della eccezione preliminare sollevata dalla compagnia assicurativa, veniva dichiarato inammissibile in quanto tardivamente notificato all’appellata, oltre il termine annuale. Il primo tentativo di notifica veniva effettuato presso l’indirizzo dell’avvocato costituito, errato nella indicazione del numero civico, in guanto le due cifre che lo componevano venivano scambiate, e rinnovato a termine ormai scaduto.

La corte d’appello riteneva trattarsi di una non notifica non andata a buon fine per errore imputabile allo stesso mittente, e quindi di una notifica inesistente e non nulla, e di conseguenza che l’appellante non potesse fruire della rimessione in termini e dell’utile ripresa del procedimento notificatorio. Essendo il notificante in corso in un errore, per quanto banale, nella individuazione del luogo dove la notificazione dovesse essere effettuata, senza che tale erronea indicazione trovasse alcuna giustificazione negli atti di causa, al fine di ritenerla incolpevole, riteneva la corte che la pur celere riattivazione del procedimento di notificazione non conseguisse il risultato di agganciare la seconda notificazione alla prima, sì da rendere unico, e risalente alla prima consegna all’ufficiale giudiziario, il procedimento di notificazione nel suo complesso. Ne traeva la conclusione che la seconda fosse una nuova e diversa notificazione, che prendeva il suo corso dalla seconda consegna all’ufficiale giudiziario, e che, essendo stato passato l’atto per la notifica la seconda volta a termine annuale già spirato, l’appello dovesse essere dichiarato inammissibile in quanto tardivo.

Avverso la sentenza n. 3207/2014 del 15 maggio 2014 della Corte d’Appello di Roma proponeva un articolato motivo di ricorso per cassazione la (OMISSI) s.r.l., deducendo la violazione e / o falsa applicazione dell’art. 160 c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 156 e 157 c.p.c. o, in ogni caso, la violazione e / o falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c..

Resisteva la Unipolsai Ass.ni s.p.a. con controricorso illustrato da memoria.
Il ricorso è stato dapprima avviato alla trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., previa redazione di una relazione da parte del relatore, nella quale si indicava che il ricorso appariva destinato ad essere accolto.

Il collegio della sesta sezione civile, sottosezione terza ha ritenuto opportuno che la questione fosse trattata nella pubblica udienza della terza sezione, alla quale il fascicolo è stato trasmesso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per vizio della procura alle liti sollevata dalla controricorrente.

Essa appare superabile, stante che la procura speciale apposta in calce al ricorso, sul retro dell’ultimo foglio in cui è contenuto il testo del ricorso, prima della relata di notifica, benché non recante uno specifico riferimento alla controversia, in quanto redatta in calce al ricorso è materialmente in esso incorporata ed è richiamata come tale nella intestazione del ricorso stesso. Essa in tal modo viene a costituire parte integrante dell’atto prendendone la data.

Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e / o falsa applicazione dell’art. 160 c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 156 e 157 c.p.c. o, in ogni caso, la violazione e / o falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c..

Si duole che il suo appello sia stato dichiarato inammissibile in virtù di una non corretta applicazione da parte della corte di merito dell’art. 160 c.p.c. e dell’art. 153 c.p.c., che fissa il principio generale della rimessione in termini per le decadenze dovute a causa non imputabile al soggetto che la richiede.

Riferisce di aver affidato l’atto all’ufficiale giudiziario per la notifica in data 24.5.2007, e quindi entro il termine annuale per impugnare integrato dal periodo di sospensione feriale, indicando correttamente il nominativo dell’avvocato della controparte presso il quale eseguire la notifica, la città, (…), la via ove si trovava lo studio, via (omissis) , ma invertendo per un mero errore materiale le due cifre di cui constava il numero civico. Recatosi sul posto, l’ufficiale giudiziario non rinveniva alcuno studio legale al numero indicato di via (…) e, senza assumere alcuna informazione, attività che gli avrebbe facilmente consentito di fugare l’equivoco e reperire nei pressi il destinatario, dichiarava il tentativo di notifica concluso con esito negativo. Avvedutosi dell’errore in cui era incorso visionando la relata negativa, il ricorrente vi ovviava immediatamente offrendo l’indirizzo esatto all’ufficiale giudiziario, che portava a termine il procedimento notificatorio in data 1.6.2007, ovvero pochi giorni dopo ma comunque oltre lo scadere del termine annuale per impugnare fissato dall’art. 327 c.p.c..

Ciò premesso quanto allo svolgimento dei fatti, sostiene il ricorrente che il primo tentativo di notifica, tempestivamente eseguito, dovesse al più essere considerato nullo e non inesistente, con conseguente sanatoria con effetti ex l’uni- per raggiungimento dello scopo a seguito del secondo tentativo, ex art. 156 c.p.c., o quanto meno in applicazione del generale principio di rimessione in termini di cui all’art. 153 c.p.c.. La Corte d’appello invece ha ritenuto che il primo tentativo infruttuoso costituisse una mancata notifica, e pertanto che si trattasse di una notifica inesistente, o non notifica, e non di una notifica nulla, e che pertanto l’appellante non potesse fruire dell’utile riavvio del procedimento.

Così ricostruita, per quanto qui rileva, la vicenda processuale, la soluzione data dalla Corte d’Appello alla questione se, una volta effettuato un primo tentativo di notifica dell’atto di impugnazione non andato a buon fine per un mero errore materiale consistente nella inversione delle cifre del numero civico del destinatario, l’appellante possa riattivare il procedimento notificatorio concludendolo entro un ragionevole lasso di tempo e in tal modo giovarsi, ai fini della tempestività della impugnazione, ex art. 327 c.p.c., della data in cui è stato effettuato il primo tentativo, non appare corretta.

Di fondo, non appare corretta l’affermazione iniziale: la corte d’appello ritiene che debba considerarsi inesistente, e non semplicemente nulla, la notifica dell’impugnazione eseguita presso l’avvocato domiciliatario, in una città e ad un indirizzo indicati, salvo l’errata indicazione, per errore materiale del notificante, del numero civico.

Questa Corte ha avuto già modo di affermare, in tema di notifiche, ed a proposito del caso specifico in esame, che l’erronea indicazione del solo numero civico dell’indirizzo del difensore costituito destinatario dell’atto, che abbia determinato l’esito negativo della notificazione della impugnazione, e, conseguentemente, il superamento del termine perentorio per la sua proposizione, costituisce mero errore materiale e non provoca l’inammissibilità dell’impugnazione qualora la seconda notifica vada a buon fine entro un termine ragionevole, non altrimenti abbreviabile (nella specie entro otto giorni dal primo tentativo non andato a buon fine) (v. Cass. n. 14337 del 2014, a proposito, in quel caso, della tempestività della proposizione di un regolamento di competenza).

In altra ipotesi, la Corte ha ritenuto sanata i quanto prontamente rinnovata la notifica, in cui un primo tentativo non era andato a buon fine per errore del notificante caduto sulla indicazione del cognome del destinatario: v. Cass. n. 19599 del 2016, che ha affermato il principio di diritto secondo il quale “la notificazione del ricorso per cassazione che, tentata in pendenza del termine per impugnare ed effettuata presso l’esatto indirizzo del difensore del destinatario, non sia andata a buon fine per mero errore materiale nella (incompleta) trascrizione del cognome di quest’ultimo è da considerarsi tempestiva ove prontamente rinnovata, a nulla rilevando che la seconda notifica si sia perfezionata dopo lo spirare del termine suddetto”.

Ma, soprattutto, l’esame del problema di fondo che pone il ricorso in esame, ovvero l’individuazione di un criterio distintivo il più possibile chiaro, univoco e sicuro tra le tradizionali nozioni di inesistenza e di nullità della notificazione deve dipartirsi dalla ricostruzione sistematica che di esso ha dato la recente pronuncia a Sezioni Unite, n. 14916 del 2016, che ha toccato la stessa validità concettuale, e la concreta utilità) della distinzione tra le due nozioni, cioè, in sostanza, la configurabilità della inesistenza come “vizio” dell’atto, autonomo e più grave della nullità, con le conseguenze che ne derivano.

La predetta sentenza ha ricordato che, in tema di notificazione, come in generale di atti processuali, il codice non contempla in realtà la categoria della “inesistenza”, nemmeno con riguardo alla sentenza priva della sottoscrizione del giudice, il che induce a ritenere che la nozione di inesistenza della notificazione debba essere definita in termini assolutamente rigorosi, cioè confinata ad ipotesi talmente radicali che il legislatore ha, appunto, ritenuto di non prendere nemmeno in considerazione (le Sezioni Unite segnalano che già da tempo la giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di assegnare carattere residuale alla categoria dell’inesistenza della notificazione: Cass.,sez. un., n. 22641 del 2007 e n. 10817 del 2008; Cass. n. 6183 del 2009 e n.12478 del 2013).

Partendo da questa considerazione, la Corte ha affermato che l’inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell’atto.

Ha ricostruito quindi la nozione di inesistenza non come un vizio dell’atto più grave della nullità, ma ha ricondotto la dicotomia nullità/inesistenza alla radicale bipartizione tra l’atto e il non atto.

Ancora, le Sezioni Unite hanno richiamato il principio di strumentalità delle forme degli atti processuali, che permea l’intero codice di procedura civile ed al quale, quindi, l’interprete deve costantemente ispirarsi, evidenziando che le forme degli atti sono prescritte al fine esclusivo di conseguire un determinato scopo, coincidente con la funzione che il singolo atto è destinato ad assolvere nell’ambito del processo, e così, in definitiva, con lo scopo ultimo del processo, consistente nella pronuncia sul merito della situazione giuridica controversa.

Hanno richiamato altresì la lettura da privilegiare del principio del “giusto processo”, di cui all’art. 111 Cosi. ed all’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nel senso di comprendere, tra i valori che intende tutelare, il diritto di ogni persona ad un “giudice” che emetta una decisione sul merito della domanda ed imponga, pertanto, all’interprete di preferire scelte ermeneutiche tendenti a garantire tale finalità.

Ciò premesso, la richiamata pronuncia n. 14916 del 2016 ha espresso il principio di diritto secondo il quale l’inesistenza della notificazione (nel caso sottoposto all’attenzione della Corte si trattava della notificazione di un ricorso per cassazione) è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.

La Corte ha poi colto l’occasione per puntualizzare che il luogo in cui la notificazione (nel caso in esame, del ricorso per cassazione, ma con principio estensibile alla notifica degli altri atti: v. in questo senso anche Cass. n. 23968 del 2017) viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia “ex tunc”, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c..

Dal combinato disposto di questi due principi, scaturisce che, in primo luogo il luogo in cui la notificazione viene eseguita esce dalle ipotesi di inesistenza alle quali tante volte è stato ricondotto, per collocarsi all’interno della nullità della notifica, a condizione che il procedimento notificatorio sia stato posto in essere da un soggetto a ciò legittimato, e che esso si sia concluso con la fase di consegna, intesa in senso lato, come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè essa debba considerarsi, ex lege, eseguita).

Dalla applicazione dei suddetti principi al caso di specie ne discende che, laddove il procedimento notificatorio sia iniziato nei termini (indirizzando, nella specie, l’atto verso il suo corretto destinatario, nel luogo ove questi aveva eletto domicilio, esattamente indicato tranne che nella indicazione delle due cifre di cui era composto il numero civico, che erano state invertite) e al primo tentativo di notifica, conclusosi con la irreperibilità del destinatario, ne sia seguito, in un tempo ragionevole e comunque non superiore a quanto indicato da Cass. n. 14594 del 2016 un secondo andato a buon fine, ma conclusosi dopo la scadenza del termine per impugnare, il procedimento notificatorio debba essere considerato nella sua interezza e la nullità conseguente all’esito negativo del primo tentativo possa ritenersi sanata per raggiungimento dello scopo, per la riattivazione del procedimento notificatorio effettuata su iniziativa della parte stessa.

In questo senso si è già espressa, dopo la richiamata pronuncia delle Sezioni Unite, la ordinanza n. 2174 del 2017, che in accoglimento del ricorso ha cassato la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile l’appello in una ipotesi in cui l’atto di appello non era stato notificato per irreperibilità del destinatario, affermando che la mancata esecuzione della consegna per irreperibilità integra una notificazione compiuta, in quanto il processo notificatorio risulta ultimato, anche se con l’attestazione di irreperibilità del destinatario, e ne trae la conseguenza che la notificazione era meramente nulla, e non inesistente, e che la stessa potesse essere sanata dalla costituzione della parte appellata.

Da ultimo, l’orientamento tracciato dalla Sezioni Unite, nel cui solco questa sentenza si inserisce, giova a consentire di superare, grazie all’applicazione del principio della sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo, l’impossibilità di giungere ad una celebrazione del processo nel merito in ipotesi in cui sussista un banale errore materiale del mittente, riconoscibile e facilmente superabile mediante la normale collaborazione esigibile dall’ufficiale giudiziario nella esecuzione della notifica, che fa parte dei compiti stessi dell’ufficiale giudiziario. Deve ritenersi infatti che l’attività dell’ufficiale giudiziario di ricerca del destinatario non si esaurisca nell’effettuare il sopralluogo all’indirizzo indicato dal mittente ed a cercare sul posto il nominativo da questi indicato, ma, ove non si reperisca in tal modo il destinatario deve articolarsi anche nella necessaria attività di acquisizione sul posto di informazioni che, senza impegnare l’ufficiale giudiziario in una ricerca del destinatario o in una attività sostitutiva della diligenza della parte, gli possano consentire di conseguire l’esito positivo del procedimento notificatorio (di recente Cass. n. 8638 del 2017, in tema di notifica ex art. 143 c.p.c., ha espresso il seguente principio di diritto: “In tema di notificazione ex art. 143 c.p.c., l’ufficiale giudiziario, ove non abbia rinvenuto il destinatario nel luogo di residenza risultante dal certificato anagrafico, è tenuto a svolgere ogni ulteriore ricerca ed indagine dandone conto nella relata, dovendo ritenersi, in difetto, la nullità della notificazione, con il conseguente obbligo per il giudice di disporne il rinnovo ai sensi dell’art. 291 c.p.c., previa fissazione di apposito termine perentorio. (Così statuendo, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto la regolarità di una notifica eseguita ex art. 143 c.p.c. semplicemente sulla base dell’assenza del nominativo della destinataria sul citofono dell’indirizzo di residenza anagrafica, trascurando di rilevare che la dicitura famiglia seguita da altro cognome, presente sullo stesso citofono, corrispondeva effettivamente alla residenza della destinataria, essendo quel cognome riferibile al defunto marito)”.

Il ricorso va pertanto accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.