Corte di Cassazione – Ordinanza n. 1702 del 19 gennaio 2023

RILEVATO CHE

1. la Corte d’appello di Perugia ha respinto il gravame proposto dalla (omissis) s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Perugia, che aveva parimenti rigettato il ricorso avverso la notificazione di preavviso di iscrizione ipotecaria che la società concessionaria del servizio di riscossione aveva effettuato a mezzo di posta elettronica certificata inviando il messaggio da casella PEC non censita in pubblici elenchi;

2. per quanto qui rileva, la Corte territoriale ha escluso che la comunicazione risultasse inesistente per essere stata inviata da indirizzo PEC non censito in pubblici elenchi, in quanto nella specie non trovava applicazione l’art. 3 bis della l. n. 53 del 1994 bensì l’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, che contempla unicamente il requisito della casella PEC del destinatario e non già di quella del mittente, non potendosi neppure concordare sulla tesi della incertezza soggettiva del mittente, considerato che l’azione era stata correttamente promossa nei confronti dell’Agenzia delle entrate;

3. avverso tale pronuncia la (omissis) s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resistono l’I.N.P.S. e l’A.D.E.R. con separati controricorsi;

4. è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

5. parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO CHE

1. con il primo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis della l. n. 53 del 1994 nonché dell’art. 16-ter del d.l. n. 179 del 2012, per essere stata la notifica effettuata da indirizzo PEC non censito in pubblici elenchi;

2. con il secondo motivo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 57 bis, comma 1, del d.lgs. n. 82 del 2005, in quanto l’indirizzo PEC del mittente non era neppure censito nel pubblico registro IPA, e quindi non era possibile verificare l’identità del mittente e non può pertanto reputarsi raggiunto lo scopo;

3. i due motivi, che possono essere complessivamente considerati in quanto intesi a censurare la valutazione resa dalla Corte di merito in ordine al rigetto della domanda a fronte della eccepita nullità insanabile (inesistenza) della notificazione del preavviso di iscrizione ipotecaria, sono infondati;

4. infatti, risulta assorbente il rilievo che il combinato disposto di cui agli artt. 3 bis e 11 della l. n. 53 del 1994 – la cui applicabilità viene invocata a sostegno della fondatezza del ricorso – sancisce con la nullità (e non già con l’inesistenza) la violazione delle disposizioni prescritte in tema di notifica telematica eseguita dal difensore, fra le quale si rinviene, per l’appunto, l’indicazione che il messaggio PEC provenga da indirizzo censito in pubblici elenchi (art. 3 bis, comma 1, secondo periodo, della l. n. 53 del 1994: «La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.»).

Ne consegue che non può predicarsi l’inesistenza, bensì la nullità dell’atto eventualmente compiuto in difformità dallo schema normativo di cui al citato art. 3 bis, con conseguente possibilità di ritenere la nullità sanata per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., come ripetutamente affermato da questa Corte, a partire dal fondamentale arresto pronunciato a Sezioni Unite (Cass. Sez. U, 18/04/2016, n. 7665), secondo cui «L’irritualità della notificazione di un atto (nella specie, controricorso in cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica (nella specie, in “estensione.doc”, anziché “formato.pdf”) ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale.». In motivazione, il fondamento del principio enunciato è così sviluppato: «Nella specie i ricorrenti non adducono né alcuno specifico pregiudizio al loro diritto di difesa, né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione.doc in luogo del formato.pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass., sez. trib., n. 26831 del 2014). Ne consegue che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte». In linea con tale indirizzo, oltre a numerosi precedenti conformi, più in generale è stato affermato il principio generale secondo cui l’art. 11 della l. 53 del 1994 (che commina la nullità della notificazione eseguita personalmente dall’avvocato «se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti») non intende affatto sanzionare con l’inefficacia anche le più innocue irregolarità ove la consegna telematica abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale, è stato ribadito da Cass. Sez. 1, 24/09/2020, n. 200396, in relazione ad un caso in cui erano state sollevate numerose eccezioni circa la ritualità della notifica eseguita (in particolare: mancata indicazione, nell’oggetto del messaggio PEC, della dicitura “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”, incompletezza del nome di una delle parti nel cui interesse era stata effettuata la notifica, mancata indicazione del codice fiscale delle parti che hanno conferito la procura alle liti, mancata indicazione, nella relata di notifica, dell’elenco pubblico da cui era stato estratto l’indirizzo PEC del destinatario e quello del notificante, mancato rispetto delle regole tecniche prescritte per l’attestazione di conformità della sentenza notificata e delle ricevute di accettazione e di consegna, nonché mancata stampa dell’atto allegato alla notifica e della relata);

5. nella specie, parte ricorrente assume che la dedotta violazione avrebbe determinato incertezza sull’identità del mittente, ma non ha dedotto in che cosa tale incertezza abbia minato o leso la propria difesa, considerato che, come correttamente rilevato anche nella sentenza impugnata, la società ricorrente ha ritualmente proposto opposizione avverso il preavviso di iscrizione ipotecaria nei confronti dell’Agenzia delle entrate, elemento che di per sé conferma il raggiungimento dello scopo della notificazione siccome eseguita dalla società di riscossione e la conseguente sanatoria ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ.;

6. risulta a questo punto assorbita la questione dell’applicazione delle prescrizioni di cui all’art. 3 bis della l. n. 53 del 1994 anche alla notifica eseguita ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, di cui all’ordinanza interlocutoria invocata da parte ricorrente nella memoria (Cass. Sez. 5, 08/11/2022, n. n.32891), considerato che, per quanto sopra ritenuto, l’eventuale nullità risulterebbe comunque nella specie sanata per raggiungimento dello scopo;

7. conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con conseguente condanna – secondo la regola della soccombenza – della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo per ciascuno dei controricorrenti;

8. occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alla refusione delle spese processuali, che liquida in euro 3.500,00 per compensi per ciascuna delle parti controricorrenti, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge per la difesa dell’I.N.PS. e delle spese prenotate a debito per la difesa erariale.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 dicembre 2022.