Corte di Cassazione – Sentenza n. 6377 del 19 marzo 2017

SENTENZA

sul ricorso 23684-2009 proposto da:

(OMISSIS) SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro AGENZIA DELLE ENTRATE DI GIOIA DEL COLLE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 80/2008 della COMM.TRIB.REG. di BARI, depositata il 14/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/11/2013 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La (OMISSIS) s.r.l. ricorre, nei confronti dell’Agenzia delle entrate – che resiste con controricorso -, per la cassazione della sentenza n. 80/06/08 con la quale la C.T.R. Puglia, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia, ha confermato l’avviso di recupero del credito di imposta utilizzato dalla societa’ nell’anno 2002, in particolare evidenziando che non possono essere richieste le agevolazioni previste dalla Legge n. 388 del 2000, articolo 8 in relazione alle spese sostenute per lavori di ristrutturazione su beni di terzi, costituendo dette spese meri costi da classificare, ai sensi dell’articolo 74, comma 3 TUIR, quali “altre immobilizzazioni immateriali”.

2. Col primo motivo la ricorrente si duole del fatto che i giudici d’appello non si siano pronunciati sulla eccezione di nullita’ dell’avviso opposto per inesistenza della relativa notifica, derivante dal fatto che il suddetto avviso era stato notificato a mezzo posta direttamente dall’ente impositore e non nelle forme previste dalla Legge n. 890 del 1982, ossia avvalendosi di uno dei soggetti qualificati indicati dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60.

Col secondo motivo, deducendo nullita’ della sentenza per violazione dell’articolo 112 c.p.c., la ricorrente censura la decisione impugnata per omessa pronuncia in ordine alla eccezione di nullita’ dell’avviso opposto per carenza di motivazione, eccezione proposta in primo grado e riproposta dalla societa’ appellata nelle proprie controdeduzioni in appello.

Le due censure possono essere trattate in parte congiuntamente perche’, in ordine alla necessaria verifica prioritaria della sussistenza delle omissioni denunciate, comportano valutazioni in larghissima misura sovrapponibili.

Tanto premesso, deve rilevarsi che l’esame degli atti documenta la veridicita’ dell’assunto della ricorrente in ordine ad entrambe le denunciate omissioni.

Come risulta infatti dalla stessa sentenza impugnata la societa’ ricorrente nel ricorso introduttivo impugno’ l’avviso opposto non solo deducendo l’infondatezza della pretesa recata dal suddetto avviso ma anche deducendo una serie di altre questioni ed i primi giudici accolsero la censura relativa alla infondatezza della pretesa e ritennero percio’ assorbite le altre questioni. Sempre dalla sentenza impugnata risulta che nelle controdeduzioni in appello la societa’ “confermava ed ampliava le doglianze rappresentate nel ricorso introduttivo e nelle memorie illustrative”, tuttavia i giudici della C.T.R. accoglievano l’appello dell’Agenzia senza pronunciarsi sulle altre questioni (proposte in primo grado e riproposte in appello) gia’ ritenute dai primi giudici assorbite dall’accoglimento del ricorso della societa’ in ordine alla infondatezza della pretesa recata dall’avviso opposto.

Peraltro, in sede di controricorso l’Agenzia delle entrate non ha contestato che le suddette eccezioni, relative alla notifica ed alla motivazione dell’avviso opposto, fossero state proposte in primo grado e riproposte in appello, ma si e’ in proposito limitata ad affermare che la decisione di accoglimento dell’appello dell’ufficio “ha assorbito nel thema decidendum il rigetto implicito delle eccezioni di parte”.

Tuttavia, a differenza di quanto ritenuto dall’Agenzia controricorrente, deve rilevarsi che, mentre in primo grado l’accoglimento della domanda relativa al merito (ossia l’accertamento dell’infondatezza della pretesa recata dall’avviso opposto) aveva comportato il venire meno dell’interesse alla statuizione in ordine alla notifica ed alla motivazione dell’avviso opposto e quindi legittimato l’assorbimento delle suddette censure, tale “assorbimento” non puo’ che rivelarsi improprio (e configurarsi percio’ come omessa pronuncia) nel momento in cui, ritenuta da parte dei giudici d’appello la fondatezza della pretesa dell’Agenzia, riemerge l’interesse della societa’ alla pronuncia in ordine alla notifica ed alla motivazione dell’avviso opposto e quindi il dovere del giudice di pronunciare in proposito.

L’accertamento in ordine alla sussistenza, in entrambi i casi, della dedotta omissione di pronuncia non comporta tuttavia necessariamente, in relazione ad entrambe le censure, le medesime conseguenze.

Invero, il Decreto Legislativo n. 40 del 2006 ha tra l’altro modificato l’articolo 384 c.p.c. nel senso di sopprimere l’inciso che restringeva alle ipotesi di accoglimento del ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto la facolta’ del giudice di legittimita’ di decidere il merito, rendendo cosi’ di regola la decisione nel merito da parte della Corte di cassazione possibile anche in caso di accertata violazione di norme processuali, con la conseguenza che, verificata la sussistenza della omissione di pronuncia, la Corte di cassazione non deve necessariamente rinviare al giudice di merito quando la questione di diritto sulla quale si e’ riscontrata l’omessa pronuncia non richiede ulteriori accertamenti in fatto (v. tra le altre cass. n. 2313 del 2010 ed in precedenza v. anche cass. n. 8561 del 2006).

Tanto premesso, occorre rilevare che, in relazione al primo motivo, la questione sulla quale i giudici d’appello hanno omesso di pronunciare e’ certamente questione in diritto sulla quale questa Corte puo’ senz’altro pronunciare senza necessita’ di accertamenti in fatto, posto che, come sopra rilevato, tale questione attiene alla eccepita inesistenza della notifica dell’avviso opposto in quanto effettuata a mezzo posta direttamente dall’ente impositore e non nelle forme previste dalla Legge n. 890 del 1982, ossia avvalendosi di uno dei soggetti qualificati indicati dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60, e che le circostanze in fatto sopra esposte dal ricorrente risultano pacifiche.

Tale eccezione e’ infondata, posto che, vertendosi in tema di accertamento relativo all’anno di imposta 2002, la notifica del relativo avviso e’ comunque intervenuta nel vigore del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, il quale prevede all’articolo 11, commi 1 e 2, che l’avviso di liquidazione o di accertamento “deve essere notificato, anche a mezzo posta mediante raccomandata con avviso di ricevimento”, divenendo cosi’ il “mezzo” della “posta mediante raccomandata con avviso di ricevimento” una forma – legislativamente prevista – di notificazione degli atti suddetti. In proposito, la giurisprudenza di questo giudice di legittimita’ – condivisa dal collegio in assenza di valide ragioni per discostarsene – ha affermato che la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale puo’ essere per legge notificato l’avviso di liquidazione o di accertamento senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, e’ quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla Legge 20 novembre 1982, n. 890 attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex articolo 140 c.p.c., con la conseguenza che, difettando apposite previsioni nella disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui e’ stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’articolo 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilita’ di prenderne cognizione (cfr. Cass. n. 9111 del 2012).

Da quanto sopra discende che l’eccezione di inesistenza della notifica dell’avviso opposto sollevata dal ricorrente nel corso del giudizio d’appello deve essere respinta e che pertanto la sentenza impugnata (che ha deciso la controversia senza pronunciarsi in ordine alla validita’ e ritualita’ della notifica dell’avviso opposto, pertanto senza alcun rilievo in ordine alle medesime e quindi con decisione da ritenersi, sul punto, conforme a diritto) deve essere confermata, sia pure con integrazione della relativa motivazione nei termini sopra esposti.

In relazione al secondo motivo, invece, la questione sulla quale i giudici di appello hanno omesso di pronunciarsi (i.e.: carenza di motivazione dell’avviso opposto) non pone soltanto una questione di diritto ma anche (e prima) una questione di fatto, comportando innanzitutto un accertamento ed una valutazione in fatto circa l’adeguatezza della motivazione del suddetto avviso, accertamento e valutazione che non sono stati effettuati nel corso del giudizio di merito.

L’accoglimento di tale motivo, pertanto, comporta necessariamente la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice perche’, previi necessari accertamenti in fatto, provveda a decidere la questione sulla quale e’ intervenuta l’accertata omissione di pronuncia. La decisione che precede comporta l’assorbimento della censura esposta nel terzo motivo (omessa pronuncia sulla errata determinazione del credito recuperato), trattandosi di omissione di pronuncia relativa al quantum della pretesa fiscale, quindi logicamente successiva non solo alla decisione delle censure sull’an della pretesa fiscale ma, ancor prima, alla decisione relativa alla omessa pronuncia sulle questioni preliminari di merito, non incidendo la decisione in ordine alla suddetta questione sull’interesse dell’impugnante la decisione in ordine alla altre questioni sottoposte all’esame del giudice.

Restano infine assorbiti anche il quarto e quinto motivo (coi quali si censura, rispettivamente sotto i profili del vizio di motivazione e della violazione di legge, la decisione assunta con riguardo al merito della pretesa recata dall’avviso opposto), nonche’ il sesto ed ultimo motivo – col quale, deducendo violazione dell’articolo 91 c.p.c., la ricorrente si duole del fatto che i giudici d’appello abbiano condannato la parte soccombente alle spese di lite indicando solo l’importo complessivo senza distinguere tra spese e onorati, cosi’ impedendo il controllo sulla correttezza delle liquidazioni anche in ordine al rispetto delle tabelle professionali – posto che la cassazione della sentenza impugnata travolge (in virtu’ del cosiddetto effetto espansivo di cui all’articolo 336 c.p.c., comma 1) anche il regolamento delle spese, con conseguente venire meno della stessa statuizione oggetto di censura.

Il secondo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto, mentre il primo deve essere rigettato, sia pure con integrazione della motivazione nei termini di cui sopra, con assorbimento degli altri motivi. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altro giudice che provvedera’ anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Puglia.