Corte di Cassazione – Sentenza n. 12946 del 23 giugno 2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 53 depositata il 22 gennaio 2007.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 24 febbraio 2015 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Celentano Carmelo, che – in assenza delle parti – ha concluso per l’inammissibilita’ dei ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 5 maggio 1998 la (OMISSIS) s.r.l. evocava, dinanzi al Tribunale di Brescia, l’ing. (OMISSIS) proponendo opposizione avverso decreto ingiuntivo n. 198 de 1998 emesso il 16.3.1998 dal Presidente del Tribunale del medesimo ufficio in favore del professionista per la somma di lire 59.728.939, assumendo di avere corrisposto euro 43.000.000, a fronte della originaria pattuizione di lire 25.000.000, per la progettazione e la futura direzione dei lavori di un complesso edilizio, costituito da quattro villette, avendo peraltro l’opposto redatto soltanto progetti di massima, non commissionati quelli esecutivi; tanto premesso, chiedeva la revoca del d.i., con restituzione delle somme corrisposte e non dovute, oltre al risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c..

Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del (OMISSIS), il quale assumeva che la somma di lire 25.000.000 costituiva il corrispettivo soltanto per la redazione dei progetti di massima per le quattro villette, mentre l’importo di lire 43.000.000 era stato ricevuto quale “anticipazione” sul compenso complessivamente dovuto, il giudice adito accoglieva l’opposizione e per l’effetto revocava il d.i., condannando il (OMISSIS) alla restituzione della somma di lire 68.700.000, corrisposta ma non dovuta dalla societa’ opponente, determinato il compenso dovuto in lire 34.500.000, commissionati i soli progetti di massima.

In virtu’ di rituale appello interposto dal (OMISSIS), il quale lamentava che i progetti erroneamente erano stati qualificati come di “massima”, non dato rilievo al rilascio delle concessioni edilizie avvenuto proprio sulla scorta dei progetti dell’appellante, effettuata l’analisi dei costi, come da incarico della societa’ appellata di cui alla lettera del 3.11.1997, la Corte di appello di Brescia, nella resistenza della (OMISSIS) s.r.l., in parziale accoglimento del gravame, determinava il compenso spettante al professionista in euro 24.273,47, con condanna della appellata alla restituzione della somma di euro 6.445,41 e con compensazione per la meta’ delle spese processuali, ponendole a carico dell’appellata (erroneamente indicata quale appellante) per la restante parte.

A sostegno della decisione adottata la corte territoriale, premessa la definizione di progetto, esecutivo e di massima, secondo le norme del Testo Unico delle Tariffe degli onorari delle prestazioni professionali degli ingegneri, evidenziava che nella specie il progetto redatto dall’appellante presentava non “marginali insufficienze” ovvero “carenze significative”, come sottolineato dal c.t.u., assente ogni indicazione relativa allo scolo delle acque nere, degli scarichi verticali, orizzontali, dell’andamento planimetrico della rete di smaltimento e del relativo recapito, la disposizione dei chiusini di ispezione, la posizione del sifone (con eccezione del solo schema fognario esterno), alla conformazione delle scale, alle misure necessarie a stabilire l’esatta posizione delle aperture esterne, porte e finestre, alla misura per fissare le porte esterne ed interne alla parete ed i relativi sensi di apertura, ai servizi igienici e alle cucine, quanto alla posizione di questi rispetto al muro, all’isolamento termico-acustico, all’impianto di illuminazione, alla forza motrice, al riscaldamento, parzialmente dell’impianto idrico, alla copertura dell’edificio, alla pendenza del tetto, con sporgenza delle gronde e delle canalizzazioni e alle strutture in cemento armato, mancanze che impedivano di ritenere il progetto esecutivo, essendo il suo grado di completezza insufficiente a consentire la realizzazione dell’opera anche a persona diversa dal progettista.

Il c.t.u., inoltre, aveva ridotto l’aliquota prevista per il progetto esecutivo dallo 0,25% allo 0,15%, segno evidente del mancato riconoscimento della esecutivita’ del progetto, anche se aveva caratteristiche tali da superare i “limiti della sommarieta’”.

Aggiungeva che era pacifico che la appellata aveva ottenuto la concessione edilizia sulla base dei progetti realizzati dall’appellante.

Tanto chiarito, osservava che con la scrittura del 13.7.1996 si era impegnato alla esecuzione di progetti di massima per 4 casette, per il compenso di lire 25.000.000, garantendo l’ottenimento delle concessioni edilizie. Le ulteriori comunicazioni intervenute fra le parti, con la quali – da una parte – il professionista chiedeva maggiori compensi, determinandoli in complessive lire 95.680.896, dopo avere ricevuto dalla appellata lire 43.000.000 – dall’altra – la committente invitava il (OMISSIS) a specificare le sue ulteriori richieste di lire 38.258.000, che non costituivano certo riconoscimento di un compenso diverso e superiore rispetto a quello pattuito con l’offerta del 13.7.1996. Inoltre le fatture successive emesse dall’appellante non recavano la dettagliata esposizione delle prestazioni in relazione a cui sarebbero state emesse. Concludeva che pur non potendo essere definiti esecutivi i progetti redatti dal (OMISSIS), erano pero’ dotati di un certo grado di specificita’ tale da consentire il successivo rilascio delle concessioni edilizie, per cui il compenso – secondo le prassi dei Consigli dell’ordine degli ingegneri in materia – doveva essere aumentato nella percentuale del 50% e quindi in lire 37.500.000, a cui andavano aggiunte le spese e le vacazioni per lire 7.500.000 e lire 2.000.000 per compensi a discrezione, escluso comunque il compenso della parte relativa al computo metrico estimativo, non commissionato dall’appellata.

Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS) s.r.l., affidato a due motivi, al quale ha replicato il (OMISSIS) con controricorso.

Fissata pubblica udienza a 22.1.2014, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per irregolare comunicazione della data di udienza a parte ricorrente; uguale adempimento doveva essere rinnovato in occasione della pubblica udienza del 3.6.2014.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si rileva previamente che il (OMISSIS) nel controricorso ha dedotto l’inammissibilita’ del ricorso per superamento de termine annuale prescritto dall’articolo 327 c.p.c.. Segnatamente ha prospettato che depositata la sentenza impugnata il 22 gennaio 2007 (e non notificata) al procuratore domiciliatario del resistente e’ stato effettivamente notificato il ricorso solo in data 17 marzo 2008, nonostante la prima notifica fosse stata richiesta il 3 marzo 2008, indicando quale indirizzo del destinatario il domicilio del difensore, avv. (OMISSIS), che originariamente era in (OMISSIS), ma trasferito nelle more del procedimento di cognizione in via (OMISSIS), per cui la notificazione non si perfezionava e ne veniva richiesta la rinnovazione solo il 13 marzo 2008, ormai scaduto il termine per l’impugnazione.

Cio’ premesso, mette conto di sottolineare che la Suprema Corte, nei suoi arresti piu’ recenti, ha modificato il precedente orientamento, secondo cui la questione della conoscenza o conoscibilita’ del diverso recapito del procuratore non aveva alcun rilievo giuridico, statuendo invece che, in caso di esito negativo della notifica di un’impugnazione, non imputabile al notificante, il procedimento notificatorio puo’ essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini. Invero, se la notifica dell’atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario, non si perfeziona per cause non imputabili al notificante, questi non incorre in alcuna decadenza ove provveda con sollecita diligenza (da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza) a rinnovare la notificazione, a nulla rilevando che quest’ultima si perfezioni successivamente allo spirare del termine per proporre gravame (Cass. 6547 del 2008). Successivamente, sono intervenute anche le Sezioni Unite statuendo che, qualora la notificazione di atti processuali, da compiersi entro un determinato termine perentorio, non si sia perfezionata per cause non imputabili al notificante, quest’ultimo ha la facolta’ e l’onere di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avra’ effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreche’ la ripresa dei medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (cfr. Cass SS.UU. n. 17352 del 2009 e Cass. n. 9046 del 2010). Dall’esame degli arresti giudiziari, sopra riportati nella loro essenzialita’, appare pertanto evidente che la piu’ recente giurisprudenza di questa Corte si e’ tendenzialmente orientata in direzione di un maggiore e piu’ consapevole riguardo alle circostanze soggettive ed oggettive dalle quali sia dipeso il decorso infruttuoso dei termini di impugnazione.

Tenuto debito conto di tali principi, si rileva che nel caso di specie, in cui il difensore costituito per il controricorrente nel giudizio di appello svolgeva le sue funzioni nella medesima circoscrizione giudiziaria di assegnazione, la ricorrente ha indicato all’ufficiale giudiziario quale domicilio del destinatario per effettuare la notificazione l’iniziale indirizzo del difensore avversario, sebbene quest’ultimo gia’ nella comparsa conclusionale del giudizio di appello avesse riportato sul frontespizio il nuovo indirizzo. Ne consegue che il ritardo nella seconda richiesta deve ritenersi dovuto alla mancata diligenza della parte per non avere annotato, nonostante l’ufficialita’ della notizia, il mutamento di indirizzo dello studio dell’avversario.

In considerazione della mancata giustificazione del comportamento descritto, la seconda notificazione va valutata come autonoma e distinta rispetto alla prima, cosicche’, pur considerando la data della relativa richiesta del 13 marzo 2008 in ossequio alla regola della scissione tra il momento in cui la notifica deve ritenersi perfezionata per il richiedente e quello di perfezionamento per il destinatario (su cui cfr. Corte cost. sentenze n. 477 del 2001, n. 28 del 2004 e n. 97 del 2004 e Cass. SS.UU. n. 10216 del 2006) essa deve ritenersi tardiva, in quanto successiva all’anno e quarantasei giorni dalla pubblicazione della sentenza. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese processuali del giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi.