Corte di Cassazione – Ordinanza n. 20307 del 23 agosto 2017

ORDINANZA

sul ricorso 15873-2016 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa unitamente e disgiuntamente dagli avvocati (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, incorporante di (OMISSIS) SPA, in persona del Responsabile del Contenzioso – Direzione Regionale della Campania, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 484/49/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 25/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’08/06/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in Cassazione affidato a due motivi, nei cui confronti (OMISSIS) SpA ha resistito con controricorso, a parte contribuente impugnava la sentenza della CTR della Campania, in tema di impugnativa di atto di pignoramento presso terzi, denunciando la violazione degli articoli 132 e 161 c.p.c., dell’articolo 118 disp. att. c.p.c., del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 36, della L. n. 241 del 1990, degli articoli 99, 100, 112 e 115 c.p.c. e dell’articolo 24 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5 (primo motivo), in quanto la motivazione della sentenza impugnata, mancherebbe dell’esame delle censure proposte dalla contribuente in grado d’appello e delle relative richieste e deduzioni con particolare riferimento all’avvenuto disconoscimento da parte della contribuente della conformita’, delle copie degli avvisi di ricevimento, agli originali, delle cartelle prodromiche agli avvisi di pagamento sottesi all’impugnato pignoramento presso terzi (circostanza disconosciuta dalla CTR), essendosi, invece, i giudici d’appello, “appiattiti” sulla motivazione dei primi giudici, senza il previo esame delle censure proposte avverso quest’ultima; con un secondo motivo di censura, la ricorrente ha denunciato la violazione degli articoli 2712 e ss. c.c., degli articoli 214 e ss. c.p.c., dell’articolo 2697 c.c., del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 26, degli articoli 99, 100, 112 e 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 in quanto, erroneamente i giudici d’appello avrebbero ritenuto correttamente notificate le prodromiche cartelle e gli avvisi di pagamento ed, inoltre, avrebbero ritenuto che l’appellante neppure avesse disconosciuto la conformita’ dei menzionati avvisi di ricevimento delle cartelle agli originali.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.

Il primo motivo e’ infondato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata, seppur sintetica, si pone al di sopra del minimo costituzionale, non essendo ne’ apparente, ne’ perplessa e neppure contraddittoria (Cass. sez. un. n. 8053/14), avuto riguardo alle questioni sollevate dall’appellante e oggetto di dibattito processuale.

Anche il secondo motivo di censura e’ infondato.

Infatti, in disparte i possibili rilievi sul difetto di autosufficienza della censura, va rilevato come in riferimento al disconoscimento della sottoscrizione delle retate di notifica delle prodromiche cartelle sottese agli avvisi d’intimazione presupposti all’atto di pignoramento e in riferimento al disconoscimento della conformita’ delle copie delle suddette retate agli originali, tali censure appaiono tardive non risultando essere state proposte ne’ nel termine di cui all’articolo 24, comma 2 (motivi aggiunti) ne’ in quello di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 32; in ogni caso, l’autenticita’ della sottoscrizione delle relate (quand’anche prodotte in copia) e’ stato asseverato dall’agente notificatore, pertanto, lo strumento non era il disconoscimento della sottoscrizione ma la proposizione di apposita querela di falso, trattandosi di atto avente pubblica fede, che nella specie non e’ stata proposta (v. pp. 10 e 11 del ricorso), mentre, dalla sentenza della CTR risulta che non vi sia stato neppure formale disconoscimento, da parte del contribuente, della conformita’ delle copie delle relate agli originali, valendo in ogni caso, anche per il predetto disconoscimento, gli stessi rilievi di tardivita’ del disconoscimento della sottoscrizione del familiare convivente “Fabozzi Nicola” (inoltre, tale disconoscimento, se fosse stato proposto avrebbe dovuto essere circostanziato e specifico e non meramente generico, come richiesto dalla Giurisprudenza di questa Corte (Cass. nn. 12730/16, 7105/16, 7775/14, 14416/2013, 28096/09).

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE:

Rigetta il ricorso.

Condanna la parte contribuente a pagare a (OMISSIS) SpA, in persona del legale rappresentante pt, le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo di Euro 2.300,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 – bis.