Corte di Cassazione – Ordinanza n. 13956 del 5 giugno 2017

ORDINANZA

sul ricorso 12255/2016 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L. – P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS) S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 11809/47/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 22/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 20/04/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del Presidente e del Relatore.

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 4 dicembre 2015 la Commissione tributaria regionale della Campania dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla (OMISSIS) srl avverso la sentenza n. 8821/28/15 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che ne aveva dichiarato a sua volta inammissibile il ricorso contro la cartella di pagamento IVA ed altro 2009. La CTR osservava in particolare che il gravame doveva essere dichiarato inammissibile, poiche’, come eccepito dall’Agente della riscossione, proposto mediante spedizione con utilizzo di servizio di posta privata.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la societa’ contribuente deducendo quattro motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

L’intimata (OMISSIS) spa non si e’ difesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni legislative, poiche’ la CTR ha dichiarato l’inammissibilita’ del suo appello in quanto notificato a mezzo di un servizio di posta privata.

Con il secondo motivo – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-5 – vi e’ doglianza di omesso esame, anche in violazione dell’articolo 116 c.p.c., delle ricevute di ritorno del gravame spedito.

Con il terzo motivo – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente si duole di violazione/falsa applicazione degli articoli 156, 157, 167, c.p.c., poiche’ la CTR non ha ritenuto sanabile/sanato il vizio notificatorio rilevato dal raggiungimento dello scopo della conoscenza del gravame da parte delle appellate.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono infondate.

Va infatti ribadito che “In tema di notifiche a mezzo posta, il Decreto Legislativo 22 luglio 1999, n. 261, pur liberalizzando i servizi postali in attuazione della direttiva 97/67/CE, continua a riservare in via esclusiva, per esigenze di ordine pubblico, al fornitore del servizio universale ( (OMISSIS)) gli invii raccomandati attinenti le procedure amministrative e giudiziarie. Ne consegue che e’ inammissibile l’atto di appello notificato mediante servizio di posta privata, trattandosi di una notificazione inesistente, insuscettibile di sanatoria e non assistita dalla funzione probatoria che il Decreto Legislativo n. 261 del 1999, articolo 1, lettera i), ricollega alla nozione di invii raccomandati” (Sez. 6-5, Ordinanza n. 27021 del 19/12/2014, Rv. 634225-01; nello stesso senso Sez. 6-5, Ordinanza n. 19467 del 30/09/2016, Rv. 641243-01).

La sentenza impugnata si conforma a tale principio di diritto e non merita pertanto cassazione.

Quanto ai precedenti citati dalla ricorrente, va rilevato che la sentenza n. 2886/2014 di questa Corte non e’ per nulla pertinente al caso di specie, mentre la sentenza n. 2922/2015 si fonda su di una diversa ratio decidendi, essendo l’affermazione di diritto sottolineata dalla ricorrente stessa un mero obiter dictum.

In tale pronuncia infatti si trattava di una procedura notificatoria effettuata dall’Agente della riscossione e non quindi, come nel caso in esame, dal contribuente all’Agente della riscossione ed all’Agenzia delle Entrate.

Pertanto la considerazione effettuata dal Collegio in quel diverso caso in ordine all’ipotesi inversa non puo’ che essere appunto considerato al di fuori del perimetro decisionale di quella pronuncia ossia un mero obiter dictum.

Il ricorso va dunque rigettato per l’infondatezza dei primi tre motivi, essendone evidentemente assorbito il quarto.

P.Q.M.

I Corte rigetta il ricorso; condanna la societa’ ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ all’Agenzia delle Entrate che liquida in Euro 3.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.