Corte di giustizia tributaria di I grado della Sicilia – Sentenza n. 1750 del 07 giugno 2023

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La (omissis) srl (già (omissis) S.a.s.) ha presentato telematicamente la dichiarazione modello UnicoSP/2016 per l’anno d’imposta 2015, dichiarando, al quadro RG, un reddito d’impresa di Euro 101.442,00.

Al fine di procedere al controllo sulla corretta imputazione dei costi e dei componenti negativi di reddito, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Siracusa ha inviato alla Società invito n. I01186/2018 a produrre la documentazione contabile relativa al periodo d’imposta 2015.

Con tale invito, l’Ufficio ha chiesto chiarimenti e giustificazioni documentali in merito ai componenti negativi di reddito dedotti dal reddito d’impresa.

Con riferimento al periodo d’imposta 2015, l’Agenzia non ha ammesso in deduzione componenti negativi di reddito, quali costi non di competenza, costi non inerenti, costi non documentati, per un totale di Euro 22.579,00.

Pertanto, con avviso di accertamento n. (omissis), notificato il 20/05/2021, l’Ufficio ha accertato per il periodo d’imposta 2015, ai fini delle II.DD., il reddito d’impresa di Euro 124.021,00 (a fronte del reddito d’impresa dichiarato di Euro 101.442,00), da imputare ai fini Irpef ai singoli soci in rapporto alla quota di partecipazione posseduta

Ciò perché, pur avendo un certo grado di autonomia patrimoniale, le società di persone non hanno personalità giuridica e, pertanto, non sono soggetti passivi di imposta ai fini IRPEF.

Il reddito conseguito dalla società è stato determinato in modo unitario come reddito di impresa, e il reddito imponibile è stato imputato ai singoli soci secondo le quote di partecipazione, concorrendo, unitamente agli altri loro redditi, a formare la base imponibile ai fini dell’Irpef dovuta da ciascuno.

Il ricorrente, avendo nell’anno 2015 una quota di partecipazione pari al 35,00% nella società, per il 2015 ha presentato la dichiarazione Mod.UnicoPF2016, dichiarando – al rigo RH1, col.4 – un reddito di partecipazione alla suddetta società di Euro 35.505,00, pari al reddito complessivo indicato al rigo RN1 col.5, e un reddito imponibile, al netto di deduzioni e oneri deducibili, di Euro 22.398,00 (RN4 col.5).

La quota di reddito da partecipazione attribuibile al sig. (omissis) risultava essere quindi pari a Euro 43.407,00 (35,00% di Euro 124.021,00).

Pertanto, in data 05/10/2021, l’Ufficio notificava al sig. (omissis) l’avviso di accertamento nr. (omissis), accertando, visti gli artt. 38 e 41 bis del DPR 600/73, il reddito di partecipazione di 43.407,00.

Il sig. (omissis) ha impugnato il provvedimento, e l’Agenzia si è costituita per chiedere il rigetto del ricorso.

All’udienza del 06.06.2023 la causa è stata posta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Col 1° motivo di ricorso, il ricorrente fa valere la “decadenza”, con riferimento al fatto che, dovendo l’atto essere notificato a pena di decadenza, ai sensi dell’art. 43 D.P.R. n. 600/1973, nella versione ancora applicabile relativamente all’anno di imposta 2015, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, e poiché “l’art. 157 D.L. 34/2020…ha previsto, in ordine agli accertamenti in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 31 dicembre 2020, tra i quali rientra quello in oggetto, che gli stessi devono essere emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022”, “l’atto recato al contribuente non reca alcuna sottoscrizione digitale, né il numero di protocollo, né alcuna attestazione di conformità all’originale come meglio di seguito eccepito”, per cui “non è consentito al contribuente verificare la data di emissione, ovvero di firma e protocollazione, ai fini del rispetto del termine previsto dall’art. 43, D.P.R. n. 600/1973, come derogato dall’art. 157, D.L. 34/2020, che deve ritenersi quindi abbondantemente superato”.

Il motivo è smentito dallo stesso provvedimento, che in alto a destra riporta il numero, 65484, e la data, 04.11.2020.

2) Col 2° motivo, il ricorrente fa valere la “giuridica inesistenza dell’atto impugnato”, perché “affinché un atto di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate venga ad esistenza quale atto impositivo ed esplichi effetti giuridici, è essenziale che venga trasmesso al contribuente in originale o in copia conforme all’originale”, e “nel caso in cui l’atto impositivo nasca come documento informatico firmato digitalmente ma venga notificata al contribuente una copia cartacea, tale copia cartacea, per quanto detto, deve essere attestata conforme all’originale informatico”, mentre “nel caso di specie nessuna attestazione di conformità è stata mai posta dall’Ufficio (omissis)”, per cui “il documento portato a conoscenza del contribuente non può ritenersi copia conforme all’originale informatico, perciò non può garantire l’effettiva conformità della copia all’originale, che ad ogni effetto di legge qui espressamente si contesta”.

L’art. 42, comma 3, del DPR n. 600/73 prevede che “l’accertamento è nullo”, tra gli altri casi, “se l’avviso non reca la sottoscrizione”.

In effetti, il provvedimento impugnato riporta solo l’indicazione del nome dell’autore dello stesso, e la dicitura “firmato digitalmente”.

Pertanto, non c’è ragione di discostarsi dall’orientamento secondo cui “la notificazione della copia analogica di un atto impositivo è legittima se la sua conformità all’originale informatico è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, poiché tale attestazione è sufficiente a dimostrare l’avvenuta sottoscrizione dell’atto, conferendogli un valore probatorio equiparato all’originale informatico; viceversa, l’avviso di accertamento, notificato in formato cartaceo, contente la sola indicazione “firmato digitalmente” in corrispondenza del nominativo del funzionario, ma privo dell’attestazione di conformità, è nullo, ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.P.R. n. 600/73, in quanto privo di sottoscrizione” (cfr. Cass. civ., sez. VI, 11/08/2022 n. 24681).

Il ricorso va quindi accolto, assorbiti i motivi non esaminati, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

In considerazione del tipo di vizio per il quale il provvedimento impugnato va annullato, che non attiene al merito della pretesa tributaria, la circostanza che con sentenza n. 1046 dell’11.04.2023 la IV Sezione di questa Corte abbia rigettato quasi del tutto il ricorso proposto dalla citata Società per la stessa vicenda, rimane irrilevante.

Le spese seguono la soccombenza, e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado di Siracusa – Sezione III accoglie il ricorso in epigrafe, e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Condanna l’Agenzia intimata al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in Euro 500,00, oltre accessori, e al rimborso del contributo unificato.