Corte di Cassazione – Sentenza n. 26416 del 13 settembre 2023

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate Riscossione, in persona del Presidente pro tempore, propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia nei confronti di (OMISSIS) avverso la sentenza n. 5944/2018 della Commissione tributaria provinciale di Milano, pubblicata in data 3/01/2018, che aveva accolto il ricorso proposto contro una intimazione di pagamento relativa a plurime cartelle di pagamento emesse tra il 2011 e il 2012.

In particolare, la CTR ha dichiarato inammissibile l’appello dell’agente della riscossione per tardivita’, risultando la notifica dell’impugnazione in data 28/05/2019, a fronte della notifica della sentenza avvenuta il 26/03/2019 a mezzo ufficiale giudiziario presso la sede di Agenzia delle Entrate Riscossione di Milano.

2. Il contribuente, al quale il ricorso e’ stato notificato a mezzo p.e.c. al difensore costituito in appello in data 30/10/2020 e a mezzo posta nel domicilio eletto nel predetto grado, e’ rimasto intimato.

3. Con ordinanza pronunciata in data 13/12/2022 la causa e’ stata rimessa dalla sesta sezione alla quinta sezione, ove e’ stata trattata, unitamente ad altri processi con oggetto simile, all’udienza pubblica del 15/06/2023, svoltasi ex Decreto Legge 28/10/2020, n. 137, articolo 23, comma 8-bis, conv. dalla l. 18/12/2020, n. 176, prorogato dal Decreto Legge 29/12/2022, n. 198, articolo 8 conv. dalla l. 24/02/2023, n. 14, per la quale l’Agenzia ha depositato memoria con cui ha chiesto rimettersi la causa alle Sezioni Unite.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, proposto in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle Entrate Riscossione denuncia violazione degli articoli 170, 285, 325, 326 e 327 c.p.c., nonche’ del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articoli 1, 11, 12, 16, 38, 49 e 51 per avere la CTR dichiarato inammissibile, in quanto tardivo, l’appello, ritenendo erroneamente che la notifica della sentenza di primo grado effettuata direttamente presso la sede dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, anziche’ nei confronti del procuratore presso il quale aveva eletto domicilio nel giudizio di primo grado, fosse idonea a far decorrere il termine breve per proporre l’impugnazione.

Si deve premettere che il fatto processuale rilevante ai fini della decisione appare descritto dalla sentenza della CTR e confermato dalla stessa Agenzia ricorrente: la sentenza di primo grado e’ stata notificata a mezzo ufficiale giudiziario in data 26/03/2019 alla sede dell’Agenzia delle Entrate Riscossione di Milano, a mani di persona addetta al ritiro, (OMISSIS); l’Agenzia delle Entrate Riscossione nel giudizio davanti alla CTP era costituita con un procuratore, l’avv. (OMISSIS); l’appello e’ stato notificato in data 29/05/2019 e quindi oltre i sessanta giorni del termine breve di cui al d. lgs. n. 546 del 1992, articolo 51, comma 1.

La CTR ha ritenuto tardivo l’appello, evidentemente ritenendo che la notificazione della sentenza, direttamente alla parte e non nel domicilio eletto presso il procuratore costituito nel giudizio di primo grado, fosse utile a far decorrere il predetto termine breve per l’appello.

2. E’ del tutto noto che nel processo civile ordinario l’articolo 170 c.p.c. prevede che le notificazioni alla parte costituita con un procuratore si effettuino nei confronti di quest’ultimo, regola che vale anche per la notificazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, ai sensi dell’articolo 285 c.p.c..

L’unico motivo di ricorso erariale assume che tale disciplina sia pienamente applicabile anche nel processo tributario ma tale assunto non puo’ essere condiviso.

2.1. Nel rito tributario occorre infatti considerare, anzitutto, il principio – enunciato, in particolare, dalle sentenze n. 8053 del 7/04/2014 e n. 14916 del 20/07/2016 delle Sezioni Unite di questa Corte, ma che ha trovato poi ampio consenso nella giurisprudenza successiva – secondo cui le disposizioni degli articoli 1, comma 2 (I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile) e 49, comma 1 (Alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto) del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, relative al processo e alle impugnazioni in generale, istituiscono un’autentica specialita’ del rito tributario, sancendo la prevalenza della norma processuale tributaria, ove esistente, sulla norma processuale ordinaria, la quale ultima si applica, quindi, in via del tutto sussidiaria, oltre che nei limiti della compatibilita’.

Di qui, la contrapposizione con la disposizione di cui all’articolo 62, comma 2, del medesimo decreto legislativo (Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto), la quale, per il giudizio di cassazione della sentenza della commissione tributaria regionale fa espressamente riferimento all’applicabilita’ delle norme del codice di procedura civile, cosi’ attribuendo, per questa sola ipotesi, la prevalenza alle norme processuali ordinarie ed escludendo l’esistenza di un –giudizio tributario di legittimita’, cioe’ di un giudizio di cassazione speciale in materia tributaria.

2.2. Tale specialita’, quanto alla disciplina processuale applicabile, si riverbera sull’individuazione delle norme alle quali occorre fare riferimento in materia di notificazioni e in particolare, per quanto qui rileva, di notificazione della sentenza di merito ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare.

Nel processo tributario, la notificazione della sentenza, dalla data della quale decorre il termine breve per l’appello ai sensi del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 51, comma 1, e’ regolata dall’articolo 38; esso, nella formulazione originaria, prevedeva solo che la notificazione della sentenza dovesse avvenire ai sensi dell’articolo 137 e ss. c.p.c..

L’introduzione di una specifica disciplina della notificazione della sentenza muoveva dall’esigenza di cui alla legge delega (l. n. 413 del 1991, articolo 30, comma 1, lettera g, n. 3) che era quella di abbreviare la pendenza del processo per i casi di inerzia delle parti, come segnalato anche nella relazione illustrativa. La previgente disciplina del contenzioso prevedeva infatti che il termine di sessanta giorni per la proposizione dell’impugnazione decorresse dalla comunicazione del dispositivo della decisione a cura della segreteria e la parte avesse la facolta’ di provvedere alla notificazione della decisione stessa, che andava ad incidere sul decorso del termine di impugnazione solo nell’ipotesi in cui la segreteria non avesse comunicato il dispositivo o vi avesse provveduto successivamente alla notificazione della parte.

La dottrina individuo’ la ragione giustificatrice del rigoroso procedimento notificatorio, da svolgersi tramite ufficiale giudiziario, nella salvaguardia di esigenze di certezza e sicurezza messe a presidio della formazione del giudicato formale sulla sentenza.

L’articolo 38 fu novellato poi dal Decreto Legge n. 40 del 2010, articolo 3, convertito, con modificazioni, nella l. n. 73 del 2010, che ebbe ad estendere alla notificazione della sentenza le regole generali previste nel processo tributario in materia di notificazioni, mediante un rinvio al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 16.

L’esplicita ratio della riforma del 2010 fu la semplificazione della notificazione ai fini di accelerare la formazione del giudicato e l’attivita’ di riscossione. Ed in tal senso questa Corte (Cass. 13/04/2012, n. 5871) ebbe ad evidenziare che si tratta, evidentemente, di una norma di semplificazione che, com’e’ nello spirito del processo tributario, mira ad agevolare l’agire giuridico del Fisco e del contribuente, analogamente a quanto avviene per il ricorso introduttivo, precisando che la novita’ normativa era applicabile non solo alla sentenza di primo grado ma anche alla sentenza di appello, atteso che si tratta pur sempre di produrre l’effetto di abbreviare la formazione del giudicato formale sulla sentenza.

2.3. Ora, in tema di notificazioni nel processo tributario, l’articolo 16, comma 2, in primo luogo rinvia a sua volta all’articolo 137 c.p.c., salve, quanto al luogo di essa, le specifiche previsioni dell’articolo 17; l’articolo 16, comma 3, prevede poi forme alternative di notificazione.

In particolare, l’articolo 16, comma 3, prevede due forme di notificazione c.d. diretta, e che, dunque, possono effettuarsi dalla parte senza il ministero dell’ufficiale giudiziario o di altro soggetto equiparato, quali il messo comunale e il messo autorizzato dall’amministrazione finanziaria e l’avvocato autorizzato dall’ordine forense: a) la notificazione a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto; b) ovvero la notificazione, consentita al solo contribuente, all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.

Le forme di notificazione c.d. diretta previste dall’articolo 16, comma 3, sono diverse ed alternative tra loro (Cass., Sez. U., 29/05/2017, n. 13452 e n. 13453; Cass., Sez. U., 10/01/2020, n. 299), come, del resto, e’ reso palese dalle specifiche modalita’ che la norma prescrive, rispettivamente, per ciascuna di esse: nella prima, l’atto in plico senza busta raccomandato e’ spedito per posta e la prova della ricezione e’ fornita dall’avviso di ricevimento; nella seconda, l’atto e’ consegnato all’impiegato addetto e la prova della consegna e’ fornita dalla –ricevuta sulla copia– dell’atto stesso rilasciata dall’impiegato addetto.

Occorre peraltro rammentare che L. 30/12/1991, n. 413, articolo 30, recante la delega al Governo per l’emanazione di decreti legislativi concernenti disposizioni per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario, al comma 1, indicava, alla lettera g), il criterio direttivo dell'”adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile; in particolare dovra’ essere altresi’ stabilito quanto segue: 1) previsione di una disciplina uniforme per la proposizione del ricorso nei vari gradi di giurisdizione (…) 4) disciplina delle comunicazioni e delle notificazioni con la previsione dell’impiego piu’ largo possibile del servizio postale”.

In tema di notificazioni l’obiettivo era quello di adeguarsi alle norme del processo civile ordinario ma anche di prevedere una disciplina uniforme per la proposizione del ricorso e di consentire, comunque, l’impiego piu’ largo possibile del servizio postale; la relazione illustrativa evidenzia come tale sintesi sia stata raggiunta nel prevedere il rinvio alle norme del codice di rito ma con significative peculiarita’ circa i luoghi della notificazione e prevedendo l’utilizzo del servizio postale.

2.4. Se le forme delle notificazioni sono previste dall’articolo 16, l’articolo 17, richiamato dall’articolo 16, comma 2, regola il luogo in cui esse vanno fatte e prevede che esse sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio… (comma 1). Con l’ulteriore precisazione che l’indicazione della residenza o della sede e l’elezione del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo (comma 2). La regola circa il luogo della notificazione e’ quindi che essa debba essere effettuata nel domicilio eletto dalla parte; l’applicazione della regola postula l’avvenuta elezione di domicilio e quindi essa non si applica in caso di mancata elezione; la regola a sua volta soffre eccezione in caso di –consegna a mani proprie.

2.5. Non sussistono particolari dubbi circa l’idoneita’ delle forme di notificazione diretta di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 16, comma 3, sia ove avvenuta mediante spedizione di raccomandata sia ove avvenuta con consegna ad impiegato addetto presso l’ufficio, a far decorrere il termine breve per l’appello, posto che lo stesso Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 38 non solo compie un espresso riferimento a tale disposizione ma prevede anche, come appena evidenziato, che la parte debba depositare nella segreteria della Corte di giustizia tributaria la copia autentica della sentenza consegnata o spedita per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale unitamente all’avviso di ricevimento.

In tal senso e’ ampia giurisprudenza di questa Corte: Cass. 25/01/2023, n. 2303; Cass. 22/06/2018, n. 16554; Cass. 28/02/2018, n. 4616; Cass. 08/11/2017, n. 26449; implicitamente in tal senso anche Cass. 07/04/2017, n. 9108 laddove aveva ritenuto che ai fini del decorso del termine –breve– per impugnare le sentenze, fissato dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 51, la modifica dell’articolo 38 dello stesso Decreto Legislativo n. – per effetto del Decreto Legge n. 40 del 2010, articolo 3, comma 1, lettera a), conv., con modif., dalla l. n. 73 del 2010 – operasse solo a partire dall’entrata in vigore della disposizione novellatrice, sicche’, per l’epoca precedente, la notifica della sentenza deve effettuarsi ai sensi degli articoli 137 e ss. c.p.c. e non gia’ ex Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 16.

Cass. 22/04/2015, n. 8151 ha chiaramente specificato che l’articolo 38 attribuisce alla parte interessata la facolta’ di avvalersi della forma di notifica della sentenza che ritiene piu’ opportuna tra quelle sopra indicate.

2.6. Il rinvio contenuto nell’articolo 38 alle notificazioni a norma dell’articolo 16 implica poi necessariamente un rinvio anche all’articolo 17, relativo ai luoghi della notificazione, che dall’articolo 16 e’ espressamente richiamato; tale rinvio, in assenza di alcuna indicazione normativa di segno contrario, deve ritenersi riferito non solo alla necessita’ che la notificazione debba effettuarsi nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio ma anche comprensivo della clausola di salvezza della consegna a mani proprie.

Pur in presenza di un orientamento difforme (Cass. 25/05/2007, n. 12669; Cass. 17/10/2008, n. 25376, che motiva in considerazione del fatto che la previsione degli articoli 285 e 170 c.p.c. sia applicabile al processo tributario per carenza di specifica diversa disposizione nel Decreto Legislativo n. 546 del 1992; piu’ di recente Cass. 15/10/2018, n. 25625; Cass. 17/09/2019, n. 23066, che pero’ richiama tre precedenti tutti attinenti al processo ordinario: Cass. 13/03/2019, n. 7197, Cass. 13/08/2015, n. 16804 e Cass. Sez. U., 13/06/2011, n. 12898), deve ritenersi che la validita’ della notifica mediante consegna a mani proprie anche in presenza di elezione di domicilio sia sorretta da ampia e prevalente giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 25/01/2023, n. 2303; Cass. 22/06/2018, n. 16554; Cass. 26/02/2016, n. 3795; Cass. 24/09/2015, n. 18936; Cass. 26/03/2014, n. 7059; Cass. 07/10/2011, n. 2057; Cass. 09/07/2010, n. 16234; Cass. 13/05/2009, n. 10961; Cass. 20/04/2007, n. 9381; Cass. 09/03/2007, n. 5504).

Tale principio, del resto, e’ speculare a quello sostenuto anche dalla prevalente giurisprudenza della Corte sul connesso tema della notifica dell’atto di appello a mani proprie, pur in presenza di elezione di domicilio presso il difensore (in tal senso Cass. 30/05/2023, n. 15270; Cass. 09/03/2021, n. 6433; Cass. 5/03/2021, n. 6156; Cass. 2/03/2020, n. 5653; Cass. 28/10/2019, n. 27583; Cass. 13/11/2018, n. 29107; Cass. 20/01/2017, n. 1528; in precedenza Cass. 17/02/2010, n. 3746; Cass. 20/06/2008, n. 10848; Cass. 20/04/2007, n. 9381; Cass. 03/07/2003, n. 10474; in senso contrario Cass. 16/05/2019, n. 13127; Cass. 10/07/2018, n. 18104). Tale orientamento, gia’ presente in passato, si pone nel solco del citato intervento di Cass., Sez. U., n. 14916/2016, che, superando il pregresso orientamento di Cass., Sez. U., 15/12/2008, n. 29290, ha evidenziato che non esistono ragioni normative che impongano di affermare che l’articolo 17 cit. si riferisce esclusivamente alle notificazioni endoprocessuali. Deve peraltro evidenziarsi come nella giurisprudenza successiva all’intervento delle Sezioni Unite del 2016, non vi e’ mai un’espressa confutazione di tale autorevole arresto, per cui deve ritenersi l’insussistenza di un consapevole contrasto di giurisprudenza, il che esclude la necessita’ di un rinvio alle Sezioni Unite della questione, come richiesto dall’amministrazione.

2.7. La conclusione che le norme processuali del d. lgs. n. 546 del 1992 prevalgano su quelle contenute nel codice di rito anche in tema di notificazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine breve origina quindi dalla specialita’ del processo tributario di merito ed e’ diretta conseguenza dei principi affermati dalle predette Sezioni Unite (Cass. n. 8053/2014 e Cass. n. 14916/2016, che ha espressamente precisato che l’articolo 17 e’ norma che regola tutte le notificazioni e non solo quelle endoprocessuali).

Tale conclusione inoltre trova conferma nella recente Cass., Sez. U., 11/07/2022, n. 21884, la quale, pur focalizzando l’attenzione sulla questione della notifica effettuata ad ufficio periferico dell’ente impositore, per affermarne l’idoneita’ ai fini della decorrenza del termine breve, ha svolto alcune considerazioni che, vista la loro stretta conseguenzialita’ col tema specifico ad essa posto dall’ordinanza interlocutoria, assumono rilevanza ugualmente nomofilattica.

Essa, in parte motiva, evidenzia, con riferimento al primo aspetto, come –L’originaria formulazione della disposizione addossava alle parti “l’onere di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti a norma dell’articolo 137 c.p.c. e segg.”; incombente che, nel presupporre la necessaria intermediazione dell’ufficiale giudiziario, si reputava volto alla “salvaguardia di esigenze di certezza e sicurezza messe a presidio della formazione del giudicato formale sulla sentenza” (Cass. 28 giugno 2018, n. 16554). Il legislatore della novella del 2010 ha inteso, invece, operare un espresso richiamo all’articolo 16 proc. trib. quanto all’onere delle parti “di provvedere direttamente alla notificazione della sentenza alle altre parti” e tanto, quindi, non solo avvalendosi delle forme previste dal codice di procedura civile, ma anche facendo ricorso alle fattispecie di notificazione c.d. diretta consentite dal comma 3 dello stesso articolo 16; in relazione al secondo aspetto, come dalla chiara formulazione dell’articolo 17, in coerenza con l’assetto innanzi rammentato, si trae pianamente che, nel processo tributario, rispetto alla notificazione della sentenza di primo grado da eseguirsi nel domicilio eletto dalla parte (ovvero, in mancanza di elezione di domicilio, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte stessa), prevale, comunque, la facolta’, alternativa, di eseguire la notificazione con “consegna in mani proprie”, quale modalita’ che, pertanto, risulta idonea a far decorrere il termine c.d. “breve” per l’impugnazione di cui al citato articolo 38.

2.8. La predetta conclusione appare conforme all’opinione di autorevole dottrina che ha evidenziato, in estrema sintesi, come nel processo tributario il destinatario dell’attivita’ di notifica non sia il difensore, come nel codice di rito, bensi’ la parte, eventualmente nel domicilio eletto; l’esistenza di un procuratore e’ irrilevante e cio’ che conta e’ solo l’eventuale elezione di domicilio.

2.9. Occorre a questo punto valutare la tenuta di tali principi alla luce di Cass., Sez. U., 30/09/2020, n. 20866, invocata dall’Agenzia, al fine di sostenere che la notifica della sentenza, invece, in presenza di elezione di domicilio presso il procuratore, vada sempre fatta a quest’ultimo (su tale arresto delle Sezioni Unite si fonda, in ambito tributario, Cass. 25/05/2021, n. 14234, che ha ritenuto necessaria l’indicazione onomastica del funzionario difensore); come e’ noto in tale intervento, la Corte ha evidenziato la necessita’ della notifica della sentenza al procuratore costituito, in quanto solo quest’ultima e’ in grado di garantire il diritto di difesa della parte destinataria della notifica, in ragione della competenza tecnica dell’avvocato nella valutazione dell’opportunita’ della condotta processuale piu’ conveniente da porre in essere ed in relazione agli effetti decadenziali derivanti dall’inosservanza del termine breve di impugnazione; la notifica deve essere quindi in modo univoco rivolta a tale fine acceleratorio e percepibile come tale dal destinatario.

Appare evidente che pero’ tali argomentazioni sono riferite esclusivamente al contesto normativo del processo ordinario.

Corte Cost. n. 18 del 2000, richiamando anche Corte Cost. n. 682 del 1996, ha evidenziato che non esiste affatto un principio (costituzionalmente rilevante) di necessaria uniformita’ di regole processuali tra i diversi tipi di processo in quanto i diversi ordinamenti processuali ben possono differenziarsi sulla base di una scelta razionale del legislatore, derivante dal tipo di configurazione del processo e dalle situazioni sostanziali dedotte in giudizio (…), anche in relazione all’epoca della disciplina e alle tradizioni storiche di ciascun procedimento.

Questa Corte (Cass. 24/09/2015, n. 18936), sempre in relazione alla idoneita’ della notifica a mani proprie presso ufficio periferico, nell’affermare il carattere derogatorio del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17 rispetto all’articolo 170 c.p.c., ha in motivazione anche escluso sia il dubbio di incompatibilita’ comunitaria prospettato in quella sede dall’Agenzia delle entrate, evidenziando l’applicabilita’ della disposizione indifferentemente ad entrambe le parti del processo tributario, sia la sussistenza di un vulnus al principio di eguaglianza e di effettivita’ dell’esercizio del diritto di difesa ex Cost., articoli 3 e 24, tenuto conto che le varie forme di notifica sono tutte egualmente funzionali, secondo un canone di ragionevolezza, ad assicurare all’Amministrazione finanziaria l’effettiva conoscenza della sentenza pronunciata all’esito del giudizio, ai fini del tempestivo apprestamento dell’atto di impugnazione.

2.10. In sintesi, l’affermata specialita’ del d. lgs. n. 546 del 1992, articolo 16 e dell’articolo 17, applicabili anche in tema di notificazione della sentenza ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare, in quanto richiamati dall’articolo 38, ricavabile dalla sua interpretazione letterale e sistematica, rispetto alla disciplina generale del codice di rito, nei termini chiaramente espressi dalle Sezioni Unite del 2016 e richiamati nel 2022, in assenza di alcuna innovazione legislativa e alla luce dei contributi resi dalla dottrina sul punto, non sembra revocabile in dubbio e merita pertanto di essere ribadita, in assenza di alcuna innovazione nella normativa di riferimento ne’ di alcuna nuova argomentazione in senso consapevolmente contrario, rinvenibili nella giurisprudenza successiva.

Va quindi ribadito il principio per cui nel processo tributario la notificazione della sentenza di primo grado alla controparte ai fini della decorrenza del termine breve per appellare di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 51, comma 1, deve essere effettuata, anche in presenza di procuratore costituito, ai sensi degli articoli 16 e 17 del medesimo decreto, richiamati dall’articolo 38.

3. Cio’ premesso, occorre precisare che non appare condivisibile l’assunto del Procuratore generale, secondo cui nel caso di specie non ricorrano gli effettivi elementi necessari perche’ si abbia la notificazione tramite ufficiale giudiziario con consegna a mani proprie di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17, comma 1, idonea a consentire valida notifica pur in presenza di elezione di domicilio, in quanto la disposizione non sarebbe applicabile agli enti, citandosi a supporto alcuni arresti di questa Corte relativi alle societa’ di capitali (in particolare Cass. 12/11/2004, n. 21514 e Cass. 15/11/2017, n. 27050, che ritengono che la consegna a mani proprie sia un’eccezione non estensibile alle societa’ di capitali che, per definizione, possono ricevere gli atti soltanto a mezzo di altre persone, sia pure da esse dipendenti o incaricate), doglianza del resto neanche prospettata originariamente dall’Agenzia ricorrente.

3.1. Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, la notifica di cui all’articolo 17, comma 1, mediante consegna a mani proprie, che deve considerarsi rituale anche in presenza di una elezione di domicilio, e’ piu’ ampia della notificazione a mani proprie di cui all’articolo 138 c.p.c. dovendo identificarsi anche con tutte le altre notificazioni ex articolo 140 c.p.c. o a mezzo del servizio postale, a seguito delle quali l’atto venga comunque consegnato a mani del destinatario della notificazione (in tale senso Cass. 25/03/2002, n. 4274; Cass. 8/11/2002, n. 15697; Cass. 3/07/2003, n. 10474; Cass. 18/06/2004 n. 11423; Cass. 6/07/2004, n. 12395; Cass. 20/04/2007, n. 9381; nonche’ tutta la giurisprudenza richiamata nel prosieguo), pena la irrilevanza della differente forma lessicale utilizzata.

La differenza tra la nozione di notifica a mani proprie, come prevista nell’ordinamento processualcivilistico, e quella di –consegna a mani proprie, concetto piu’ ampio e idoneo a ricomprendere anche i casi di notifica diretta, senza il ministero dell’ufficiale giudiziario o di altro soggetto equiparato, trova riscontro nell’interpretazione storica del regime del Decreto del Presidente della Repubblica n. 636 del 1972, articolo 39 (articolo abrogato dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 71, a far data dall’insediamento delle commissioni tributarie provinciali e regionali), che comportava l’applicabilita’ al processo tributario delle disposizioni processuali civilistiche espressamente richiamate, imponendo comunque una valutazione di compatibilita’ delle singole norme del codice di procedura civile con quelle che disciplinavano il contenzioso tributario (cfr. Cass. 15/05/2013, n. 11621 e l’ampia giurisprudenza in essa richiamata).

E’ vero che questa Corte in molteplici occasioni ha precisato che l’espressione mani proprie deve essere oggetto di una stretta interpretazione letterale, imposta dalla natura processuale speciale della norma, ed e’ quindi da riferire esclusivamente alla parte; solo su tale presupposto, la consegna in mani proprie della parte rappresenta la modalita’ di comunicazione e notificazione di atti e provvedimenti alla quale si puo’ sempre ricorrere, pur in presenza di un’elezione di domicilio.

Tale affermazione di principio e’ stata declinata in vari modi, talvolta escludendosi in radice l’ammissibilita’ di una consegna a mani proprie nei confronti della societa’ contribuente (come negli arresti citati dal PG), talaltra ritenendola astrattamente ammissibile ma necessario che in casi siffatti la consegna avvenisse a mani del legale rappresentante della societa’ (Cass. 09/03/2007, n. 5504; Cass. 20/12/2012, n. 23571); in alcune pronunce il principio e’ stato esteso ad alcuni specifici enti impositori (Cass. 26/03/2014, n. 7059 ha escluso che fosse a mani proprie la notifica al consorzio di bonifica effettuata a mani del portiere) o al concessionario della riscossione avente forma societaria (Cass. 11/11/2016, n. 23055 per Equitalia s.p.a.; Cass. 15/11/2017, nn. 27031, 27032, 27033, 27034 e 27035 nonche’ Cass. 19/01/2018, n. 1304, per Geset Italia s.p.a.).

3.2. Ritiene la Corte che tali considerazioni pero’ non possano valere nel caso di specie ove la notificazione e’ stata effettuata nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.

In primo luogo, il ragionamento effettuato in tema di societa’ di capitali non appare agevolmente estensibile all’amministrazione statale e alle agenzie fiscali.

Esistono infatti strutturali differenze tra l’organizzazione corporativa delle persone giuridiche di diritto privato e la struttura organizzativa delle amministrazioni pubbliche di cui al d. lgs. n. 165 del 2001, articolo 1, comma 2.

E’ sufficiente osservare che nella struttura privatistica delle persone giuridiche il potere rappresentativo e’ attribuito dai componenti dell’ente a un soggetto specificamente individuato e alla condizione che tale indicazione sia adeguatamente pubblicizzata (Registro delle Imprese). Nel sistema della pubblica amministrazione, l’attribuzione della rappresentanza dell’ente a un soggetto persona fisica non puo’ ritenersi altrettanto esclusiva, non solo per l’esistenza di norme derogatorie a tale ipotetica esclusivita’, ma in via piu’ generale per l’esistenza del precetto di buona amministrazione di cui alla Cost., articolo 97, in forza del quale esiste una soggettivita’ diffusa dell’ente pubblico, cui fa da riscontro il dovere del singolo dipendente pubblico di farsi carico della trasmissione dell’atto ricevuto dall’ufficio interno dell’amministrazione effettivamente competente. Un dovere che, con ogni evidenza, non e’ rinvenibile nell’ambito del diritto privato in tema di rappresentanza delle persone giuridiche.

Del resto, la previsione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 16, comma 3, ultima parte, che legittima il contribuente alla notifica mediante consegna diretta presso gli uffici dell’ente impositore, ritiene espressamente sufficiente la consegna a mani dell’impiegato addetto, evidentemente sul presupposto di un obbligo di trasmissione (Cass. 12/05/2021, n. 12517, da ultima, ha ritenuto infatti che ai fini del decorso del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza puo’ essere fatta alla parte personalmente soltanto mediante consegna a mani di quest’ultima, da effettuarsi, ove il destinatario sia l’amministrazione finanziaria, mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia).

In tal senso militano peraltro le considerazioni di altro autorevole arresto delle Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 14/02/2006, n. 3116); chiamata a pronunciarsi sulla questione della successione delle agenzie fiscali e sulla legittimazione degli uffici periferici, la Corte ha optato per un modello diffuso di legittimazione che ritiene dotati di potere rappresentativo, ai fini processuali, non solo il direttore dell’agenzia centrale ma anche le agenzie periferiche.

In tal senso opera anche il principio di effettivita’ della tutela giurisdizionale, che impone di interpretare le norme processuali in senso favorevole alla loro finalita’ che, nel caso in esame, e’ quella, in generale, di garantire la speditezza dell’iter processuale, specie in presenza, come nella specie, di norme di legge (articolo 17 d. lgs. n. 546 del 1992) che espressamente derogano alle regole generali codicistiche; e, in particolare, in tema di notificazione della sentenza, di agevolare la formazione del giudicato.

Deve quindi concludersi sul punto che non esiste alcuna ragione per ritenere sussistente alcun vincolo derivante dalla normativa positiva di esclusiva identificazione dell’ente impositore o di riscossione con il suo legale rappresentante, sussistendo semmai un argomento letterale in senso diametralmente opposto.

3.3. Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto: –nel processo tributario, la notificazione della sentenza di primo grado, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, effettuata dall’ufficiale giudiziario presso la sede a mani dell’impiegato addetto, e’ idonea ai fini della decorrenza del termine breve per appellare di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 51, comma 1, pur in presenza di elezione di domicilio presso il procuratore del libero foro, in quanto il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 17 fa comunque salva, anche in caso di elezione di domicilio, la validita’ della consegna a mani proprie.

4. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va, dunque, rigettato, poiche’ nella specie la CTR ha correttamente ritenuto l’inammissibilita’`, per tardivita’, dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate Riscossione sul presupposto della idoneita’ della notificazione a mani della stessa a far decorrere il termine breve di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 51, comma 1, di sessanta giorni.

5. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Non vi e’ provvedere sulle spese di lite in considerazione del mancato svolgimento di attivita’ difensiva del contribuente, rimasto intimato.

Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, in virtu’ del Decreto Legge n. 30 del 2003/2023, n. 34, articolo 22, conv. nella l. 26/05/2023, n. 56, in vigore dal 31/03/2023, che ha modificato il Decreto Legge 2/03/2012, n. 16, articolo 12, comma 5, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 30/05/2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla l. 24/12/2012, n. 228, articolo 1, comma 17, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.