Corte di Cassazione – Sentenza n. 20685 del 9 agosto 2018

SENTENZA

sul ricorso 7285/2017 proposto da:

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI GENOVA;
– ricorrente –

contro

(OMISSIS);
– controricorrente –

e contro

CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
– intimati –

avverso la sentenza n. 396/2016 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 31/12/2016;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/07/2018 dal Consigliere FRANCO DE STEFANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

uditi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) per delega orale dell’avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Genova ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza n. 396 del 31/12/2016, con cui il Consiglio Nazionale Forense ha accolto, ritenutolo tempestivo, il ricorso dell’avv. (OMISSIS) Q. avverso la decisione del 03/04/2014, con cui il ricorrente Consiglio gli aveva irrogato la sanzione disciplinare della cancellazione in relazione ad illeciti (plurime violazioni del dovere di correttezza e lealta’ – di cui agli articoli 6-22 cod. deont. – e probita’, di cui all’articolo 5 del cod. deont.; uso di espressioni sconvenienti o offensive, oltre che calunniose, in violazione degli articoli 20-22 cod. deont.; violazione dei doveri scaturenti dai rapporti con i praticanti, di cui all’articolo 26, comma 3, cod. deont.; violazione dei doveri di correttezza e lealta’ nei rapporti con gli arbitri, ai sensi dell’articolo 54 cod. deont.; il tutto come da capo di incolpazione notificato al (OMISSIS) il 10/12/2008 al suo studio di (OMISSIS) ed il 29/12/2008 al suo studio di New York) commessi in (OMISSIS) dal 2004 al 2006 e ricondotti ad un articolato e complesso contenzioso giudiziale, che aveva contrapposto lui e la sua consorte al Condominio genovese ove abitavano in (OMISSIS) ed interessato, tra gli altri, gli avv. (OMISSIS) e (OMISSIS), a seguito dell’archiviazione, il 12/01/2006, da parte del Consiglio dell’Ordine dell’esposto presentato dallo stesso (OMISSIS) contro il (OMISSIS) e dalla contestuale delibera di avvio ufficioso di indagine disciplinare nei confronti del primo.

2. La decisione di primo grado, depositata il 13/01/2015, era stata preceduta dalla notificazione, a mezzo posta elettronica certificata, il 04/03/2014 dell’atto di citazione per l’udienza dibattimentale del 03/04/2014, alla quale il (OMISSIS) peraltro non si era presentato ed all’esito della quale era stata comminata la sanzione della cancellazione; ma la relativa decisione era stata poi impugnata al Consiglio Nazionale Forense con quattro motivi e, per quel che qui ancora rileva, innanzitutto con doglianza di inesistenza o nullita’ della notificazione della decisione stessa, siccome eseguita a mezzo p.e.c. anziche’ con il procedimento di notificazione previsto dal R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articolo 50, (e articolo 31 Reg. CNF 21/02/2014, n. 2), nonche’ – poi – per prescrizione dell’azione disciplinare, essendo il termine di cinque anni (di cui alla precedente legge professionale, siccome piu’ favorevole all’incolpato), il cui dies a quo si indicava nel giorno 08/11/2008, elasso al momento della pronuncia della decisione, nonche’ infine con censura di eccessivita’ dei tempi del procedimento e del difetto di motivazione o della carenza di prova sulla ritenuta sussistenza degli illeciti disciplinari ascrittigli.

3. Il Consiglio Nazionale Forense, ritenendo assorbiti gli altri, accolse i primi due motivi:

– l’uno, perche’ qualifico’ inesistente – e come tale inidonea a far decorrere il termine di venti giorni per l’impugnazione al Consiglio Nazionale Forense R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, ex articolo 50, comma 2, – la notificazione a mezzo p.e.c. della notifica della decisione, in quanto appunto non avvenuta a mezzo di ufficiale giudiziario, in violazione del tenore testuale del Regio Decreto n. 37 del 1934, articolo 46, comma 2: ritenendo, in particolare, applicabile il Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16 bis, ai soli procedimenti civili, ma rilevando la carenza di attestazione di conformita’ prescritta dall’articolo 16 undecies del medesimo D.L.;

– l’altro, ritenendo applicabile alla fattispecie il R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articoli 51 e 45, e il Regio Decreto n. 37 del 1934, articolo 47, e, in base ad essi, suscettibile di interruzione il termine prescrizionale soltanto con un atto di impulso del procedimento disciplinare ed elasso il medesimo (di cinque anni) per essere stato notificato il decreto di citazione a giudizio il 04/03/2014, nonostante la comunicazione all’interessato dell’apertura del procedimento avesse avuto luogo il 10/12/2008.

4. Disposta, con ordinanza interlocutoria 31/07/2017, n. 18992, la rinnovazione della notifica al (OMISSIS) entro i quaranta giorni successivi e a tanto avendo ottemperato il ricorrente Consiglio il 06/09/2017 con deposito della relativa documentazione il 19/09/2017, l’intimato notifica addi’ 11/10/2017 controricorso, con cui contesta in rito e nel merito l’avverso ricorso; e’, infine, depositata dal ricorrente memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., sicche’, rinnovata pure la comunicazione al controricorrente dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione orale, a quella del 17/07/2018 compaiono i difensori del ricorrente e del controricorrente.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va in via preliminare riscontrato che e’ stata data rituale ottemperanza all’ordine di rinnovazione del ricorso (impartito con la richiamata ordinanza interlocutoria n. 18992/17), essendo in atti la relata di notifica ai sensi dell’articolo 139 c.p.c., a mani del portiere e, stavolta, con indicazione dell’avvenuta spedizione dell’avviso previsto da tale norma: cio’ che comporta la sanatoria dell’originaria nullita’ della prima notifica, con effetto ex tunc in base a principi generali del diritto processuale civile pure richiamati nella ricordata ordinanza interlocutoria, tanto da qualificare rituale la proposizione del ricorso per cassazione, oltretutto gia’ regolarmente notificato ad almeno un altro dei litisconsorti necessari e cosi’ respinta la relativa eccezione del controricorrente.

2. D’altro lato, va pure definitivamente ribadita l’inammissibilita’ del ricorso nei confronti del Consiglio Nazionale Forense, al quale oltre che al Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione ed all’incolpato – esso e’ stato notificato, visto che il Consiglio Nazionale Forense e’ il giudice che ha emesso la decisione qui impugnata e, per definizione, non puo’ essere parte del procedimento di impugnazione (tra moltissime: Cass. Sez. U. 24/01/2013, n. 1716; Cass. Sez. U. 22/07/2016, n. 15207; Cass. Sez. U. 02/12/2016, n. 24647).

3. Cio’ posto, il ricorrente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ricordato che la comunicazione a mezzo p.e.c. della decisione da quello resa all’esito della fase amministrativa aveva avuto luogo il 22/01/2015, mentre il ricorso al Consiglio Nazionale Forense era stato notificato soltanto il 07/04/2015 – si duole, col primo motivo, di falsa applicazione del R.Decreto Legge n. 37 del 1934, articolo 46, e del Decreto Legge 179 del 2012, articolo 16, nonche’ di violazione della L. n. 890 del 1982, articolo 12, L. n. 265 del 1999, articolo 10, e Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 48, censurando la ritenuta irrilevanza, ai fini del decorso del termine per impugnare la decisione del COA stesso, della sua comunicazione a mezzo posta elettronica certificata, in luogo della notifica a mezzo ufficiale giudiziario.

4. A questo riguardo, il ricorrente Consiglio sostiene che la risalente norma del 1934, benche’ effettivamente fatta salva nell’ambito dell’ordinamento della professione di avvocato L. n. 179 del 2009, ex articolo 1, e relativa tab. A, debba comunque assoggettarsi alle modifiche normative intervenute, attesa la pacifica natura amministrativa della prima fase del procedimento disciplinare e quella di provvedimento amministrativo della decisione adottata dal COA a conclusione di quella: sicche’ ad essa va applicata la disciplina per la notifica degli atti amministrativi, ricavabile da numerose norme specificamente a tanto destinate (L. n. 890 del 1982, articolo 12, come novellato dalla L. n. 265 del 1999, articolo 10; Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 2 – comma 2 – e articolo 48, e succ. mod. e integr.), con la conseguenza che il COA ben puo’ provvedere direttamente alla notifica dei propri atti anche mediante posta elettronica certificata, tale ultima modalita’ essendo in ogni modo equiparata per legge alla notifica per ufficiale giudiziario o a quella eseguita a mezzo posta, fatti salvi i casi in cui tale facolta’ sia esplicitamente esclusa.

5. Da tale premessa, dedotta ulteriormente l’irrilevanza di violazioni di norme, come l’articolo 16 – indicandone l’ultimo comma della legge (ma, recte, D.L.) n. 179 del 2012, perche’ dettate per i procedimenti civili e non per quelli amministrativi quale deve definirsi la prima fase del procedimento disciplinare, il ricorrente Consiglio ricava la tardivita’ del ricorso al Consiglio Nazionale Forense dell’avv. (OMISSIS), poiche’ avrebbe dovuto computarsi il termine – di cui al R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articolo 50, – dalla notifica o comunicazione a mezzo p.e.c. della decisione conclusiva della ripetuta prima fase.

6. Nel controricorso, l’avv. (OMISSIS) controbatte al primo motivo con ampie argomentazioni mediante le quali insiste, alla stregua della disciplina previgente ed ai fini del decorso del termine per impugnare la decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, sull’insostituibilita’ della notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario e sull’insufficienza di una mera comunicazione, sia pure a mezzo p.e.c., della decisione disciplinare; e deducendo altresi’ che la notificazione a mezzo p.e.c. avrebbe avuto bisogno di requisiti formali (come la firma digitale e la relata con asseverazione di conformita’ all’originale), invece del tutto mancanti nella specie.

7. Il primo motivo di ricorso e’ fondato, con assorbimento del secondo (di violazione del R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articoli 45, 50 e 51, con censura alla ritenuta insussistenza di idonei atti interruttivi del termine prescrizionale).

8. Va premesso che la comunicazione della decisione dell’organo che definisce la fase amministrativa del procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati – e quindi, attualmente, del Consiglio distrettuale di disciplina – e’ oggi regolata dall’articolo 31 del Regolamento 21 febbraio 2014, n. 2, adottato dal Consiglio Nazionale Forense ai sensi della L. 31 dicembre 2012, n. 247, articolo 50, comma 5, in materia di “procedimento disciplinare”, ai sensi del quale (rubricato “notificazione della decisione”) “copia integrale del provvedimento e’ notificata, anche via pec, a cura della segreteria del Consiglio distrettuale di disciplina: a) all’incolpato nel domicilio professionale o in quello eventualmente eletto;…”; pertanto, de futuro non vi e’ piu’ questione sulla piena legittimita’ di una trasmissione del provvedimento a mezzo p.e.c., attesa l’espressa previsione di tale forma di comunicazione nel testo stesso della norma.

9. Alla fattispecie deve invece trovare applicazione la previgente normativa del Regio Decreto 22 gennaio 1934, n. 37, articolo 46, comma 2, (“norme integrative e di attuazione del R.Decreto Legge 27 novembre 1933, n. 1578, sull’ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore”), ai sensi del quale le notificazioni previste dal medesimo regio decreto e del R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, sono eseguite a mezzo ufficiale giudiziario; mentre l’articolo 50, di tale ultimo R.Decreto Legge prevede appunto che le decisione dell’organo di prima istanza siano notificate, tra gli altri, appunto all’interessato.

10. Non essendo insorta questione anche sull’applicabilita’ o meno al procedimento disciplinare in corso della normativa sopravvenuta (di contenuto e funzione procedimentale e per la quale non infondatamente potrebbe sostenersi l’applicazione del generale principio tempus regit actum, tenuto conto che il Regolamento del CNF e’ stato adottato il 21/02/2014 ed e’ entrato in vigore – ai sensi del suo articolo 39 – in data 01/01/2015, in relazione alla comunicazione della decisione del CNF depositata il 31/12/2016 ed eseguita in data 22/01/2015), va allora verificato se, per la disciplina previgente e benche’ applicabile ormai soltanto de praeteritu, la comunicazione a mezzo p.e.c. della decisione del COA sia un valido equipollente della notifica a mezzo ufficiale giudiziario ai fini dell’attivazione del termine perentorio per l’impugnazione al Consiglio Nazionale Forense.

11. Ritengono queste Sezioni Unite che al quesito debba darsi risposta affermativa.

12. Effettivamente, puo’ condividersi – se del caso integrata come appresso – l’impostazione del ricorrente Consiglio dell’Ordine lungo questo lineare percorso argomentativo:

– nella prima fase, il procedimento disciplinare nei confronti degli avvocati ha natura amministrativa e si conclude allora ed appunto con un atto che ha forma, natura e sostanza di provvedimento amministrativo, nonostante esso sia il presupposto di un successivo procedimento che solo dall’impugnazione assume natura e funzione propriamente giurisdizionali;

– alla notificazione degli atti giudiziari – cui puo’ equipararsi per l’evidente finalita’ lato sensu giustiziale, nonostante la natura amministrativa del procedimento, ogni atto preparatorio e quello conclusivo della fase dinanzi al Consiglio dell’Ordine – da parte degli enti pubblici rientranti nel concetto di Pubblica Amministrazione si procede normalmente a mezzo posta;

– all’utilizzo della posta tradizionale e’ ormai equiparata la posta elettronica certificata, sicche’ la notificazione dei provvedimenti resi da detti enti pubblici puo’ legittimamente eseguirsi, in luogo e con gli stessi effetti della posta tradizionale, mediante comunicazione a mezzo posta elettronica certificata;

– la prescrizione, richiamata dal Consiglio Nazionale Forense per escludere la validita’ della comunicazione, sulla necessaria menzione della conformita’ e’ dettata per il procedimento civile e non e’ applicabile al procedimento amministrativo al cui esito e’ pronunciata la decisione del Consiglio dell’Ordine.

13. Ed invero, occorre premettere che la fase dinanzi al Consiglio dell’Ordine e’ da sempre pacificamente qualificata amministrativa (tra le tante e per limitarsi alle piu’ recenti, v. Cass. Sez. U. 27/12/2017, n. 30992; sia pure ai fini dell’esclusione dell’effetto sospensivo della prescrizione: v. Cass. Sez. U. 16/11/2015, n. 23364 – con richiamo a Cass. Sez. U. 13/02/1999, n. 58, 10/05/2001, n. 187, 02/04/2003, n. 5072, 10/11/2006, n. 24094 – oppure Cass. Sez. U. 20/09/2013, n. 21591).

14. Al contempo, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati non poteva e non puo’ che definirsi ente pubblico (Cass. Sez. U. 24/06/2009, n. 14812) non economico (Cass. Sez. U. ord. 12/03/2008, n. 6534) e, in quanto tale, da sussumersi entro la generale previsione del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 1, comma 2, (“norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) e, specificamente, nella nozione di “enti pubblici non economici… locali” ivi definita.

15. Deve quindi trovare applicazione la L. 20 novembre 1982, n. 890, articolo 12, comma 1, come modificato dalla L. 3 agosto 1999, n. 265, articolo 10, comma 5, a norma del quale “le norme sulla notificazione degli atti giudiziari a mezzo della posta sono applicabili alla notificazione degli atti adottati dalle pubbliche amministrazioni di cui al Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, articolo 1, comma 2, e successive modificazioni, da parte dell’ufficio che adotta l’atto stesso”.

16. Ancora, effettivamente la medesima L. n. 265 del 1999, articolo 10, comma 1, abilita le pubbliche amministrazioni appena richiamate (e quindi pure il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati) ad avvalersi, per le notificazioni dei propri atti, anche del servizio postale o delle altre forme di notificazione previste dalla legge e perfino, in mancanza, dei messi comunali.

17. Pertanto, per il Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, articolo 48, primi due commi, (il primo dei quali come modificato dal Decreto Legislativo 30 dicembre 2010, n. 235, articolo 33, comma 1):

– da un lato “la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con le regole tecniche adottate ai sensi dell’articolo 71”;

– dall’altro lato, “la trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta”.

18. Inoltre, la norma in esame specifica che l’intero corpus normativo del Decreto Legislativo 82 del 2005 (c.d. codice dell’amministrazione digitale) si applica proprio pure agli enti pubblici non economici, in virtu’ del rinvio espresso operato dal Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 2, comma 2, articolo 1, comma 2.

19. Infatti, e’ il progressivo – ed appena tratteggiato – sviluppo dell’intero contesto normativo ad interagire con la previsione originaria del Regio Decreto n. 37 del 1934, imponendone un’interpretazione evolutiva che consenta la piena equiparazione tra le forme di notificazione tradizionali e quelle possibili in virtu’ non solo delle nuove tecnologie, ma soprattutto delle innovazioni normative che queste valorizzano,

adeguando l’ordinamento al progresso tecnico e scientifico; ed in tale contesto era legittimo che chiunque, benche’ fosse rimasta ancora formalmente intatta la previsione originaria che privilegiava la notificazione a mezzo ufficiale giudiziario per le esigenze di certezza e genuinita’ degli atti da rendere noti (ed in relazione alle sole garanzie conosciute erogabili al tempo dell’entrata in vigore della norma), potesse attendersi l’utilizzo delle alternative validamente formate alla stregua delle novelle legislative.

20. Ne’ giova al controricorrente il rilievo sulla carenza di “attestazione di conformita’ prescritta dall’articolo 16 undecies, del succitato D.L.” (e quindi del Decreto Legge n. 179 del 2012), adietto incidentalmente dalla gravata sentenza a mo’ di ulteriore argomento a sostegno dell’inesistenza della notifica.

21. Quell’argomento e’ riferito ad una norma che in effetti regola esclusivamente il processo civile e le notifiche eseguite direttamente dagli avvocati, sicche’, risolvendosi la fase dinanzi al Consiglio dell’Ordine – e, ora, dinanzi al Consiglio distrettuale di disciplina – in un procedimento amministrativo in senso stretto, l’argomento della qui gravata sentenza malamente postula l’applicabilita’ di una norma, la quale imporrebbe un gravoso requisito formale, al di fuori del suo campo di applicazione: ed e’ quindi manifestamente errato o, ad ogni buon conto, non applicabile alla fattispecie in esame.

22. Ad ulteriore sostegno di tali conclusioni favorevoli all’odierno ricorrente va poi ulteriormente sottolineato che il procedimento – e non gia’, si badi, il processo (retto da regole sue proprie) amministrativo telematico costituisce un approdo irrinunciabile dell’ordinamento proprio in base al piu’ volte citato d.lgs. 82 del 2005, di recente ulteriormente emendato col Decreto Legislativo 26 agosto 2016, n. 179, di pieno adeguamento dell’ordinamento interno al Regolamento UE n. 910/2014 del 23 luglio 2014 (del Parlamento Europeo e del Consiglio, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno, che abroga la Direttiva 1999/99/CE; entrato in vigore il 1 luglio 2016), in base al quale puo’ affermarsi quale principio generale (articolo 41) che “le pubbliche amministrazioni gestiscono i procedimenti amministrativi utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nei casi e nei modi previsti dalla normativa vigente”.

23. E corollario ulteriore e’ che, ove non sia anzi espressamente imposta, ogniqualvolta sia tecnicamente possibile e non vietata in modo espresso da specifiche disposizioni di legge o almeno imposta da esigenze derogative affatto peculiari, la modalita’ di gestione informatica o telematica di ogni fase del procedimento amministrativo – e quindi anche quella della sua comunicazione agli interessati costituisce oggetto di un autentico dovere comportamentale per la pubblica amministrazione (secondo la definizione di cui sopra, da cui vanno esclusi, tra gli altri, gli Enti pubblici economici), anche ai sensi dell’articolo 97 Cost.: ben potendo ricondursi al buon andamento dell’azione amministrativa gli intuitivi recuperi di economicita’ ed efficacia – oltre a quello, che in questa sede peraltro rileva in modo minore, di trasparenza quanto ad imparzialita’ – conseguibili con l’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

24. Da tanto deve inferirsi che, correlativamente, ottemperato dalle pubbliche amministrazioni all’obbligo di gestione informatica dei procedimenti mediante l’impiego delle tecnologie informatiche in tutte le fasi della procedura, all’attivita’ posta in essere con l’uso dell’informatica va riconosciuta la stessa efficacia di quella compiuta coi mezzi tradizionali, ovvero analogici o comunque diversi da quelli informatici: cio’ in cui puo’ tradursi, sia pure a grandi linee, il c.d. “principio di non discriminazione” dell’atto informatico, inteso peraltro in senso lato, affermato in modo espresso dal gia’ citato Regolamento UE del 2014, ma che puo’ dirsi oramai immanente nell’ordinamento in base gia’, se non ai suoi principi generali interpretati evolutivamente, almeno anche alle norme del piu’ volte richiamato Decreto Legislativo n. 82 del 2005.

25. Al riguardo, la piu’ recente novella ha solo puntualizzato alcuni tra gli aspetti ancora controversi sul punto, come quelli in ordine all’efficacia ed alla valenza probatoria degli atti e delle firme; e del resto non avrebbe altro senso l’adeguamento del sistema normativo alle innovazioni tecnologiche, che ormai sono divenute di uso e pratica comuni, se a queste non si riconoscesse un’efficacia almeno pari alle tecniche tradizionali, prime fra tutte a quelle sulla stessa espressione della volonta’ e sulla trasmissione di atti o documenti.

26. Ma, quale argomento dirimente ed a confutazione definitiva delle obiezioni del controricorrente, deve ricordarsi che la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarita’ dell’attivita’ giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione: sicche’ e’ inammissibile l’impugnazione con cui si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. 18/12/2015, n. 26831; Cass. Sez. U., 08/05/2017, n. 11141, p. 6 delle ragioni della decisione).

27. In altri termini, va anche alla fattispecie applicato il generale principio di diritto processuale, elaborato da questa Corte (Cass. 22/02/2016, n. 3432; Cass. 24/09/2015, n. 18394; Cass. 16/12/2014, n. 26450; Cass. 13/05/2014, n. 10327; Cass. 22/04/2013, n. 9722; Cass. 19/02/2013, n. 4020; Cass. 14/11/2012, n. 19992; Cass. 23/07/2012, n. 12804; Cass. 09/03/2012, n. 3712; Cass. 12/09/2011, n. 18635; Cass. Sez. U. 19/07/2011, n. 15763; Cass. 21/02/2008, n. 4435; Cass. 13/07/2007, n. 15678), per il quale nessuno ha diritto al rispetto delle regole del processo in quanto tali, ma solo se, appunto in dipendenza della loro violazione, ha subito un concreto pregiudizio.

28. Ora, il riferimento alla notifica a mezzo ufficiale giudiziario non puo’ ritenersi attributivo di una competenza esclusiva in virtu’ di una norma speciale, idonea a sopravvivere in quanto tale all’evoluzione normativa e tecnologica degli ottanta anni successivi, non essendovi alcun motivo in astratto per configurare una minore garanzia della completezza e genuinita’, quanto ad integrita’ ed immodificabilita’ dell’atto reso noto, della forma di trasmissione di un atto e del suo contenuto al fine di garantire il pieno e consapevole esercizio diritto di difesa in ordine all’impugnazione del medesimo, ove la propalazione di quello sia avvenuta con il mezzo della p.e.c.: neppure bastando, essendo la prescrizione dettata solo per la trasmissione via posta elettronica certificata degli atti del processo civile, la mera carenza delle specifiche attestazioni (del resto, anche solo a stampa, ove provenienti dall’ufficio) di provenienza e simili da apporre all’atto comunicato o notificato o, comunque, trasmesso.

29. Inoltre e ad ogni buon conto, neppure in concreto si e’ dedotta dal destinatario di tale forma di comunicazione – adottata in luogo della notificazione, sola ad essere esplicitamente menzionata dalla normativa del 1934 – la violazione di una specifica norma tecnica sulla posta elettronica certificata (si badi, non di quelle per il processo civile, visto che la fase davanti al Consiglio dell’Ordine rimane amministrativa), ma soprattutto dai connotati tali da inficiare o anche solo rendere verosimilmente sospetta od incerta l’idoneita’ della specifica comunicazione eseguita ad espletare tale funzione o a rendere malagevole – o anche solo piu’ malagevole – l’esercizio del diritto di difesa rispetto alla modalita’ specificamente descritta nella norma di circa ottanta anni prima.

30. Pertanto, il primo motivo di ricorso va accolto in applicazione del seguente principio di diritto: “in tema di procedimento disciplinare a carico di avvocato e secondo la disciplina anteriore a quella di cui all’articolo 31 del Regolamento 21 febbraio 2014, n. 2 (adottato dal Consiglio Nazionale Forense ai sensi della L. 31 dicembre 2012, n. 247, articolo 50, comma 5, in materia di “procedimento disciplinare”), la disciplina di cui al Regio Decreto 22 gennaio 1934, n. 37, articolo 50, e articolo 46, comma 2, (“norme integrative e di attuazione del R.Decreto Legge 27 novembre 1933, n. 1578, sull’ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore”) va integrata con le evoluzioni delle normative in tema di notificazioni e comunicazioni da parte di enti pubblici non economici; pertanto, per il destinatario di integrale comunicazione a mezzo p.e.c. della decisione disciplinare da parte del Consiglio dell’Ordine, che si limiti a lamentarne l’irritualita’ perche’ sostitutiva della notificazione a mezzo ufficiale giudiziario (in base a normativa superata dall’evoluzione di quella in tema di facolta’ delle pubbliche amministrazioni non economiche di notificazione dei propri atti col mezzo della posta e poi di quella elettronica, normativa che avrebbe reso prevedibile per il destinatario la possibilita’ di un utilizzo di un tale equipollente) o per carenza di un’attestazione di conformita’ od altri requisiti formali previsti invece per gli atti del processo civile (e quindi inapplicabile ad un atto amministrativo, quale deve qualificarsi quello conclusivo della fase del procedimento disciplinare davanti al Consiglio dell’Ordine Forense secondo la disciplina previgente) e che comunque non ha dedotto in concreto alcuna conseguente violazione del diritto di difesa, e’ validamente iniziato a decorrere il termine per l’impugnazione”.

31. Poiche’ ritualmente il termine per l’impugnazione ha iniziato il suo decorso con la comunicazione a mezzo p.e.c., esso e’ nella specie invano elasso e l’impugnazione andava, gia’ dal Consiglio Nazionale Forense, dichiarata inammissibile per tardivita’.

32. Ne consegue la fondatezza del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo (inerente il merito dell’impugnazione, invece preclusa dalla rilevata sua tardivita’) e conseguente cassazione senza rinvio della gravata sentenza (ai sensi dell’articolo 382, comma terzo, secondo periodo, cod. proc. civ.), perche’ il processo non poteva essere proseguito, attesa la tardivita’ – calcolata appunto in base alla data della comunicazione, qui riconosciuta valida, della decisione da parte del Consiglio dell’Ordine – dell’impugnazione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense.

33.- Peraltro, l’assoluta novita’ della questione costituisce valido presupposto per statuire nel senso che le spese del presente giudizio di legittimita’ – diversamente da quelle del grado di appello, cui questi non risulta essere andato incontro – sostenute dal ricorrente, benche’ vittorioso, siano compensate.

34. Infine, per essere stato accolto il ricorso, deve darsi atto che difettano i presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: norma in forza della quale il giudice dell’impugnazione e’ vincolato, pronunziando il provvedimento che definisce quest’ultima, a dare atto della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da essa proposta, a norma del detto articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Consiglio Nazionale Forense.

Accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo.

Cassa l’impugnata sentenza e compensa le spese del giudizio di legittimita’.