Corte di Cassazione – Ordinanza n. 33378 del 30 novembre 2023

RILEVATO CHE

1. (OMISSIS) notificava alla (OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS) s.p.a., due ricorsi avverso una cartella di pagamento emessa per IVA, IRPEF ed IRAP relativa all’anno d’imposta 2003, deducendo l’omessa notifica del prodromico avviso di accertamento. La CTP di Palermo, sulla preliminare eccezione dell’agente della riscossione del difetto della propria legittimazione passiva, con ordinanza resa all’udienza di trattazione del 23 maggio 2011 ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Ente impositore da eseguirsi entro il 15 luglio 2017. Con successiva ordinanza resa all’udienza di trattazione del 21 novembre 2011, la CTP reiterava il predetto ordine. All’udienza del 26 marzo 2012, riuniti i ricorsi, disponeva l’acquisizione di informazioni presso il comune di residenza della ricorrente in merito all’esatto indirizzo di residenza della ricorrente ed onerava la (OMISSIS) s.p.a. di acquisire dall’Agenzia delle entrate la copia dell’avviso di accertamento con la prova della notifica. Con nota del 25 maggio 2012 l’Agenzia delle entrate, su istanza dell’agente della riscossione, depositava copia dell’avviso di accertamento, della relata di notifica effettuata ai sensi dell’articolo 140 c.p.c., della nota di deposito presso la casa comunale di Cinisi e del certificato di residenza della contribuente rilasciato in data 30 ottobre 2008. La CTP, quindi, pronunciava sentenza con la quale, riconosciuta preliminarmente “la estraneita’ della (OMISSIS) in quanto i motivi lamentati dal ricorrente coinvolgevano soltanto l’Ente impositore” (sentenza d’appello, pag. 2), annullava la cartella di pagamento sul presupposto del mancato completamento dell’iter notificatorio del prodromico avviso di accertamento. L’Agenzia delle entrate, ritenendosi legittimata ex articolo 100 c.p.c., essendo di fatto parte soccombente in primo grado, proponeva appello avverso la suddetta sfavorevole sentenza di primo grado. Si costituiva in giudizio l’agente della riscossione con controdeduzioni. La CTR rigettava l’appello condividendo l’operato dei giudici di primo grado sia in ordine alla ritenuta estraneita’ alla causa dell’agente della riscossione, sia in ordine alla irregolare notifica dell’avviso di accertamento “non essendo stata prodotta la prova dell’avvenuta ricezione della raccomandata con la quale era stato dato avviso alla parte dell’avvenuto deposito dell’atto presso la Casa Comunale di Cinisi”. Dichiarava, quindi, “assorbite le ulteriori domande”.

2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui replica con controricorso solo (OMISSIS) s.p.a., restando intimata la contribuente. L’Agenzia delle entrate – Riscossione, subentrata ex lege (dal 1 ottobre 2021) a (OMISSIS) s.p.a., ha depositato memoria.

CONSIDERATO CHE

1. Va preliminarmente rilevata l’inammissibilita’ della “memoria illustrativa” depositata “Per l’Agenzia delle entrate-Riscossione”, quale successore a titolo universale, ai sensi del Decreto Legge n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 106 del 2021, della estinta (OMISSIS) s.p.a., con il patrocinio del difensore nominato da quest’ultima e sulla base della medesima procura speciale conferita al difensore di tale societa’. Al riguardo va rilevato che nella memoria la parte fa riferimento ad una procura rilasciata “con scrittura privata autenticata in data 02.02.2018 per atto del Notaio (OMISSIS) di Palermo, Rep. n. (OMISSIS)”, che dichiara di allegare all’atto come “(All.01)”, mentre, invece, il documento allegato altro non e’ che la scrittura privata “autenticata in data 15.03.2018 per atto del Notaio (OMISSIS) di Palermo, Rep. n. (OMISSIS)” indicata nel controricorso ed unito allo stesso.

1.1. Cio’ posto, occorre premettere che nel caso di specie l’estinzione della (OMISSIS) s.p.a. e l’automatico subentro del successore Agenzia delle Entrate-Riscossione, disposta con il sopra indicato D.Lgs., di poi convertito, sono successivi alla costituzione in giudizio della prima, effettuata con controricorso del 26 marzo 2018 su procura speciale rilasciata con scrittura privata autenticata del 15 marzo 2018.

1.2. Orbene, per come si ricava dai principi espressi da questa Corte (Cass. n. 3312 del 2022, che richiama numerosi precedenti, tra cui Cass., Sez. U, n. 15911 del 2021), il principio della “perpetuatio” dell’ufficio del difensore, che trova un esplicito riscontro normativo nell’articolo 85 c.p.c., comporta che il procuratore della societa’ estinta, che sia gia’ ritualmente costituito nel processo anteriormente alla data della predetta successione, come accaduto nel caso di specie, per effetto dell’ultrattivita’ del mandato in origine conferito, prima dell’istituzione del nuovo Ente, non e’ privato dello ius postulandi e, quindi, della capacita’ di svolgere attivita’ difensiva nel medesimo grado di giudizio sino alla sua sostituzione, ma in nome e per conto della societa’ estinta e non certo del nuovo Ente. Pertanto, per l’attivita’ difensiva svolta in nome e per conto di quest’ultimo, come accaduto nella specie con la memoria redatta e depositata “Per l’Agenzia delle entrate-Riscossione”, occorreva un nuovo conferimento di procura in favore del difensore, nella specie mancante. Da qui, l’inammissibilita’ dell’atto.

2. Venendo, quindi, al merito, con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullita’ del procedimento e della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. per avere la CTR omesso di pronunciarsi su tre dei motivi appello con cui erano stati dedotti “l’inammissibilita’ e/o improcedibilita’ “ab origine” del ricorso per mancata notifica nei confronti dell’Agenzia delle entrate”, la “nullita’ della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Agenzia delle entrate”, la “illegittima ed irrituale acquisizione di prove” (cosi’ nella parte dedicata allo svolgimento del processo nella sentenza impugnata), dichiarandoli assorbiti.

3. Diversamente da quanto ritiene la ricorrente, la CTR si e’ implicitamente pronunciata sui motivi di appello proposti dall’Agenzia delle entrate ritenendoli, ancorche’ erroneamente, assorbiti dalla statuizione di rigetto dell’appello.

3.1. Ne consegue che la ricorrente non avrebbe dovuto dedurre un’omessa pronuncia sui motivi assorbiti, ma avrebbe dovuto censurare tale statuizione di assorbimento, sicuramente perche’ adottata in assenza di motivazione.

3.2. E’ noto, infatti, che “La figura dell’assorbimento in senso proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo piu’ pieno, mentre e’ in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessita’ o la possibilita’ di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande. Ne consegue che l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso formale) in quanto, in realta’, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita (di rigetto oppure di accoglimento) anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione e’ proprio quella dell’assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa” (Cass. n. 28995 del 2018).

3.3. Non avendo la ricorrente provveduto a censurare la statuizione implicita di assorbimento, il motivo va dichiarato inammissibile.

3.4. Da cio’ discende anche l’inammissibilita’ del secondo e terzo motivo.

4. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la “nullita’ del procedimento e della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio per violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 14, comma 1, e per violazione del principio del contraddittorio per violazione e dell’articolo 307 c.p.c., comma 3”. Sostiene la ricorrente che la sentenza impugnata era viziata nella parte in cui aveva omesso di rilevare che la ricorrente non aveva ottemperato all’ordine impartito dalla CTP di Palermo di integrare il contraddittorio nei suoi confronti.

5. Con il terzo motivo viene dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2943 c.c. e del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 7 “in relazione alla palese irritualita’ dell’acquisizione delle prove da parte dei Giudici”.

6. I motivi sono inammissibili in quanto le questioni in essi prospettate, di “nullita’ della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Agenzia delle entrate” e di “illegittima ed irrituale acquisizione delle prove”, costituivano due dei motivi di impugnazione proposti dall’Agenzia delle entrate che i giudici di appello avevano dichiarato assorbiti e che, pertanto, alla stregua di quanto detto esaminando il primo motivo, dovevano essere impugnati per omessa motivazione e non per omessa pronuncia (come fatto nel primo motivo) ne’ per violazione delle norme in esse censurate, attesa, peraltro, l’incompatibilita’ logica tra tale deduzione e quella di omessa pronuncia prospettata nel primo motivo.

7. Con il quarto motivo viene dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e dell’articolo 140 c.p.c..

7.1. Sostiene la ricorrente che la notifica dell’avviso di accertamento era stata effettuata ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, citato articolo 60, comma 1, lettera e), che non prevede l’invio al destinatario irreperibile di alcuna raccomandata informativa.

8. Il motivo e’ infondato.

8.1. E’ principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui “La notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dal Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 60 va effettuata secondo il rito previsto dall’articolo 140 c.p.c. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perche’ questi (o ogni altro possibile consegnatario) non e’ stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’articolo 60 cit., comma 1, lettera e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perche’ risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento, questo, cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’e’ situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune” (Cass. n. 16696 del 03/07/2013, Rv. 627074 – 01; conf., tra le piu’ recenti, Cass. n. 4657 del 21/02/2020, Rv. 657348 – 01, secondo cui “la notificazione di un avviso o altro atto impositivo viene svolta nelle forme di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60, comma 1, lettera e) nel caso in cui il contribuente, che ne e’ destinatario, risulti trasferito in luogo sconosciuto. In tale ipotesi, il messo notificatore, svolte le ricerche nel Comune in cui si trova il domicilio fiscale del contribuente per verificare l’eventuale mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune e accertata la sua irreperibilita’ presso la residenza anagrafica, procede alla notifica, effettuando il deposito nella casa comunale e inviando la raccomandata informativa, con avviso di ricevimento, ex articolo 140 c.p.c., la cui produzione in giudizio costituisce prova dell’avvenuto perfezionamento della notificazione”).

8.2. In buona sostanza, la procedura di notificazione semplificata prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60, lettera e), presuppone l’irreperibilita’ assoluta del destinatario dell’atto, ovvero che “nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi (sia) abitazione, ufficio o azienda del contribuente”, mentre nell’ipotesi di irreperibilita’ relativa, la notificazione deve essere eseguita secondo il rito di cui all’articolo 140 c.p.c..

8.3. Nel caso di specie, la contribuente, destinataria dell’avviso di accertamento, era residente in Cinisi, cio’ risultando dal certificato di residenza prodotto in giudizio dalla stessa Agenzia delle entrate, ed era solo temporaneamente irreperibile al proprio indirizzo, per come risulta dalla sentenza di primo grado, in parte qua trascritta nel ricorso (pag. 7), in cui i giudici della CTP affermano che l’agente notificatore aveva trovato “la porta chiusa in Via (OMISSIS)”. A cio’ deve aggiungersi che in una situazione come quella di specie, in cui risulta che il destinatario dell’atto abbia un’abitazione nel comune di residenza, la notifica con le modalita’ previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 60, comma 1, lettera e), in luogo di quella ex articolo 140 c.p.c., puo’ essere effettuata soltanto a seguito dello svolgimento, da parte dell’agente notificatore, di ricerche volte a verificare che ricorra l’irreperibilita’ assoluta del contribuente, ossia che quest’ultimo non abbia piu’ ne’ l’abitazione ne’ l’ufficio o l’azienda nel Comune nel quale aveva il domicilio fiscale (cfr., ex multis, Cass. 6765 del 2019; Cass. n. 3378 del 2020). Ricerche che nel caso in esame la ricorrente non ha nemmeno dedotto di essere state effettuate.

9. In estrema sintesi, il ricorso va rigettato e le spese, stante la sostanziale medesima posizione processuale delle parti costituite (arg. da Cass. n. 10528 del 2017 e Cass. n. 16685 del 2019), vanno integralmente compensate tra l’Agenzia delle entrate e l’agente della riscossione, mentre nulla deve disporsi nei confronti della contribuente che e’ rimasta intimata.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.