Corte di Cassazione – Ordinanza n. 32287 del 21 novembre 2023

FATTO E DIRITTO

Con atto del 27.1.2015, (OMISSIS) – in forza di sentenza n. 2639/08 emessa dal Tribunale di Cosenza, confermata in appello, con cui la (OMISSIS) s.a.s. era stata condannata al pagamento a titolo risarcitorio, in favore del predetto e della propria moglie, (OMISSIS), della somma di Euro 20.000,00 oltre accessori – intimo’ precetto alla debitrice per il pagamento della residua somma di Euro 15.032,15, dopo aver detratto la somma di Euro 8.000,00 frattanto pagata dalla stessa debitrice in favore di entrambi i creditori. La societa’ propose quindi opposizione ex articolo 615 c.p.c., comma 1, deducendo di aver versato ulteriori Euro 3.500,00, non decurtati dall’intimante, e negando la legittimazione attiva di questi in relazione al credito spettante alla predetta (OMISSIS), non sussistendo la solidarieta’ attiva, con conseguente errato calcolo degli interessi. In corso di causa, il (OMISSIS) rinuncio’ provvisoriamente (in attesa dei necessari accertamenti richiesti in sede penale) alla somma di Euro 3.500,00, dichiarando di accettare a titolo di acconto l’importo di Euro 4.886,67, offerto dall’intimata banco iudicis. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 10.9.2018, nel contraddittorio col (OMISSIS) e con la (OMISSIS) (costituitasi con autonoma comparsa d’intervento volontario) accolse parzialmente l’opposizione, ritenendo l’illegittimita’ del precetto sia in relazione alla quota parte di interessi riferibili al credito provvisoriamente rinunciato, sia in relazione alla carente legittimazione attiva del (OMISSIS) circa il credito di pertinenza della propria moglie (non essendovi solidarieta’ attiva). Il Tribunale ritenne inoltre la portata estintiva del pagamento banco iudicis, occorrendo solo ricalcolare le spese intimate col precetto, sulla base del credito accertato. La sentenza venne gravata d’appello da (OMISSIS) e da (OMISSIS); la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 28.10.2021, dichiaro’ la carenza di legittimazione ad impugnare di quest’ultima, confermando nel resto la prima decisione.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS), affidandosi a formali tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso la (OMISSIS) s.a.s.; il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte, ribadite nel corso dell’udienza pubblica, chiedendo la rimessione della trattazione del ricorso alle Sezioni Unite, o in subordine dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso per tardivita’.

1.1 – Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1292 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la Corte d’appello tenuto conto del riconoscimento implicito della solidarieta’ attiva tra concreditori: la societa’ debitrice, infatti, a parziale estinzione del debito complessivo cui era tenuta, aveva gia’ corrisposto titoli di credito cointestati ad entrambi i creditori, cosi’ dimostrando di ritenere sussistente la solidarieta’ attiva tra gli stessi. Di conseguenza, ne discende la piena legittimazione attiva del (OMISSIS) e quella alla proposizione dell’appello da parte della (OMISSIS).

1.2 – Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ossia l’intervento volontario della creditrice (OMISSIS) nel giudizio, da cio’ derivando, in tesi, la dimostrazione del potere del (OMISSIS) di agire anche per il recupero del credito della propria moglie.

1.3 – Con il terzo motivo, infine, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in ordine al calcolo degli interessi e alla decorrenza degli stessi.

2.1 – Il ricorso e’ stato notificato in data 24.1.2022, sul presupposto di operativita’ del termine di cui all’articolo 327 c.p.c., comma 1 (la sentenza essendo stata pubblicata il 28.10.2021) e quindi ampiamente entro il semestre.

Senonche’, la societa’ controricorrente ha eccepito di aver notificato la sentenza d’appello, ai fini della decorrenza del termine breve ex articolo 326 c.p.c., con messaggio PEC del 31.10.2021, restituito dal sistema con la dicitura “… e’ stato rilevato un errore 5.2.2 – (OMISSIS) S.p.A. – casella piena. Il messaggio e’ stato rifiutato dal sistema”. Da tanto, la controricorrente fa dunque discendere che – poiche’ la mancata consegna e’ imputabile a negligenza del destinatario, titolare della casella PEC – la notifica della sentenza deve intendersi perfezionata alla data del 31.10.2021, detta comunicazione equivalendo al messaggio di avvenuta consegna (si richiama, tra l’altro, l’insegnamento di Cass. n. 3164/2020 e di Cass. n. 11559/2021). Quale ulteriore conseguenza, nella prospettazione della controricorrente discende dunque che il ricorso sarebbe stato notificato allorquando il termine di cui all’articolo 325 c.p.c., comma 2, era gia’ spirato.

3.1 – Ora, sul tema della notifica a mezzo PEC, restituita dal sistema con messaggio di mancata consegna per “casella piena”, nella giurisprudenza di questa Corte si registrano, in effetti, orientamenti non proprio univoci.

Un primo – invocato dalla controricorrente – puo’ ben essere rappresentato dal principio specificamente affermato, per la prima volta (ma v. infra), da Cass., Sez. 3, ord., n. 3164/2020, secondo cui “La notificazione di un atto eseguita ad un soggetto, obbligato per legge a munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, si ha per perfezionata con la ricevuta con cui l’operatore attesta di avere rinvenuto la cd. casella PEC del destinatario “piena”, da considerarsi equiparata alla ricevuta di avvenuta consegna, in quanto il mancato inserimento nella casella di posta per saturazione della capienza rappresenta un evento imputabile al destinatario, per l’inadeguata gestione dello spazio per l’archiviazione e la ricezione di nuovi messaggi”.

Nella motivazione della citata ordinanza, la Corte ha in proposito precisato che e’ possibile desumere una sostanziale equivalenza – ai fini che interessano – tra il disposto del Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16, comma 6, conv. in L. n. 221 del 2012 (come modificato dal Decreto Legge n. 90 del 2014, articolo 47, conv. in L. n. 114 del 2014), dettato in tema di comunicazioni di cancelleria, e l’articolo 149-bis c.p.c., comma 3, dettato in tema di notificazioni eseguite telematicamente dall’ufficiale giudiziario, laddove essa disposizione cosi’ recita: “la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario”.

In proposito, richiamando anche la regola dettata dal Decreto Ministeriale n. 40 del 2011, articolo 20 (secondo cui “Il soggetto abilitato esterno e’ tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilita’ dello spazio disco a disposizione”) ed evidenziando, dunque, che “costituisce onere del difensore provvedere al controllo periodico della propria casella di PEC”, la Corte conclude il ragionamento valorizzando l’espressione “rendere disponibile”, riportata nell’articolo 149-bis cit.: essa, infatti, “individua un’azione dell’operatore determinativa di effetti potenziali e non una condizione di effettivita’ della detta potenzialita’ dal punto di vista del destinatario, (sicche’) si giustifica la conclusione che, qualora il “rendere disponibile” quale azione dell’operatore non possa evolversi in una effettiva disponibilita’ da parte del destinatario per causa a lui imputabile, come per essere la casella satura, la notificazione si abbia per perfezionata, con la conseguenza che il notificante puo’ procedere all’utilizzazione dell’atto come se fosse stato notificato”.

3.2 – Detta impostazione e’ stata nella sua perentorieta’ ribadita, nella sostanza, da Cass., Sez. 3, ord., n. 24110/2021, ma a ben vedere era stata gia’ anticipata – seppure su meno approfondite argomentazioni – dal pronunciamento di Cass., Sez. L, n. 12451/2018, con cui s’era ritenuta corretta la decisione di merito, che aveva rilevato l’inammissibilita’ dell’opposizione allo stato passivo, L. Fall., ex articolo 98, in quanto tardivamente proposta rispetto alla data di comunicazione di cancelleria, effettuata a mezzo PEC ma rifiutata dal sistema causa “casella piena” del destinatario.

Va qui aggiunto, per completezza, che la pronuncia di Cass., Sez. L, n. 11559/2021, invocata dalla controricorrente, non e’ pertinente, mentre ulteriori decisioni di questa Corte (quali, ad esempio, Cass., Sez. 3, ord., n. 26810/2022 e Cass., Sez. 1, ord., n. 25586/2023) si sono limitate a condividere, in linea di massima, l’impostazione della citata Cass. n. 3164/2020, seppur senza farne diretta applicazione nel caso rispettivamente al vaglio, in quanto non necessaria ai fini della decisione.

4.1 – Sul tema si registra, pero’, un altro orientamento, inaugurato da Cass., Sez. 3, n. 40758/2021, cosi’ massimata: “In caso di notificazione a mezzo PEC del ricorso per cassazione non andata a buon fine, ancorche’ per causa imputabile al destinatario (nella specie per “casella piena”), ove concorra una specifica elezione di domicilio fisico – eventualmente in associazione al domicilio digitale – il notificante ha il piu’ composito onere di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario fisico eletto in un tempo adeguatamente contenuto, non potendosi, invece, ritenere la notifica perfezionata in ogni caso con il primo invio telematico”.

Detta pronuncia muove dal presupposto per cui, anche in assenza di indicazione di “domicilio digitale” (ossia, ove manchi l’indicazione dell’indirizzo PEC cui si intendono ricevere notifiche e comunicazioni), e’ valida la notifica comunque effettuata all’indirizzo PEC del difensore risultante dal Reginde, ai sensi del Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16-sexies, conv. in L. n. 221 del 2012, e modificato dal Decreto Legge n. 90 del 2014, articolo 47, convertito a sua volta in L. n. 114 del 2014. Ove pero’ tanto non sia possibile per fatto imputabile al destinatario (come, appunto, nel caso di mancata consegna per saturazione della casella PEC), viene in rilievo il generale principio dell’onere di ripresa del procedimento notificatorio, occorrendo dunque che – in un tempo ragionevolmente contenuto (di regola, la meta’ del termine concretamente applicabile – v. Cass., Sez. Un., n. 14594/2016) – il notificante proceda ad ulteriore notifica, nelle forme tradizionali, presso il domicilio fisico eventualmente eletto (e sempre che tanto sia avvenuto): cio’ perche’ deve escludersi “che il regime normativo concernente l’identificazione del c.d. domicilio digitale abbia soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati” (cosi’ la citata pronuncia, in motivazione).

Piu’ in dettaglio, la citata sentenza n. 40758/2021 ha anche richiamato, in motivazione, l’insegnamento di Cass. n. 29851/2019, secondo cui, in linea generale, il mancato perfezionamento della notifica per fatto imputabile al destinatario “impone alla parte di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dagli articoli 137 c.p.c. e segg., e non mediante deposito dell’atto in cancelleria, non trovando applicazione la disciplina di cui al Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16, comma 6, u.p. (…)”, in quanto detta ultima norma e’ riferibile alle sole notificazioni e comunicazioni effettuate dalla cancelleria.

In ogni caso, seguendo detta impostazione, assume carattere dirimente la circostanza che il destinatario abbia o meno eletto (anche) il domicilio fisico: ove tanto non sia avvenuto, non puo’ “sussistere alcun altro affidamento, da parte del notificatario, se non alla propria costante gestione della casella di posta elettronica, e nessun’altra appendice alla condotta esigibile dal notificante” (cosi’ ancora l’arresto piu’ volte citato). Ne’ puo’ ritenersi condivisibile – conclude la Corte – l’insegnamento della gia’ citata Cass. n. 3164/2020: anzitutto, per il carattere neutro della formulazione dell’articolo 149-bis c.p.c., comma 3, con riguardo all’espressione “rendere disponibile” il documento informatico nella casella del destinatario; in secondo luogo, perche’ il perfezionamento della notifica gia’ al primo invio della PEC (non andato a buon fine per “casella piena” dello stesso destinatario), qualora quest’ultimo abbia eletto il domicilio fisico, presupporrebbe che la previsione legale del domicilio digitale abbia soppresso la correlativa facolta’ processuale, in assenza di una specifica norma in questo senso; si aggiunge, ancora, che il disposto del Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 20, data la natura secondaria della fonte, non puo’ giustificare la conclusione che in presenza di casella di PEC satura la notificazione si abbia per perfezionata; infine, conclude la Corte, neppure appare decisivo il disposto dell’articolo 138 c.p.c., comma 2, che considera perfezionata la notifica, che sia stata tentata “a mani proprie”, in caso di rifiuto di riceverla da parte del destinatario: “la responsabilita’, in ipotesi anche colposa, di lasciare la casella di p.e.c. satura, non puo’ equivalere a un intenzionale rifiuto di ricevere notificazioni tramite essa, tanto piu’ attesa l’alternativa elezione di domicilio fisico utilizzabile”.

4.2 – Si inscrive in questo secondo solco la piu’ recente Cass., Sez. T, ord., n. 2193/2023, anch’essa relativa ad un caso di rifiuto della notificazione per “casella piena” del destinatario; in detta pronuncia, peraltro, si richiama un risalente insegnamento (Cass. n. 4502/1996), secondo cui, in caso di invalida elezione di domicilio (fisico) da parte dell’appellato, il ricorso per cassazione puo’ essere notificato presso la cancelleria del giudice a quo.

5.1 – Cio’ posto, ritiene il Collegio come, in effetti, la ricognizione della giurisprudenza sopra succintamente richiamata – per quanto non sempre riferibile al medesimo ambito applicativo – riveli una non conciliabile diversita’ di vedute sul tema controverso; per di piu’ senza che ne’ l’una ne’ l’altra impostazione paiano del tutto convincenti, sia sul piano del metodo, che del risultato ermeneutico.

5.2 – Infatti, seppur le esigenze sottese all’indirizzo piu’ rigoroso (Cass. n. 3164/2020) meritino apprezzamento, perche’ il rischio di escludere ogni valenza alla notifica PEC non consegnata al destinatario per “casella piena” puo’ effettivamente disincentivare gli operatori dalla necessaria cura del proprio indirizzo PEC e degli specifici adempimenti connessi alla peculiarita’ del mezzo telematico ormai in via generalizzata imposto come modalita’ di interazione tra i soggetti tenuti a dotarsene, al contrario promuovendo comportamenti strumentali e improntati, in senso lato, almeno a grave negligenza e con sostanziale neutralizzazione o vanificazione dell’operativita’ dell’innovazione tecnologica introdotta, dall’altro occorre pure evidenziare che l’opposta opzione ermeneutica (Cass. n. 40758/2021) si fonda su una specifica caratteristica della fattispecie: ossia, quella della necessaria compresenza di un domicilio digitale della parte (sostanzialmente immanente, Decreto Legge n. 179 del 2012, ex articolo 16-sexies) e di un domicilio elettivo fisico, o tradizionale.

Tuttavia, se in tale evenienza (ricorrente pure nel caso che occupa, come emerge dall’intestazione della sentenza qui impugnata) la configurabilita’ dell’onere di ripresa del procedimento notificatorio puo’ comunque giustificarsi, in forza della perdurante rilevanza da attribuire ad una simile facolta’ processuale del difensore della parte destinataria della notifica (non elisa dalla disciplina sulla indefettibilita’ del domicilio digitale), tale opzione rivela pero’ una non risolvibile aporia, sul piano logico, ove elezione di domicilio fisico non vi sia stata: in tal caso, infatti, si e’ affermato che nessuna altra condotta sia esigibile da parte del notificante (v. supra, par. 4.1).

5.3 – E’ opinione del Collegio che tanto, pero’, non risolva il problema di fondo, ossia se e quando la notifica telematica del messaggio PEC, non consegnato per “casella piena”, si perfezioni.

Infatti, a seguire fino in fondo la tesi di Cass. n. 40758/2021, dovrebbe allora inferirsene che una simile notifica debba ritenersi perfezionata o meno a seconda, rispettivamente, che non sia stato eletto domicilio fisico, o al contrario, che esso sia stato eletto dalla parte: soluzione che, all’evidenza, non si confronta con la necessita’ di rinvenire, nell’ordito normativo, una regola generale che risolva le suddette questioni gia’ all’interno della fattispecie “minima” (ossia, messaggio PEC non consegnato per “casella piena” del destinatario), a prescindere dall’elezione di domicilio fisico.

Del resto, e’ evidente che, nel caso di “casella piena”, non avrebbe alcun senso logico, prim’ancora che giuridico, rinnovare la notifica presso il domicilio fisico (ove questo sia stato eletto), qualora si ritenesse la notifica comunque gia’ perfezionata.

5.4 – Come gia’ anticipato, neppure pare al Collegio pienamente convincente quell’orientamento che prima s’e’ definito piu’ rigoroso.

Esso, infatti, si fonda su un’interpretazione dell’articolo 149-bis c.p.c., comma 3, relativo alle notifiche telematiche dell’ufficiale giudiziario (supra riportata, par. 3.1), valorizzando una lettura restrittiva dell’espressione “rendere disponibile”, ossia negandone la sua valenza finalistica, e sostanzialmente ricorrendo all’applicazione analogica alla fattispecie della notifica ex lege n. 53 del 1994, senza pero’ adeguatamente considerare che l’articolo 3-bis, comma 3 di detta stessa Legge (nel testo applicabile ratione temporis), cosi’ recita: “La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, articolo 6, comma 1, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dal d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68, articolo 6, comma 2”.

Insomma, se presupposto dell’applicazione analogica e’ la sussistenza di una lacuna normativa, si’ da dover ricorrere alla regola dettata per casi analoghi, pare al Collegio che detta lacuna non possa configurarsi, almeno con riferimento al caso della notifica diretta da parte dell’avvocato, perche’ risulta evidente non solo che una specifica regola e’ espressamente dettata dalla legge (che prevede appunto come la notifica si perfezioni con la generazione della ricevuta di consegna), ma pure che essa non pare ammettere equipollenti.

La specifica regola suddetta, comunque, non risulta oggetto di approfondimento, ne’ di confronto, con quella dettata dall’articolo 149-bis c.p.c., comma 3, da parte di quelle pronunce del c.d. orientamento rigoroso, che come s’e’ visto ritengono comunque perfezionata una notifica come quella qui in discorso, che prescinde dalla specifica conoscenza da parte del destinatario sia del contenuto, che anche dalla sua mera conoscibilita’ (non apparendo neppure applicabile la disciplina di cui al Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 16, comma 4, relativa alle sole comunicazioni dell’ufficio). E varra’ ricordare che, ancora di recente, si e’ ribadito che, ferma la scissione degli effetti tra i soggetti della notifica per posta elettronica, imprescindibile presupposto per la produzione di quelli sia per il notificante che per il destinatario e’ che la notifica si sia perfezionata pure nei confronti di quest’ultimo (Cass., ord., n. 28403/2023).

Insomma, l’orientamento in parola – in assenza di una chiara indicazione normativa in tal senso – giunge al risultato di ritenere perfezionata la notifica non fondata ne’ sulla conoscenza, ne’ sulla stessa conoscibilita’ della notifica da parte del destinatario, giacche’, come pure esattamente osservato dalla citata Cass. n. 40758/2021, la situazione di chi non riceve la notifica a mezzo PEC per “casella piena” non e’ necessariamente equiparabile a quella del rifiuto di ricevere la consegna dell’atto ai sensi dell’articolo 138 c.p.c., comma 2. Il che, ad avviso del Collegio, lascia piu’ di un dubbio sulla stessa compatibilita’ con l’articolo 24 Cost., di un simile risultato interpretativo.

5.5.1 – Osserva tuttavia il Collegio che, al medesimo risultato ermeneutico di Cass. n. 3164/2020 potrebbe giungersi anche per altra via, attraverso un ragionamento diverso e di piu’ ampio respiro, fondato sui principi di autoresponsabilita’ e di affidamento.

Invero, quanto al primo, non puo’ negarsi che – in materia di osservanza di termini processuali – l’articolo 153 c.p.c., comma 2, fissi un chiaro principio, ovvero che la parte “incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile puo’ chiedere al giudice di essere rimessa in termini”. Ed e’ noto che la giurisprudenza di questa Corte di legittimita’, proprio in nome del principio di autoresponsabilita’, opta per un concetto assai rigoroso di causa “non imputabile”, identificata in “un evento che presenti il carattere della assolutezza – e non gia’ una impossibilita’ relativa, ne’ tantomeno una mera difficolta’ – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione” (cosi’, tra le altre, Cass., Sez. Un., n. 27773/2020, che richiama Cass., Sez. 1, n. 30512/2018, Rv. 651875-01, e Cass., Sez. L, n. 3482/2019).

Deve, dunque, trattarsi di “un fatto ostativo che risulti oggettivamente estraneo alla volonta’ della parte (che l’applicazione della rimessione chiede) e che dalla stessa non risulti governabile, neppure con “difficolta’”” (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 6-1, ord., n. 22342/2021, Rv. 661991-01).

5.5.2 – D’altra parte, l’introduzione generalizzata del mezzo telematico per l’esecuzione delle notifiche tra soggetti obbligati per legge a dotarsene, tutti definibili a vario titolo professionisti, potrebbe implicare un onere di diligente organizzazione, tale da consentirne il regolare funzionamento; senza tralasciare l’esigenza, a tale introduzione sottesa, di un generalizzato affidamento sulla diligenza professionale dei singoli operatori (con obblighi di comportamento in capo al professionista, quali quelli affermati per gli operatori sanitari da Cass. n. 589/1999 e, per gli avvocati ed a fini disciplinari per la rilevanza deontologica di tali obblighi, da Cass. Sez. Un. 6216/2005).

5.5.3 – Solo in tal modo potrebbe giungersi alla conclusione che, qualora la consegna del messaggio PEC non possa avere buon esito per “casella piena” del destinatario – in un’epoca di telematizzazione talmente spinta delle relazioni interindividuali, che c’e’ persino chi teorizza l’esistenza di “soggetti giuridici digitali” – questi dovrebbe imputare a se stesso la conseguenza dell’impossibilita’ della notificazione, salvo a dimostrare che l’evento sia dipeso da cause a lui non imputabili, quali ad es. le disfunzioni del sistema informatico, et similia: e cio’ proprio in forza del principio di autoresponsabilita’, se non pure dell’affidamento ingenerato nel soggetto notificante, specie se – come nel caso – esercente una professione protetta, cosi’ come il destinatario.

6.1 – Pur cosi’ “vestita” la soluzione dell’avvenuto perfezionamento di una notifica come quella che occupa, non puo’ tuttavia tralasciarsi un elemento essenziale: anche una simile soluzione deve necessariamente confrontarsi col dato normativo vigente, e dunque con il gia’ visto della L. n. 53 del 1994, articolo 3-bis, comma 3, che specificamente cristallizza il momento di perfezionamento della notifica effettuata dall’avvocato in quello della generazione del messaggio di “avvenuta” consegna. L’utilizzo del participio passato del verbo “avvenire”, ad avviso del Collegio, non autorizza altra interpretazione, gia’ sul piano letterale, diversa da quella per cui, in caso di mancata generazione di un simile messaggio, non possa in realta’ discutersi di effettivo perfezionamento della notifica.

6.2 – Del resto, va qui rilevato che, nel sistema vigente, non mancano elementi a sostegno della ulteriore tesi che – discostandosi sia da Cass. n. 3164/2020, sia da Cass. n. 40758/2021 – parrebbe piu’ aderente al dato normativo.

Ci si riferisce, in particolare, alla L. Fall., articolo 15, comma 3, come modificato dal Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 17, lettera a), conv. in L. n. 221 del 2012. Con detta disposizione – con cui, se non si erra, s’e’ stabilita per la prima volta l’obbligatorieta’ della notifica di un atto introduttivo di un procedimento giudiziario a mezzo PEC, benche’ a cura della cancelleria, per i procedimenti iniziati dopo il 31.12.2013 – e’ espressamente stabilito, al secondo, quarto e quinto periodo, che “Il ricorso e il decreto devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti…. Quando, per qualsiasi ragione, la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, la notifica, a cura del ricorrente, del ricorso e del decreto si esegue esclusivamente di persona a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, articolo 107, comma 1, presso la sede risultante dal registro delle imprese. Quando la notificazione non puo’ essere compiuta con queste modalita’, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese e si perfeziona nel momento del deposito stesso”.

Sulla stessa scia si pone la normativa oggi dettata, per lo stesso ambito, dal Decreto Legislativo n. 14 del 2019, articolo 40, commi 6, 7 ed 8, (CCII), in vigore dal 15.7.2022, ove si stabilisce ancor piu’ esplicitamente che: “6. In caso di domanda proposta da un creditore, da coloro che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa o dal pubblico ministero, il ricorso e il decreto di convocazione devono essere notificati, a cura dell’ufficio, all’indirizzo del servizio elettronico di recapito certificato qualificato o di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti. L’esito della comunicazione e’ trasmesso con modalita’ telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata del ricorrente.

7. Quando la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata di cui al comma 6, non risulta possibile o non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, il ricorso e il decreto sono notificati senza indugio, a cura della cancelleria, mediante il loro inserimento nell’area web riservata ai sensi dell’articolo 359. La notificazione si ha per eseguita nel terzo giorno successivo a quello in cui e’ compiuto l’inserimento.

8. Quando la notificazione non risulta possibile o non ha esito positivo, per cause non imputabili al destinatario, la notifica, a cura del ricorrente, si esegue esclusivamente di persona a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, articolo 107, comma 1, presso la sede risultante dal registro delle imprese o, per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese, presso la residenza. Quando la notificazione non puo’ essere compiuta con queste modalita’, si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede che risulta iscritta nel registro delle imprese ovvero presso la residenza per i soggetti non iscritti nel registro delle imprese, e si perfeziona nel momento del deposito stesso. Per le persone fisiche non obbligate a munirsi del domicilio digitale, del deposito e’ data notizia anche mediante affissione dell’avviso in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio e per raccomandata con avviso di ricevimento”. Insomma, in un ambito (quello concorsuale) in cui l’esigenza della conoscenza o dell’effettiva conoscibilita’ delle iniziative poste in essere dai propri creditori (o dal pubblico ministero) e’ intuitivamente assai rilevante, sia che la mancata consegna del messaggio PEC derivi da causa imputabile al destinatario, sia che derivi da causa a lui non imputabile, cio’ non comporta mai il perfezionamento della notifica, sempre occorrendo una ulteriore iniziativa del notificante, quale che sia.

Ovviamente, non v’e’ alcuna ragione per relegare una simile impostazione al solo ambito concorsuale, perche’ il tema investe direttamente il diritto di difesa e al contraddittorio, costituzionalmente rilevanti per tutti i consociati ex articoli 24 e 101 Cost..

6.3 – Di cio’ puo’ scorgersi conferma anche nella legislazione ancor piu’ recente, specie a seguito del Decreto Legislativo n. 149 del 2022, che vede la notifica telematica degli atti processuali come ormai sostanzialmente obbligatoria, salvi casi residuali. Non e’ affatto casuale che la citata riforma, introducendo della L. n. 53 del 1994, articolo 3-ter (da ultimo modificato dalla L. n. 87 del 2023), ha stabilito, al comma 2, che: “quando per causa imputabile al destinatario la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato non e’ possibile o non ha esito positivo:

a) se il destinatario e’ un’impresa o un professionista iscritto nell’indice INI-PEC di cui al Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, articolo 6-bis, l’avvocato esegue la notificazione mediante inserimento a spese del richiedente nell’area web riservata prevista dall’articolo 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, dichiarando la sussistenza di uno dei presupposti per l’inserimento; la notificazione si ha per eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui e’ compiuto l’inserimento;

b) se il destinatario e’ una persona fisica o un ente di diritto privato non tenuto all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese e ha eletto il domicilio digitale di cui al Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, articolo 6-quater, l’avvocato esegue la notificazione con le modalita’ ordinarie”.

Insomma, per quanto la disposizione non sia applicabile nel caso in esame ratione temporis, essa non fa che confermare quanto gia’ prima prospettato, ossia che l’ordinamento positivo – come gia’ in passato – non considera mai perfezionata una notifica di messaggio a mezzo PEC, effettuata da un avvocato ai sensi della L. n. 53 del 1994, qualora essa non sia andata a buon fine, benche’ per causa imputabile al destinatario.

7.1 – Stima, pertanto, il Collegio che tutto quanto precede renda dunque evidente che, sul tema, nell’attualita’, sia pure in esito al crescente approfondimento della materia indotto dall’evoluzione del sistema normativo, la giurisprudenza della Corte non possa dirsi univoca e che, comunque, la tematica delle condizioni di validita’ e delle conseguenze della notifica telematica non completata per “casella piena” del destinatario integra una questione di massima di particolare importanza, involgendo i presupposti stessi del funzionamento delle modalita’ di notificazione coi nuovi e generalizzati strumenti tecnologici in ogni ambito processuale: cio’ che ne individua quale sede naturale per la disamina le Sezioni Unite di questa Corte, come del resto pure ritenuto dal Procuratore Generale.

8.1 – In definitiva, il Collegio reputa opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente, ai sensi dell’articolo 374 c.p.c., comma 2, affinche’ valuti l’opportunita’ di assegnare la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite.

P.Q.M.

la Corte trasmette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.