Corte di Cassazione – Ordinanza n. 28852 del 18 ottobre 2023

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) s.r.l. impugno’ una comunicazione preventiva di iscrizione di fermo amministrativo su veicolo di sua proprieta’ notificata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione, emessa, tra l’altro, per la soddisfazione di un credito causalmente ascritto a sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada.

2. Svolto il giudizio in contraddittorio con l’agente della riscossione, la domanda attorea e’ stata disattesa in ambedue i gradi di merito.

3. Ricorre per cassazione la (OMISSIS) s.r.l., affidandosi a sei motivi; non svolge difese in grado di legittimita’ l’intimata.

4. All’esito dell’adunanza camerale sopra indicata, il Collegio si e’ riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al comma 2 dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360, comma 1, num. 3, c.p.c., si assume che il giudice territoriale abbia “erroneamente riferito il denunciato vizio della inesistenza della notifica dell’atto impugnato alla cartella di pagamento sottesa al preavviso di fermo e non al preavviso, come invece denunciato dalla (OMISSIS)”.

La doglianza e’ inammissibile e, comunque, infondata.

1.1. Inammissibile per carente esposizione del fatto processuale, requisito prescritto dall’articolo 366, comma 1, num. 3, c.p.c..

L’impugnante lamenta, in sostanza, l’errata comprensione, ad opera del giudice di appello, dell’oggetto della domanda: ma di essa omette di riferire – per il tramite della trascrizione, nelle parti di interesse o comunque nei tratti essenziali, dei propri scritti difensivi nel ricorso di adizione di questa Corte – il contenuto in maniera compiuta ed idonea, mancando, in particolare, di precisare se la irregolarita’ della notificazione fosse stata lamentata con riferimento al preavviso di fermo oppure alla prodromica cartella.

Specificazione tanto piu’ necessaria poiche’ la gravata sentenza, nella narrazione del fatto processuale, da’ conto di vizi notificatori denunciati con riguardo tanto alla cartella quanto al preavviso.

1.2. Ad ogni buon conto, la censura e’ destituita di fondamento.

La pronuncia in parola ha infatti vagliato nel merito i vizi di regolarita’ formale di tutti gli atti della riscossione dedotti in lite; ha poi argomentato la irrilevanza delle nullita’ notificatorie per intervenuta sanatoria facendo richiamo alla conoscenza del destinatario evinta dalla impugnativa proposta contro l’atto, circostanza univocamente riferibile soltanto alla comunicazione preventiva di fermo.

2. Con il secondo motivo, per violazione e falsa applicazione degli articoli 20, 22 e 23 del codice dell’amministrazione digitale in relazione all’articolo 360, comma 1, num. 3, c.p.c., si prospetta la giuridica inesistenza della notificazione, avvenuta a mezzo pec, per allegazione alla mail dell’atto in formato.pdf (copia per immagine su supporto informatico) e non gia’ come documento informatico provvisto di firma digitale (.pdf nativo digitale).

2.1. Il motivo – sviluppato in maniera confusa ed aspecifica, dacche’ a tratti riferito alla notificazione della cartella, a tratti alla notificazione del preavviso di fermo – e’ inammissibile.

Sul punto, il giudice territoriale ha ritenuto irrilevante la mancata allegazione della copia della cartella di pagamento con file “pdf nativo” sul rilievo che si trattava di “atto gia’ notificato nell’anno 2017, e quindi ben noto all’opponente, che, per di piu’, non contesta affatto la sua difformita’ rispetto all’originale”.

L’argomentare del ricorrente non attinge criticamente la trascritta ratio decidendi: e tanto giustifica l’inammissibilita’ della doglianza.

2.2. Sol per dovere nomofilattico e nei limiti in cui il suo contenuto e’ dato evincere dalle modalita’ di formulazione della censura gia’ rilevate ai fini della sua inammissibilita’, si evidenzia la sua infondatezza.

Valorizzando le disposizioni dettate dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 11 febbraio 2005, n. 68, articolo 1, comma 1, lettera c), f) ed i-ter), e del Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, articolo 20, questa Corte ha ripetutamente affermato che “la notifica della cartella di pagamento puo’ avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”)”, ossia, appunto, un file in formato PDF (portable document format), con l’ulteriore precisazione, che “nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale” (testualmente Cass. 27/11/2019, n. 30948; conf., ex multis, Cass. 05/10/2020, n. 21328; Cass. 08/07/2020, n. 14402).

Donde vizio della notifica per tale ragione non e’ dato riscontrare.

3. Il terzo mezzo rileva nullita’ della sentenza per motivazione inesistente ed apparente ex articolo 360, comma 1, num. 4, c.p.c., in relazione all’eccepito vizio della notifica per assenza della relata.

3.1. Il motivo e’ infondato.

Ricorre “motivazione apparente”, causa di nullita’ della sentenza, quando il giudice ometta di esporre i motivi, in fatto ed in diritto, della decisione, di rendere intellegibile l’iter logico seguito per pervenire al dictum reso, cosi’ impedendo la praticabilita’ di un controllo sull’esattezza e sulla logicita’ del ragionamento (sulla nozione di “motivazione apparente” cfr., tra le tantissime, Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. U., 22/09/2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 21/06/2016, n. 16599; Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232; Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 23/05/2019, n. 13977).

Nella vicenda in parola, il giudice territoriale ha compiutamente risposto al rilievo della parte attrice: “quanto alla relata di notifica” ha considerato “il vizio sanato con la proposizione dell’opposizione, avendo l’atto raggiunto il suo scopo, specie qualora non sia contestata la provenienza dell’atto”.

Motivazione sintetica, ma adeguatamente sufficiente, poiche’ senza dubbio idonea a dare conto delle ragioni fondanti il dictum.

4. Con il quarto motivo, replicando in sostanza le deduzioni gia’ poste a suffragio del secondo, il ricorrente assume violazione e falsa applicazione degli articoli 20, 22 e 23 del codice dell’amministrazione digitale in relazione all’articolo 360, comma 1, num. 3, c.p.c.: nuovamente sostiene la giuridica inesistenza della notificazione, dacche’ concretata nel caso dalla trasmissione di una mera scansione dell’atto, oltremodo priva della sottoscrizione digitale.

4.2. La doglianza e’ destituita di fondamento: valgano, a suffragio della conclusione, le argomentazioni gia’ svolte sopra, sub § 2.2., da intendersi qui integralmente riportate e trascritte, in uno agli operati richiami ai precedenti arresti nomofilattici.

5. Il quinto motivo censura l’operata liquidazione delle spese legali, per violazione del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, in relazione all’articolo 360, comma 1, num. 3, c.p.c..

Sull’assunto che il valore della controversia era pari ad Euro 1.066,20 (per essere l’impugnativa del fermo limitata alla sola cartella di pagamento per siffatto importo), l’impugnante rileva che i compensi liquidabili secondo i valori medi di tariffa (cui il giudicante aveva fatto richiamo) ammontano ad Euro 640, sicche’ erronea risulta la quantificazione degli stessi in Euro 2.025 operata in sentenza.

5.1. La doglianza e’ inammissibile, ancora una volta per carente esposizione del fatto processuale, in trasgressione del disposto dell’articolo 366, comma 1, num. 3, c.p.c..

La narrazione dello svolgimento della vicenda contenziosa compiuta nel libello introduttivo non consente a questa Corte – cui e’ precluso, per la natura del giudizio di legittimita’ ed altresi’ in considerazione del tipo di vizio dedotto, l’accesso ad altre fonti ed atti del processo – una chiara e sicura comprensione dell’esatto thema decidendum devoluto al giudice del merito e sul quale la gravata pronuncia ha statuito.

Piu’ in particolare, la rappresentazione dei motivi dedotti a supporto dell’azione nel merito proposta genera non superabili incertezze circa la direzione della domanda di annullamento, cioe’ a dire se essa avesse ad oggetto la comunicazione di preavviso di fermo nella sua interezza (come sembrerebbe inferirsi da alcuni vizi denunciati, attinenti alla regolarita’ formale di tale atto nel suo complesso e, quindi, miranti ad una caducazione integrale dello stesso), oppure soltanto una cartella ad esso sottesa (cartella del valore di Euro 1.066,20, ovvero parte del credito totale azionato con il fermo, pari ad Euro 2.999,08).

Sul punto, non traendosi elementi dalla gravata sentenza, la mancata riproduzione, nel ricorso di adizione di questa Corte, delle conclusioni rassegnate nel giudizio di merito impedisce di poter apprezzare il valore della causa, parametro di determinazione della contestata liquidazione, e, quindi, in ultima analisi, di vagliare la fondatezza nel merito del motivo de quo.

6. Il sesto motivo lamenta violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, in relazione all’articolo 360, comma 1, num. 3, c.p.c..

Ad avviso dell’impugnante, e’ errata la “condanna al pagamento” del raddoppio del contributo unificato per difetto dei presupposti, in specie poiche’ l’appello non e’ stato dichiarato ne’ inammissibile, ne’ improcedibile ne’ rigettato integralmente.

6.1. La doglianza e’ inammissibile.

Basti, sul tema, ribadire il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la declaratoria della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, in ragione della inammissibilita’ o improcedibilita’ o dell’integrale rigetto della impugnazione, non ha natura di condanna – non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa – bensi’ la funzione di agevolare l’accertamento amministrativo sulla correlata obbligazione tributaria: la attestazione resa dalla sentenza non puo’ pertanto formare oggetto di impugnazione, restando riservata alla competente sede del giudizio tributaria ogni contestazione ad opera delle parti circa i presupposti della debenza del c.d. doppio contributo (in tal senso, ex multis, Cass. 27/11/2020, n. 27131; Cass. 13/11/2019, n. 29424; Cass. 11/06/2018, n. 15166; Cass. 09/11/2016, n. 22867).

7. Rigettato il ricorso, non vi e’ luogo a provvedere sulle spese del grado, in ragione della indefensio della parte intimata.

9. Atteso il rigetto del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’articolo 1-bis dello stesso articolo 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.