Corte di Cassazione – Ordinanza n. 28275 del 15 ottobre 2021

RITENUTO CHE:

(OMISSIS) srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, come sopra rappresentato e difeso, ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, n. 100/13/2019 dep. 16.1.2019, che in controversia su impugnazione di cartella di pagamento per Irpef e Irap anno 2005 ha respinto l’appello della societa’, confermando la sentenza di primo grado, che aveva dichiarato inesistente la notifica del ricorso avvenuta tramite posta elettronica certificata (PEC).

L’agenzia delle entrate si costituisce con controricorso. La societa’ ricorrente deposita successiva memoria.

CONSIDERATO CHE:

1. Con l’unico motivo si deduce erroneita’ della sentenza nella parte in cui ha ritenuto non applicabile al processo tributario la norma generale che abilita gli avvocati alla notificazione degli atti a mezzo pec (violazione della L. n. 53 del 1994).

2. Il motivo, a parte i profili di inammissibilita’, non contenendo il riferimento al parametro di cui all’articolo 360 c.p.c., e’ infondato.

2.1. Va premesso che l’estensione del Processo Tributario Telematico alle Commissioni Tributarie Provinciali e Regionali del Lazio – che costituisce il necessario presupposto della possibilita’ per le parti di effettuare le notificazioni a mezzo p.e.c. – e’ avvenuta soltanto dal 15 aprile 2017, con Decreto del Direttore Generale delle Finanze del 15 dicembre 2016 (pubblicato in G.U. 22/12/2016, n. 298).

2.2. Va pertanto ribadito il principio consolidato secondo cui nel processo tributario, e’ inammissibile, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata, l’atto di appello notificato a mezzo pec prima dell’entrata in vigore della disciplina del processo tributario telematico. Al riguardo va precisato che, in deroga alla generale previsione di entrata in vigore della riforma di cui al Decreto Legislativo n. 156 del 2015 del contenzioso tributario, fissata al 1 gennaio 2016 dallo stesso decreto, articolo 12, comma 1, il medesimo articolo 12, comma 3, prevede che “Le disposizioni contenute nel Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 16-bis, comma 3… si applicano con decorrenza e modalita’ previste dai decreti di cui al Decreto Ministeriale economia e finanze 23 dicembre 2013, n. 163, articolo 3, comma 3”. Infine, il Decreto Ministeriale 4 agosto 2015, articolo 16, emanato in attuazione del Decreto Ministeriale n. 163 del 2013, articolo 3, comma 3, ha previsto l’entrata in vigore delle disposizioni relative al processo tributario telematico in via sperimentale per i ricorsi dinanzi alle Commissioni tributarie provinciali e regionali dell’Umbria e della Toscana a partire dal primo giorno del mese successivo al decorso del termine di 90 giorni dalla pubblicazione dello stesso Decreto Ministeriale 4 agosto 2015, vale a dire dal 1 dicembre 2015″ (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 9430/2018; conf. Cass., Sez. 6, ord. n. 18321/2017; Cass., Sez. 6 ord. n. 17941/2016).

2.3. Ne consegue che la notifica a mezzo PEC della sentenza di appello da parte del difensore del contribuente eseguita in data 20 dicembre 2016 va ritenuta giuridicamente inesistente, non essendo ipotizzabile alcuna forma di sanatoria, diversamente da quanto ritenuto possibile in altre fattispecie dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 7665 del 18 aprile 2016. Infatti, nel caso in esame deve escludersi che la notifica eseguita con modalita’ tecniche non ancora entrate in vigore possa essere ritenuta idonea al conseguimento dello scopo proprio dell’atto, ossia al decorso del termine breve di impugnazione, sia perche’ le norme che stabiliscono cause di decadenza sono norme di stretta interpretazione (Cass. Sez. U, 16 marzo 2015, n. 5160), sia perche’, ai fini della tempestivita’ del ricorso, l’articolo 326 c.p.c. ricollega la decorrenza del termine breve di impugnazione non gia’ alla conoscenza della sentenza, ma al compimento di una formale attivita’ acceleratoria e sollecitatoria, per cui, se la notificazione e’ eseguita in forma diversa, essa non vale mai a far decorrere il termine breve per l’impugnazione nei confronti del destinatario. Il principio e’ stato ribadito anche di recente (da ultimo Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 26543 del 2020; 12739 del 26 giugno 2020; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 26543 del 2020, nonche’ da Cass., n. 8560/2019; n. 15109 del 2018, n. 27425/2018 n. 27425/2018; n. 18321/2017), e viene confermato, non ravvisando il Collegio elementi idonei a giustificare il revirement suggerito dalla parte ricorrente.

3. Nella fattispecie, essendo stata estesa alla Regione Lazio solo a decorrere dal 15 aprile 2017 la normativa sul processo telematico, la notifica del ricorso prima dell’entrate in vigore del citato regolamento – e’ inesistente e come tale insuscettibile di sanatoria.

4. Il ricorso va conseguentemente rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1- bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.500,00 oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.