Corte di Cassazione – Ordinanza n. 29176 del 20 ottobre 2023

LA CORTE OSSERVA

1. (OMISSIS) propose, innanzi al Giudice di pace, opposizione avverso cartella esattoriale riguardante verbale di contestazione violazione al C.d.S., elevata da Roma Capitale, notificata il 17/11/2017, deducendo l’omessa notifica del verbale, in quanto la stessa era stata effettuata a un indirizzo diverso ((OMISSIS)) da quello di residenza ((OMISSIS)). L’adito Giudice rigetto’ l’opposizione.

2. La (OMISSIS) propose appello innanzi al Tribunale di Roma.

3. Il Giudice d’appello rigetto’ l’impugnazione.

Questi, in sintesi e per quel che ancora qui rileva, i passaggi argomentativi della sentenza:

– la notifica del verbale venne effettuata ai sensi dell’articolo 140 c.p.c., l’ufficiale notificante diede atto della temporanea assenza della destinataria e immise nella cassetta l’avviso e deposito’ il piego presso l’ufficio postale, indi diede la comunicazione integrativa a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento in busta chiusa, che non venne ritirata; pertanto la notifica si perfeziono’ per compiuta giacenza decorsi dieci giorni;

– nell’avviso veniva dato atto delle formalita’ adempiute dall’agente postale; di conseguenza “si evince con chiarezza che l’erronea indicazione sulla raccomandata e sul piego del numero identificativo del civico non ha determinato alcun vizio delle operazioni notificatorie”, potendosi presumere che l’agente “avesse esattamente individuato il civico in cui abitava la (OMISSIS) poiche’ aveva immesso l’avviso nella cassetta postale e perche’ se l’agente postale non avesse rinvenuto nella cassetta delle lettere il nominativo del destinatario avrebbe proceduto secondo le formalita’ della irreperibilita’ assoluta e non secondo le forme della irreperibilita’ relativa”;

– infine, soggiunge il Tribunale, per contestare il contenuto della relata di notifica, attestante il compimento da parte dell’ufficiale notificatore di tutte le formalita’ di legge, sarebbe stato necessario proporre querela di falso.

4. (OMISSIS) ricorre avverso la sentenza sulla base di due motivi, ulteriormente illustrati da memoria.

Roma Capitale resiste con controricorso.

5. Con i due motivi, tra loro correlati, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 139, 140 e 160 c.p.c., nonche’ degli articoli 115 e 116 c.p.c., articoli 2727 e 2729 c.c.

Questo l’assunto impugnatorio.

La notifica del verbale era stata tentata alla residenza corretta ((OMISSIS)), ma l’agente notificante non aveva compiuto le formalita’ previste dalla legge. La raccomandata integrativa, per contro, era stata spedita all’indirizzo errato di (OMISSIS) e, quindi, l’avviso era stato immesso nella cassetta delle lettere di altro numero civico.

La notificazione, quindi, era da reputarsi nulla, non essendo state osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia (articolo 160 c.p.c.), per non essere stata effettuata la ricerca di costei nella casa di abitazione (articolo 139 c.p.c.) e per non essere stato depositato l’avviso al corretto indirizzo (articolo 140 c.p.c.).

Sotto altro profilo, soggiunge la ricorrente, il Giudice non aveva posto a fondamento della decisione le prove in atti e non le aveva, comunque, valutate con la necessaria prudenza; aveva, inoltre, violato la regola sulle presunzioni, le quali debbono essere gravi, precise e concordanti.

5.1. Il complesso censuratorio va disatteso.

Non e’ controverso che la ricorrente risiede in (OMISSIS) e proprio ivi si reco’ l’agente postale, come consta dagli atti prodotti dalla stessa ricorrente. Poiche’ non rinvenne in casa l’interessata lascio’ l’avviso previsto dalla legge e fece luogo alla raccomandata informativa.

La circostanza che la (OMISSIS) fosse stata cercata all’indirizzo e non trovata dall’ufficiale notificatore costituisce circostanza contestabile solo a querela di falso. Il fatto che, successivamente, la raccomandata informativa riportava il numero civico (OMISSIS), cosi’ come osservato dal Tribunale, non assume significato dirimente, stante che l’agente postale, effettuate le ricerche previste, lascio’ l’avviso all’indirizzo corretto della ricorrente, senza che l’erronea indicazione avesse avuto conseguenze. Per sostenere il contrario occorrerebbe, come si e’ detto, che fosse accertato il falso mediante l’esperimento di apposita querela e cioe’ che la persona non venne cercata alla propria residenza e ivi non venne lasciato l’avviso, ma altrove. Di conseguenza l’erronea indicazione del civico (invero si tratta solo di un bis) risulta, in se’, ininfluente e non appare fonte di nullita’.

In definitiva, la notificazione, effettuata ai sensi della L. n. 890 del 1982, articolo 8, comma 4, si perfeziono’ decorsi dieci giorni dalla spedizione della raccomandata, non essendovi stato ritiro del piego contenente l’atto da notificare.

Le esposte ragioni restano salde, nonostante la ricorrente insista negli argomenti di cui al ricorso con la memoria: non e’ controverso, come si e’ detto, che la notifica venne ritualmente effettuata al civico (OMISSIS), al quale l’ufficiale notificatore, stante la irreperibilita’ relativa dell’interessata, lascio’ l’avviso; che una tale circostanza non e’ contestabile, se non a querela di falso; che la raccomandata integratrice, venne recapitata, nonostante, non risulti essere stato indicato il (OMISSIS), all’indirizzo corretto; che anche una tale conclusione dell’ufficiale notificatore, il quale diversamente avrebbe dovuto restituire il plico essendo sconosciuto al sito il destinatario, implicante una verifica in loco, e’ contestabile solo con la querela di falso.

Quanto alla denunziata violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., deve rilevarsene lo scopo eccentrico, diretto a contestare il vaglio probatorio, poiche’, come noto, l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito non e’, in questa sede, sindacabile, neppure attraverso l’escamotage dell’evocazione dell’articolo 116 c.p.c., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299). Punto di diritto, questo, che ha trovato recente conferma nei principi enunciati dalle Sezioni unite in epoca recente (sent. n. 20867, 30/09/2020, conf. Cass. n. 16016/2021), essendosi affermato che in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’articolo 116 c.p.c. e’ ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura e’ ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimita’ sui vizi di motivazione (Rv. 659037-02). E inoltre che per dedurre la violazione dell’articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilita’ di ricorrere al notorio), mentre e’ inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attivita’ valutativa consentita dall’articolo 116 c.p.c. (Rv. 659037-01).

Del pari non condivisibile appare la dedotta violazione del regolamento delle presunzioni. Qui, per vero, si e’ giunti alla decisione avversata solo in apparenza attraverso un percorso presuntivo, bensi’ sulla base di una ricognizione normativa: il tentativo di notifica al (OMISSIS) venne correttamente effettuato e l’interessata risulto’ relativamente non reperibile (non in casa), dovendosi dare per fermi e non controvertibili gli accertamenti effettuati in loco dall’agente notificatore. Per la consegna della raccomandata integrativa venne effettuato analogo tentativo, a prescindere dall’indicazione del numero civico 168. Anche in questo caso, invero, il notificatore, ove avesse accertato che il luogo di consegna dell’avviso non corrispondeva alla residenza della persona avrebbe dovuto affermarne la irreperibilita’ assoluta. Anche in questo caso si e’ in presenza di accertamento non piu’ contestabile.

6. Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualita’ della causa, nonche’ delle svolte attivita’, siccome in dispositivo.

7. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, del comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore della controricorrente, che liquida in Euro 400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17), si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.