Corte di Cassazione – Ordinanza n. 11392 del 02 maggio 2023

RILEVATO CHE

1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di diversi avvisi di accertamento di un maggior reddito d’impresa ai fini IRPEG, IRAP ed IVA, emessi con riferimento agli anni di imposta 1998, 1999 e 2000, nonche’ di una cartella di pagamento, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Puglia ha preliminarmente rigettato l’eccezione di inammissibilita’ per tardivita’ dell’appello, sostenendo che dall’elenco delle raccomandate postali prodotte dall’Ufficio, risultava che l’appello era stato spedito il 15 e non il 19 luglio 2011 e rigettava anche l’eccezione di aspecificita’ dei motivi di impugnazione. Nel merito, ritenendo insussistenti nella specie “le condizioni legittimanti l’utilizzazione degli studi di settore” e l’espletamento del contraddittorio endoprocedimentale, rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate confermando la sentenza di primo grado di annullamento gli atti impugnati.

2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha replicato l’intimata con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo. La controricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO CHE

1. Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, articoli 12, comma 7, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, 39, comma 1, e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, art 55, sostenendosi che nel caso di specie, vertendosi in ipotesi di accertamento analitico-induttivo condotto “a tavolino”, non sussisteva per l’amministrazione finanziaria alcun obbligo di instaurazione del contraddittorio con riferimento ai tributi non armonizzati, mentre, con riferimento ai tributi armonizzati, i giudici di appello avrebbero dovuto effettuare la c.d. prova di resistenza, verificando se la contribuente avesse dedotto “specifiche ragioni che la parte avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato espletato” (ricorso, pag. 10), ne’ tenuto conto, a tal fine, del fatto dell’invio del questionario alla contribuente e della risposta da questa fornita.

2. Con il secondo motivo viene dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 42 e 39, comma 2, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 55, del Decreto Legge n. 331 del 1993, 62-bis nonche’ degli articoli 2697 e 2729 c.c., sostenendo che nella specie il maggior reddito d’impresa era stato accertato con metodo analitico-induttivo sulla base delle incongruenze e dell’inattendibilita’ della contabilita’ societaria, e non con l’applicazione degli studi di settore, utilizzati nell’accertamento “solo per corroborare ulteriormente l’innegabile inattendibilita’ dell’impianto contabile esibito e la sua artificiosita’ e strumentalita’ a far emergere crediti IVA inesistenti” (ricorso, pag. 15).

3. Con il primo motivo di ricorso incidentale viene dedotta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’articolo 327 c.p.c., censurandosi la sentenza impugnata per avere la CTR ritenuto tempestiva la notifica del ricorso d’appello sulla base di un elenco di raccomandate presentate dall’Agenzia delle entrate all’ufficio postale inidoneo ad attestare la spedizione tempestiva del ricorso ed il cui timbro, ivi apposto, era comunque illeggibile. Censura proposta anche ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

4. Ragione di ordine logico-giuridico impongono il preliminare esame del motivo di ricorso incidentale che e’ inammissibile ed infondato.

5. Occorre precisare che nel caso di specie il termine per la proposizione dell’appello scadeva il 18 luglio 2011 dovendosi applicare alla sentenza di primo grado, pubblicata in data 1 giugno 2010, il termine annuale di impugnazione per essere stato il ricorso di primo grado proposto in data antecedente al 4 luglio 2009 (data di efficacia della modifica apportata alla L. n. 69 del 2009, articolo 327 c.p.c.), nonche’ la sospensione di 46 giorni per il periodo feriale ed il differimento di cui all’articolo 155, comma 4, c.p.c., scadendo l’ordinario termine di impugnazione nel giorno di domenica 17/07/2011.

6. Cio’ precisato, osserva il Collegio che il motivo di ricorso incidentale con cui viene dedotta la violazione di legge non si confronta con l’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui “Nel giudizio tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto d’appello per il notificante nel termine di cui all’articolo 327 c.p.c., e’ validamente fornita dall’elenco di trasmissione delle raccomandate recante il timbro datario delle (OMISSIS), non potendosi attribuire all’apposizione di quest’ultimo su detta distinta cumulativa altro significato se non quello di attestarne la consegna all’ufficio postale” (Cass. n. 22878 del 2017; v. anche Cass. n. 24568 del 2014 e n. 7312 del 2016), chiarendosi, sul punto, che “la veridicita’ dell’apposizione della data mediante il timbro postale a calendario e’ presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, poiche’ si riferisce all’attestazione di attivita’ compiute dal pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni in relazioni alla ricezione (Cass. pen., 14.4.1994 – Cass. pen. 1996, 93, s.m.), precisandosi, altresi’, che, riguardo al timbro postale mancante di firma, si ha atto pubblico in senso tecnico giuridico pur in difetto di sottoscrizione dell’atto stesso, esistendo la possibilita’ d’identificarne la provenienza e non richiedendone la legge la sottoscrizione ad substantiam (Cass. pen.,10.1. 1989 – Cass. pen. 1991, I, 418, s.m.; conf. 1.3.1985 – Cass. pen. 1986, 1083, s.m.; 27.5.1982 – Cass. pen. 1983, 1980, s.m.; v. sull’accettazione del plico Cass. pen., 27.1.1987 – Cass. pen. 1988, 826, s.m.)” (Cass., Sez. U., n. 13452 del 2017, § 5.9, v. anche § 5.10).

7. Alla stregua di tali principi, che la ricorrente incidentale omette del tutto di considerare, pur ammettendo l’esistenza del timbro sull’elenco prodotto dall’Agenzia delle entrate, il motivo e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c..

8. Infondata e’, invece, la censura posta ai sensi del n. 5 del comma 1 dell’articolo 360 c.p.c. sia perche’ la CTR ha preso in esame il documento decidendo in conformita’ ai sopra indicati principi giurisprudenziali, sia perche’ l’accertamento in fatto compiuto dai giudici di appello, che ha ritenuto leggibile la data (del 15/06/2011) del timbro postale, e’ insindacabile in questa sede.

9. I motivi di ricorso principale, al cui esame deve passarsi, sono inammissibili in quanto privi di autosufficienza.

10. Sostiene la ricorrente (nel secondo motivo) che nel caso in esame il maggior reddito d’impresa era stato accertato con metodo analitico-induttivo sulla base delle incongruenze e dell’inattendibilita’ della contabilita’ societaria, e non con l’applicazione degli studi di settore, utilizzati nell’accertamento “solo per corroborare ulteriormente l’innegabile inattendibilita’ dell’impianto contabile esibito e la sua artificiosita’ e strumentalita’ a far emergere crediti IVA inesistenti” (ricorso, pag. 15). Deduce, quindi, l’insussistenza di un obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per i tributi non armonizzati e il mancato superamento della prova di resistenza per i tributi armonizzati (primo motivo).

11. Orbene, la ricorrente asserisce che quanto dedotto con il primo motivo si evincerebbe dagli avvisi di accertamento impugnati che, pero’, non allega al ricorso e nemmeno ne trascrive il contenuto nel corpo dell’atto, almeno nelle sue parti essenziali, cosi’ impedendo a questa Corte di effettuare il necessario vaglio di fondatezza dei motivi proposti, atteso peraltro che, con riferimento a quanto dedotto con il primo motivo, l’obbligtorieta’ del contraddittorio nella fase amministrativa dipende dal tipo di accertamento compiuto perche’ se fosse stato fondato effettivamente sugli studi di settore allora la statuizione d’appello, che ne ha affermato l’obbligatorieta’, sarebbe corretta (da ultimo, Cass. n. 24931 del 2022).

12. Al riguardo va ricordato che secondo questa Corte, “In applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonche’ alla specifica indicazione del luogo in cui ne e’ avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessita’ di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso. (Nella fattispecie, relativa a un giudizio di impugnativa di delibere societarie di approvazione dei bilanci, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso perche’ privo di un’adeguata descrizione del contenuto dei bilanci stessi e degli atti intervenuti tra le parti, nonche’ dell’indicazione del fascicolo dove tali documenti sarebbero stati rinvenibili)” (Cass. n. 5478 del 2018).

13. Principio, questo, ribadito anche da Cass. n. 29093 del 2018, secondo cui “I requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilita’, dall’articolo 366, comma 1, c.p.c., nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso della societa’ contribuente che non aveva riportato nel ricorso, nemmeno sinteticamente, la motivazione dell’avviso di accertamento, ne’ quella degli atti istruttori sui quali l’atto impugnato in primo grado si fondava)”, e, piu’ recentemente, da Cass. n. 28184 del 2020, secondo cui “In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiche’ indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso e’ rintracciabile, sicche’ la mancata “localizzazione” del documento basta per la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso, senza necessita’ di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante “contenutistico”. (In applicazione del predetto principio, la S. C. ha dichiarato inammissibile il ricorso con il quale era stata dedotta l’omessa pronuncia ex articolo 112 c.p.c. su di una domanda asseritamente contenuta nella comparsa d’intervento, senza che, tuttavia ne’ tale domanda, ne’ la sentenza di primo grado fossero “localizzate” all’interno degli atti del procedimento)”.

14. Orbene, nel caso in esame, la ricorrente non si e’ attenuta ai suesposti principi giurisprudenziali e, comunque, anche nell’ottica del superamento di un “eccessivo formalismo” nell’interpretazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, propugnata da Cass., sez. U, n. 8950 del 2022 alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, nella specie non puo’ ritenersi sufficiente la generica indicazione contenuta nel ricorso (pag. 2) che “gli atti e i documenti richiamati nel presente ricorso sono contenuti nel fascicolo d’ufficio (e in particolare nei fascicoli di parte ivi inseriti) (…)” e che “ad esso si rinvia, senza un nuovo deposito degli atti e dei documenti in ossequio a quanto stabilito da codesta Corte a Sezioni Unite con la sentenza 3 novembre 2011, n. 22726”, che pero’ riguarda altra questione, ovvero quella dell’improcedibilita’ del ricorso ex articolo 369, comma 3, c.p.c.; ne’ puo’ ritenersi sufficiente l’indicazione fatta in calce al ricorso (ultima pagina) dei documenti posti a fondamento dello stesso, tra cui si indicano “gli avvisi di accertamento anni 1998, 1999 e 2000 (pag. 3)”, che e’ evidentemente la pagina dei predetti atti impositivi in cui risulterebbe provata la tesi sostenuta nel secondo motivo, senza pero’ alcuna specificazione della localizzazione dei predetti documenti nei fascicoli di merito.

15. In estrema sintesi, il ricorso principale va dichiarato inammissibile e quello incidentale va rigettato con compensazione delle spese processuali, attesa la reciproca soccombenza.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso principale, rigetta quello incidentale e compensa le spese processuali.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.