Corte di Cassazione – Ordinanza n. 28388 del 28 novembre 2017

ORDINANZA

sul ricorso 25899-2014 proposto da:
PREFETTURA AREZZO, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrenti –

contro
DL DI AF SAS, in persona del legale , rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA BELLACHIOMA;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 629/2014 del TRIBUNALE di AREZZO, depositata il 24/06/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

RILEVATO CHE

1. – Il Tribunale di Arezzo nella causa civile di appello tra DL s.a.s. di AF e la prefettura di Arezzo accoglieva l’appello di AF e riformava la sentenza del Giudice di Pace di Cortona n. 215 del 2012, con la quale detto giudice aveva respinto, sul presupposto della sua tardiva presentazione, il ricorso in opposizione al verbale di contestazione del codice della strada elevato dalla sezione polizia stradale di Perugia, in data 19 gennaio 2012, per inosservanza dell’articolo 142, comma 9, codice della strada, violazione commessa il giorno 18 gennaio 2012, con applicazione della sanzione in misura ridotta di euro 500;
2. – secondo il giudice di appello, l’opposizione ex articolo 204 bis del codice della strada proposta dalla società DL di AF era da considerarsi tempestiva, contrariamente a quanto affermato in primo grado;
in particolare, nel caso di specie, doveva ritenersi operante la disciplina sulla sospensione feriale dei termini, in quanto l’articolo 3 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, che esclude l’applicabilità della sospensione alle controversie previste dagli articoli 409 e seguenti, cod. proc. civ., fa riferimento alle controversie aventi ad oggetto un rapporto individuale di lavoro e non è, dunque, applicabile indiscriminatamente a tutte le controversie che per effetto di innovazioni legislative siano assoggettate al cosiddetto rito del lavoro;

2.1- ciò premesso il giudice d’appello riteneva l’opposizione fondata in quanto il verbale di accertamento della violazione datato 19 gennaio 2012, era stato notificato ad AF legale rappresentante della DL s.a.s., tramite messo comunale del Comune di Perugia, presso l’indirizzo del medesimo, in data 8 agosto 2012, ben oltre il previsto termine di 90 giorni;
dagli atti prodotti risultava che l’indirizzo indicato costituiva la residenza anagrafica dell’.A , nonché la sede legale della società, come risultava anche dall’archivio nazionale dei veicoli prodotto dalla Prefettura;
nessuna rilevanza poteva acuirsi ai precedenti tentativi di notifica del verbale a mezzo servizio postale diretti al medesimo indirizzo e non andati a buon fine, non essendo invocabile la giurisprudenza formatasi sul principio della scissione del momento di perfezionamento della notificazione;
tale principio, infatti, presuppone un procedimento notificatorio regolarmente perfezionato, ed è volto ad impedire che il ritardo nel compimento del procedimento stesso ricada in o del notificante anche quando sia ascrivibile all’agente stale;
nel caso di specie, poiché il procedimento non si era perfezionato, il principio non poteva trovare applicazione;
pertanto, ai sensi dell’articolo 201, comma 5, codice della strada, l’obbligo di pagare la somma dovuta per la violazione a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria doveva considerarsi estinto, non essendo stata effettuata la notificazione nel termine prescritto;

3.- Avverso la suddetta sentenza propone ricorso, articolato in un unico motivo, la prefettura di Arezzo, cui resiste con controricorso la DL s.a.s. di AF

CONSIDERATO CHE

1.- Il primo motivo di ricorso attiene alla violazione e fals applicazione dell’articolo 201 del decreto legislativo n. 285 del 1992, in relazione articolo 360, comma 1, n 3, cod. proc. civ.;
premette in fatto la ricorrente che il verbale è stato emesso il 19 gennaio 2012 ed è stato notificato in data 7 febbraio 2012, con spedizione a mezzo del servizio postale presso l’indirizzo dell’intestatario del veicolo risultante dalla archivio nazionale, il plico è stato poi restituito, in data 17 aprile dalle poste, con esito negativo in quanto il destinatario risultava irreperibile;
atteso che l’indirizzo indicato era esatto, come risultava dalle verifiche effettuate dall’amministrazione presso la Camera di Commercio, in data 16 luglio 2012, veniva riattivato il processo notificatorio mediante nuova spedizione del verbale a mezzo del servizio postale;
nuovamente il plico veniva restituito da Pi con esito negativo, senza aver svolto alcune ulteriori formalità;
l’amministrazione rilevata l’esattezza dell’indirizzo ha riattivato ancora una volta il procedimento notificatorio che in questa occasione si è perfezionato, in data 26 luglio 2012, con la notifica da parte del messo comunale del Comune di Perugia nella sede della società al medesimo indirizzo dei primi due tentativi di notifica a mezzo posta;

1.1- il Tribunale ha ritenuto tale notifica tardiva rispetto al termine di 90 giorni sancito dall’articolo 201 codice della strada;
l’Amministrazione, dunque, avrebbe documentato che il procedimento notificatorio è stato attivato tempestivamente e che il ritardo nel perfezionamento della notifica è da ascrivere a fatti intervenuti fuori della sua sfera di controllo, come l’omesso espletamento delle formalità di legge ex articolo 140 cod. proi civ. e quelle previste dalla legge n. 890 del 1982 da parte dell’agente postale;
infatti, non sarebbe da imputare ad omissione del dirigente dell’amministrazione l’esito negativo tanto più che l’indirizzo fornito era quello esatto e, dunque, sarebbe errata l’affermazione del Tribunale con funzione di appello, secondo cui solo il momento di perfezionamento della notificazione rende rilevante il principio della scissione mentre nel caso di notifica non perfezionata il medesimo principio non trova applicazione;

2.- Il ricorso è infondato;
in primo luogo deve rilevarsi che questa Suprema Corte, in più occasioni, ha avuto modo di affermare che la scissione degli effetti della notificazione, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 447 del 2002, trova applicazione anche alla notifica del verbale di contestazione degli addebiti di cui al procedimento sanzionatorio amministrativo in materia di violazioni del codice della strada;
in particolare ci si riferisce a Sez. 1, n. 10844 del 10 luglio 2003 (Rv. 564941) così massimata:«la sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale ha affermato il principio valevole in ogni caso come regola ermeneutica – secondo il quale gli effetti della notificazione debbono essere ricollegati, per quanto riguarda il notificante, al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge (essendo l’attività degli organi della notificazione sottratti alla sua sfera di disponibilità). Tale principio trova applicazione anche nel caso previsto dall’art. 8 della medesima legge, e gli effetti de notificazione, per il notificante, si producono dal compimento
delle formalità a lui imposte dalla legge. Ne deriva che ove, come in materia di notifica di verbali di accertamento di violazioni del codice della strada, sia espressamente prevista la notifica a mezzo posta, secondo la relativa disciplina, l’Amministrazione notificante adempie ai suoi obblighi in proposito con il regolare avviamento della procedura di notifica a mezzo posta, così evitando ogni decadenza procedimentale»;
tale orientamento è stato confermato da Sez. 2, n. 4453 del 20 marzo 2012 (Rv. 622052) secondo cui: «In tema di illeciti amministrativi conseguenti a violazioni del codice della strada, è tempestiva la notificazione del verbale di contestazione se, nel termine di centocinquanta giorni dall’accertamento [oggi ridotto a 90 gg. – n.d.r.], previsto dall’art. 201 del medesimo testo normativo, tale atto sia stato consegnato all’ufficio postale, irrilevante essendo invece la data di ricezione da parte del destinatario, dovendosi trarre dalla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002, che ha dichiarato l’illegittimità del combinato disposto dell’art. 149 cod. proc. civ. e dell’art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890, il principio generale secondo cui, anche con riferimento ad atti non processuali, per i quali vi sia un espresso richiamo alle norme sulle notificazioni del processo civile, come avviene nel comma terzo del citato art. 201, la decadenza non può discendere dal compimento di un’attività riferibile non direttamente alla part ma a terzi»;
nella motivazione della citata sentenza si legge che dalla sentenza n. 477 del 2002, «benché emessa in tema di notifica di atti processuali, deve trarsi il principio generale secondo cui quanto vi sia un espresso richiamo alla norme sulle notificazioni del processo civile, come nell’alt. 201 C.d.S., comma 3, un effetto di decadenza non possa discendere dal compimento di un’attività non riferibile direttamente alla parte ma ai terzi (nella specie ufficio postale), tenuto conto che gli atti impeditivi della decadenza vengono in considerazione per le conseguenze che determinano a carico non già dei soggetti ai quali sono indirizzati, ma del titolare del diritto che deve essere esercitato entro un dato termine, nel senso che il tempo della consegna dell’atto non incide sul rispetto del termine di cui all’art. 201 cit., una volta escluso che per l’amministrazione la notifica si perfeziona con la spedizione»;
infine le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 12332 del 17 maggio 2017, Rv. 644252 hanno ribadito che: «Il principio della scissione degli effetti della notificazione tra il notificante ed il destinatario dell’atto trova applicazione anche per gli atti del procedimento amministrativo sanzionatorio – non ostandovi la loro natura recettizia – tutte le volte in cui dalla conoscenza dell’atto stesso decorrano i termini per l’esercizio del diritto di difesa dell’incolpato e, ad un tempo, si verifichi la decadenza dalla facoltà di proseguire nel procedimento sanzionatorio in caso di omessa comunicazione delle condotte censurate entro un certo termine, dovendo bilanciarsi l’interesse del notificante a non vedersi imputare conseguenze negative per il mancato perfezionamento della fattispecie “comunicativa” a causa di fatto di terzi che intervengano nella fase di trasmissione del contenuto dell’atto e quello del destinatario a non essere impedito nell’esercizio di propri diritti,
compiutamente esercitabili solo a seguito dell’acquisita conoscenza del contenuto dell’atto medesimo»;

2.1- premessa, dunque, l’astratta applicabilità del principio di scissione anche al procedimento notificatorio in materia di sanzioni amministrative, deve, tuttavia, affermarsi che nel caso di specie, il suddetto principio non può trovare applicazione a causa del comportamento negligente dell’amministrazione;
infatti quest’ultima, odierna ricorrente, ha esplicato in data 7 febbraio 2012, con spedizione a mezzo del servizio postale, un primo tentativo di notificazione del verbale di contestazione del 19 gennaio 2012, tentativo non andato a buon fine, con restituzione del plico in data 17 aprile, in quanto il destinatario era risultato irreperibile;
l’amministrazione, dopo aver verificato che l’indirizzo indicato esatto, solo in data 16 luglio 2012, ha riattivato il processo notificatorio spedendo nuovamente il verbale a mezzo del servizio postale, anche questa volta con esito negativo;
infine il procedimento notificatorio si è perfezionato in data 26 luglio 2012 con la notifica da parte del messo comunale del Comune di Perugia, nella sede della società, al medesimo indirizzo dei primi due tentativi di notifica a mezzo posta;

2.2- nel caso di specie, dunque, deve affermarsi la non applicabilità del principio di scissione degli effetti della notifica per il notificante rispetto al destinatario, in quanto emerge un comportamento negligente dell’amministrazione che, dal momento della restituzione del plico da parte delle poste in data 17 aprile 2012, ha fatto decorrere interamente il termine a sua disposizione, riattivando il procedimento notificatorio solo il successivo 16 luglio;
secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, «Nel caso in cui la notificazione di un atto processuale da compiere entro un termine perentorio non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, quest’ultimo, ove se ne presenti la possibilità, ha la facoltà e l’onere di richiedere la ripresa del procedimento notificatorio, e la conseguente notificazione, ai fini del rispetto del termine, avrà effetto fin dalla data della iniziale attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un tempo ragionevolmente contenuto, tenuti anche presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per venire a conoscenza dell’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie» (Cass., sez. un., 24 luglio 2009, n. 17352);
in sostanza, quando la mancata notifica non è imputabile alla parte che l’ha richiesta, il processo notificatorio continua a ritenersi iniziato nel momento in cui l’atto è stato spedito, ma questa continuità sussiste solo qualora la parte istante si sia riattivata con «immediatezza» per completare il processo notificatorio, non appena appresa la notizia dell’esito negativo della notificazione, e abbia svolto la medesima attività con «tempestività»;
di recente le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 14594 del 2016 hanno affermato che «In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 cod. proc. civ., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa»;

2.3- il principio affermato con riferimento ai termini processuali, può essere esteso, per le ragioni sopra esposte, anche ai termini del procedimento notificatorio delle sanzioni amministrative, nella specie, trattandosi di infrazione al codice della strada, regolato dalTart. 201 del d.lgs. n. 285 del 1992;
in conclusione il ricorso deve essere interamente rigettato, le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al nento delle spese di questo giudizio, liquidate in € 800,00 (ottocento), per compensi e 200 per esborsi.