Corte di Cassazione – Ordinanza n. 28466 del 28 novembre 2017

ORDINANZA

sul ricorso 22948-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 251/8/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 11/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del Presidente e del Relatore.

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 9 febbraio 2015 la Commissione tributaria regionale della Sardegna, sezione distaccata di Sassari, accoglieva l’appello proposto da (OMISSIS) srl avverso la sentenza n. 43/2/07 della Commissione tributaria provinciale di Sassari che ne aveva respinto il ricorso contro la cartella di pagamento emessa per crediti tributari afferenti gli anni 2001-2002-2003. La CTR osservava in particolare in fatto che difettava la prova della spedizione a mezzo posta dell’avviso di recupero dei crediti de quibus, quale atto presupposto della cartella esattoriale impugnata, ed in diritto che comunque non poteva ritenersi applicabile alle societa’ con personalita’ giuridica la procedura notificatoria di cui all’articolo 140 cod. proc. civ. (id est L. n. 890 del 1982, articoli 2 ss.), se non nei confronti della persona fisica che le rappresenta.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

Resiste con controricorso la societa’ contribuente.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – l’agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione della L. n. 890 del 1982, articolo 8, articolo 145 cod. proc. civ., poiche’ la CTR ha affermato l’inapplicabilita’ della prima disposizione legislativa, in quanto sostanzialmente equivalente alle previsioni di cui all’articolo 140 cod. proc. civ., in caso di notificazione ad una societa’ con personalita’ giuridica, ed in particolare della previsione di perfezionamento della procedura notificatoria mediante “compiuta giacenza” in caso di mancato ritiro del plico raccomandato ed in esito alle modalita’ procedurali pure dalla disposizione legislativa stessa imposte.

Con il secondo motivo – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la ricorrente afferma la violazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19 quale conseguenza della ritenuta invalidita’ derivata della cartella di pagamento impugnata per la nullita’ della notifica dell’atto presupposto, che di contro doveva considerarsi divenuto definitivo per omessa impugnazione, sicche’ detto atto riscossivo doveva considerarsi impugnato per un vizio non proprio, con la conseguente inammissibilita’ del ricorso originario.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono inammissibili e comunque infondate.

Va anzitutto ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralita’ di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le “rationes decidendi” rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitivita’ delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa” (Sez. 3, Sentenza n. 389 del 11/01/2007, Rv. 595599 – 01; successive conformi, Sez. Sentenza n. 7931 del 29/03/2013, Rv. 625631 – 01, Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016, Rv. 639158 – 01).

Come detto, la sentenza impugnata si basa su due, distinte ed autonome, rationes decidendi, la prima, fattuale, consistente nell’affermazione di carenza della prova della spedizione del plico raccomandato contenente l’atto presupposto della cartella esattoriale impugnata; la seconda, giuridica, consistente nella statuizione di nullita’ della notifica a mezzo posta perfezionata per “compiuta giacenza” nei confronti di una societa’ con personalita’ giuridica, essendo riservata tale modalita’ soltanto all’ipotesi nella quale la notifica venga fatta al legale rappresentante ai sensi dell’articolo 145 c.p.c., comma 3, articolo 140 cod. proc. civ., L. n. 890 del 1982, articolo 8.

L’agenzia fiscale ricorrente ha impugnato soltanto la seconda ratio decidendi, ma non la prima, sicche’ deve considerarsi inverata la causa di inammissibilita’ enucleata nel principio di diritto di cui al citato arresto giurisprudenziale.

Peraltro le censure risultano altresi’ infondate, dovendosi ribadire in diritto che “E’ valida la notifica di un atto ad una persona giuridica presso la sede a mezzo del servizio postale, non essendovi alcuna previsione di legge ostativa al riguardo, purche’ mediante consegna a persone abilitate a ricevere il piego, mentre, in assenza di tali persone, deve escludersi la possibilita’ del deposito dell’atto e dei conseguenti avvisi presso l’ufficio postale; l’articolo 145 cod. proc. civ., infatti, non consente la notifica alla societa’ con le modalita’ previste dagli articolo 140 e 143 cod. proc. civ., e, quindi, con gli avvisi di deposito di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, articolo 8 che costituiscono modalita’ equivalenti alla notificazione ex articolo 140 cod. proc. civ., essendo questa riservata esclusivamente al legale rappresentante” (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 18762 del 13/09/2011, Rv. 619293 – 01).

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13 comma 1- quater, (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 – 01).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 5.600 oltre Euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.