Agenzia delle Entrate – Circolare n. 27/E del 28 maggio 2010

Rappresentanza e difesa in giudizio dell’Agenzia delle entrate – Notifiche degli atti processuali
1. Premessa

A integrazione della circolare n. 71/E del 30 luglio 2001, la presente fornisce chiarimenti in materia di rappresentanza e difesa dell’Agenzia delle Entrate in giudizio, nonché di notificazione degli atti processuali, avuto riguardo ai più recenti orientamenti giurisprudenziali nonché al protocollo d’intesa che disciplina i rapporti tra l’Agenzia delle entrate e l’organo legale.
L’iniziativa muove non solo dalla ordinaria esigenza di uniformare correttamente il comportamento degli uffici, ma anche dall’opportunità di evidenziare, a beneficio dei contribuenti che finora erano soliti notificare gli atti processuali presso la sede centrale dell’Agenzia delle Entrate, la non necessarietà di tali notificazioni e quindi la possibilità di eseguire le stesse esclusivamente presso gli uffici periferici, con conseguente contenimento dei costi di gestione del contenzioso ed innegabili vantaggi in termini di semplificazione delle procedure.

2. Legittimazione e rappresentanza processuale

Per capacità o legittimazione processuale (legitimatio ad processum) si intende la capacità della parte di stare in giudizio.
L’art. 75, comma 3, del codice di procedura civile, stabilisce che “Le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge o dello statuto”.
Per rappresentanza processuale in senso tecnico-legale si intende, invece, la capacità del procuratore di porre in essere atti processuali in nome e per conto del rappresentato [1].

Per quanto riguarda i giudizi innanzi alle Commissioni tributarie provinciali e regionali [2], gli artt. 10 e 11, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 attribuiscono la legittimazione processuale nonché la difesa diretta in giudizio all'”ufficio del Ministero delle finanze” e, più precisamente, all'”ufficio che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto”.
Anche l’art. 17, comma 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 – che si applica ai giudizi pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale – attribuisce la legittimazione processuale all'”ufficio tributario”.
Con la riforma dell’Amministrazione finanziaria che ha istituito le Agenzie fiscali, le disposizioni in parola continuano ad applicarsi automaticamente nei confronti delle strutture interne dell’Agenzia delle Entrate, così come risultanti dalle disposizioni adottate dalla stessa nell’esercizio dell’autonomia organizzativa.

Pertanto, dinanzi alle Commissioni tributarie, per tutti i giudizi incardinati anteriormente al 1° gennaio 2001 – data di attivazione dell’Agenzia delle Entrate – si è verificata una sostituzione normativa delle articolazioni interne dell’Agenzia delle Entrate ai soppressi uffici periferici del Ministero delle finanze, in dipendenza dell’avvenuto trasferimento di funzioni, attribuzioni, poteri e competenze e della conseguente successione nei relativi rapporti sostanziali e processuali.
Trattasi di un’ipotesi di successione a titolo particolare nel processo ai sensi dell’art. 111 del codice di procedura civile, applicabile dinanzi alle Commissioni tributarie provinciali e regionali per effetto del rinvio di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992 e dinanzi alla Commissione tributaria centrale, per effetto del rinvio di cui all’art. 39, comma 1, del D.P.R. n. 636 del 1972.

Va precisato ulteriormente che, sempre con riferimento ai giudizi tributari incardinati anteriormente al 1° gennaio 2001, sussiste la legittimazione esclusiva dell’Agenzia delle Entrate nelle ipotesi in cui il Ministero delle finanze (ora Ministero dell’economia e delle finanze) non abbia svolto – dopo la predetta data – alcuna attività processuale [3] ovvero, qualora l’abbia svolta, sia stato poi estromesso dal giudizio [4].

Ovviamente, per i giudizi tributari incardinati dal 1° gennaio 2001 avverso atti degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, la legittimazione processuale spetta in ogni caso in via esclusiva all’Agenzia delle Entrate e per essa alla competente articolazione interna con rilevanza esterna, come definita dagli atti mediante i quali l’Agenzia ha esercitato l’autonomia organizzativa.
Pertanto, non va chiamato in causa il Ministero dell’economia e delle finanze, atteso che dal 1° gennaio 2001 le funzioni degli uffici del soppresso Dipartimento delle Entrate del Ministero delle finanze sono state trasferite all’Agenzia delle Entrate [5].

Come riconosciuto dalla Corte di Cassazione [6], “L’art. 57 del D.Lgs. n. 300 del 1999, ha previsto, per la gestione delle funzioni già esercitate dai vari Dipartimenti e dagli altri uffici del Ministero delle finanze, l’istituzione delle Agenzie fiscali, che in base alla previsione dell’art. 73, comma 4, del successivo D.M. 28 dicembre 2000, sono divenute operative a far tempo dal 1° gennaio 2001, contestualmente subentrando nella titolarità dei rapporti giuridici già di pertinenza degli uffici ministeriali.
“In forza dell’art. 61, comma 1, del medesimo testo di legge, le Agenzie fiscali hanno personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria e, quindi, quali autonomi soggetti di diritto, possono stare in giudizio nelle controversie instaurate successivamente alla loro costituzione a mezzo del direttore che ne ha la rappresentanza, avvalendosi, eventualmente, del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’art. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1.
“Ai fini della realizzazione della migliore organizzazione, l’art. 66, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 300 del 1999, ha disposto che gli uffici siano articolati tra livello centrale e livello periferico, secondo disposizioni interne”.
L’articolo 13, comma 1, dello statuto [7] dell’Agenzia delle entrate stabilisce che “L’Agenzia è articolata in uffici centrali e periferici. Tale articolazione, sino all’approvazione del regolamento di amministrazione, corrisponde a quella attualmente in essere per le strutture del Dipartimento delle Entrate, le cui funzioni, ai sensi dell’articolo 57, comma 1 del decreto istitutivo, sono trasferite all’Agenzia”.

L’articolo 5, comma 3, del regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate prevede che “Le direzioni provinciali curano l’attività di informazione e assistenza ai contribuenti, la gestione dei tributi, l’accertamento, la riscossione e la trattazione del contenzioso”. Sono strutturate, a seconda delle dimensioni della direzione provinciale, in uno o più uffici territoriali, individuati con atto del Direttore dell’Agenzia, e in un ufficio controlli. Gli uffici territoriali sono dedicati alle attività di informazione e assistenza, alla gestione delle imposte dichiarate e ai controlli formali, nonché ad altre tipologie di controlli individuate con atto del Direttore dell’Agenzia. L’ufficio controlli è dedicato a tutte le funzioni di controllo e accertamento, fatta eccezione per quelle affidate agli uffici territoriali, nonché al contenzioso; può articolarsi in più aree, individuate in base alla numerosità e alle caratteristiche delle diverse tipologie di contribuenti e ai differenti tipi di attività da svolgere”. All’interno dell’ufficio controlli vi è una specifica Area legale, che gestisce tutto il contenzioso della Direzione provinciale.

Inoltre, il precedente art. 4, comma 3, dispone che le Direzioni regionali “esercitano, nell’ambito della rispettiva regione o provincia, funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo nei confronti degli uffici, curano i rapporti con gli enti pubblici locali e svolgono attività operative di particolare rilevanza nei settori della gestione dei tributi, dell’accertamento, della riscossione e del contenzioso, e in specie, a decorrere dal 1° gennaio 2009, quelle di cui ai commi 9, 11, 12 e 14 dell’articolo 27 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, con le attribuzioni e i poteri di cui al comma 13 del medesimo articolo nei confronti dei soggetti con volume d’affari, ricavi o compensi non inferiori a cento milioni di euro”.

Ne deriva che “Gli uffici locali [8] dell’Agenzia, esplicazione territoriale dell’Agenzia centrale sono … legittimati ad agire ed esser convenuti nei giudizi davanti alle commissioni tributarie ed in questi sono rappresentati dal direttore nominato, avente funzioni dirigenziali, che per la gestione e l’adempimento dei compiti ad esso demandati può delegare suoi diretti collaboratori a scopi determinati” [9].
Nel giudizio tributario in Cassazione, non trovando diretta applicazione il citato art. 11, comma 2, del D.lgs. n. 546 del 1992, la legittimazione processuale spetta sia all’Agenzia delle Entrate, in persona del suo Direttore che ne ha la rappresentanza legale, sia alla struttura territoriale che ha emanato l’atto impugnato o che non ha impugnato l’atto richiesto.

Invero, anche nei giudizi diversi da quelli tributari di merito e quindi anche in quello tributario nel grado di legittimità, è ammessa la legittimazione processuale concorrente della competente struttura interna.
Ciò in quanto, “come chiarito dalle Sezioni Unite (cfr. Cass., SSUU, 14 febbraio 2006, n. 3116, n.d.r.) l’attribuzione agli uffici periferici dell’Agenzia della stessa capacità di stare in giudizio spettante, in base agli artt. 10 e 11 del D.Lgs. n. 546 del 1992, agli uffici finanziari che avevano emesso l’atto, comporta il conferimento ai medesimi uffici periferici della capacità di stare in giudizio, in via concorrente ed alternativa al direttore, secondo un modello simile alla preposizione institoria disciplinata dagli artt. 2203 e 2204 del codice civile configurandosi detti uffici, quali organi dell’agenzia che, al pari del direttore, ne hanno la rappresentanza ai sensi e agli effetti dell’art. 163, comma 2, n. 2), 144 e 145 del codice di procedura civile … la ricostruzione del rapporto tra l’agenzia e l’ufficio periferico negli schemi della procura institoria, con conseguente imputabilità all’ente pubblico preponente dell’attività posta in essere dal secondo, impone di riconoscere, secondo le regole stabilite in via generale dal codice di procedura civile, all’ufficio periferico la legittimazione processuale attiva e passiva, concorrente con quella dell’ente, anche nel processo innanzi al giudice ordinario, per i rapporti sorti dagli atti compiuti da detto periferico” [10].

3. Il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato

Nelle ipotesi in cui l’Agenzia e le sue articolazioni interne non possono stare in giudizio direttamente mediante propri dipendenti, la rappresentanza e la difesa in giudizio dell’Agenzia delle Entrate è affidata in via organica ed esclusiva all’Avvocatura dello Stato.
Trattasi del cosiddetto patrocinio autorizzato, previsto dall’art. 43, comma 1, del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, in virtù del quale “L’Avvocatura dello Stato può assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le Autorità giudiziarie, i Collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che sia autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con regio decreto”.
Il predetto patrocinio è previsto dall’art. 72 del D.Lgs. n. 300 del 1999 e dall’art. 20, comma 3, del D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107.
Il citato art. 72 dispone che “Le agenzie fiscali possono avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’articolo 43 del testo unico approvato con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modificazioni”.

Nello stesso senso, il citato art. 20, comma 3, del D.P.R. n. 107 del 2001 prevede che “Alle agenzie si applica, in materia di patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, il dettato dell’articolo 43, del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611” [11].
Le modalità di cooperazione fra Agenzia delle Entrate e Avvocatura dello Stato sono disciplinate da un protocollo d’intesa, che però non ha rilevanza esterna [12]. Del pari non è necessario il conferimento di specifica procura all’Avvocatura dello Stato [13].

4. La notificazione degli atti giudiziari e delle sentenze

Alla luce della giurisprudenza richiamata al paragrafo precedente [14], deve concludersi che le notificazioni degli atti giudiziari e delle sentenze possono e devono essere effettuate alla struttura territoriale che ha emanato l’atto impugnato o che non ha emanato l’atto richiesto.
Di contro risulterebbero indubbiamente più onerose (e perciò non opportune) le notificazioni all’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, presso la sua sede centrale; ciò che renderebbe comunque necessaria la successiva trasmissione dell’atto o della sentenza alla struttura periferica.
Conseguentemente, si invitano le dipendenti strutture operative a non sollevare eccezioni in contrasto con le indicazioni appena fornite.

La menzionata competenza delle strutture periferiche dell’Agenzia delle Entrate a ricevere le notificazioni degli atti processuali non è ostacolata dal disposto dell’art. 11 del R.D. n. 1611 del 1933, secondo cui le notifiche alle amministrazioni dello Stato devono essere effettuate presso l’Avvocatura dello Stato. Ciò in quanto l’Agenzia delle Entrate non è organo dello Stato, ma ente dotato di autonoma personalità giuridica di diritto pubblico.

Solo nei giudizi in cui l’Avvocatura dello Stato si sia già costituita in nome e per conto dell’Agenzia, le notificazioni vanno effettuate presso le competenti strutture territoriali del medesimo organo legale.
In proposito la Corte di Cassazione ha affermato che “La notifica della sentenza è utilmente eseguita, pertanto, al competente ufficio dell’Avvocatura dello Stato soltanto se la parte fu da essa rappresentata in giudizio; in caso diverso, non può che eseguirsi … nella sede dichiarata, che è quella dell’ufficio avente la qualità di parte nel giudizio di merito e che all’epoca dei fatti avrebbe potuto non avvalersi affatto della rappresentanza e difesa dell’Avvocatura dello Stato” [15].

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[1] Normalmente si tratta di atti che la parte non può porre in essere da sola, necessitando di regola di difesa e rappresentanza in giudizio mediante professionisti appartenenti a specifiche categorie.
[2] Che ovviamente sono quelli che in maggior numero interessano l’Agenzia delle entrate.
[3] Ciò che è normalmente avvenuto.
[4] Cfr. Cass., 12 marzo 2008, n. 6591 ove si precisa che, nel caso in cui la successione legale dell’Agenzia delle Entrate al Ministero delle finanze sia avvenuta nel corso del giudizio di primo grado, ed il Ministero abbia omesso sia di impugnare la sentenza ad esso sfavorevole, sia di partecipare al giudizio di appello, senza contestazioni della controparte, si verifica per accordo tacito fra tutte le parti una estromissione dal giudizio del Ministero medesimo, anche in assenza di un provvedimento formale. In tale caso, pertanto, il Ministero è privo di legittimazione a proporre ricorso per cassazione che, se proposto, va dichiarato inammissibile. Cfr. in tal senso Cass., 10 dicembre 2007, n. 25702; Cass., 22 maggio 2005, n. 3557.
[5] In tal senso, cfr. Cass., 8 febbraio 2007, n. 8174.
[6] Cass., 8 febbraio 2008, n. 3058.
[7] L’organizzazione dell’Agenzia delle entrate è disciplinata dalla legge, dallo statuto, dal regolamento di amministrazione e dagli altri atti di organizzazione interna, consultabili sul sito Internet dell’Agenzia: www.agenziaentrate.it, nella sezione Agenzia>chi siamo>statuto e regolamenti; le strutture territoriali sono reperibili nella sezione Uffici> elenco Uffici.
[8] Attualmente tutte le strutture territoriali dell’Agenzia (Direzioni regionali e provinciali e, fino alla loro completa soppressione, Uffici locali, nonché Centro operativo di Pescara).
[9] Cass., n. 3058 del 2008.
[10] Cass., 9 aprile 2009, n. 8703; in tal senso cfr. anche Cass., 19 gennaio 2010, n. 698.
[11] Cfr. sull’argomento, fra le tante, Cass., 16 ottobre 2009, n. 21964; Cass., 18 giugno 2009, n. 14125; Cass., SS.UU., 29 ottobre 2007, n. 22641; Cass., 30 marzo 2007 n. 7882; Cass., 8 marzo 2006, n. 4936; Cass., SS.UU., n. 3116 del 2006; Cass., SS.UU., 14 febbraio 2006, n. 3118.
[12] Cfr. Cass., nn. 3116 e 3118 del 2006.
[13] Cfr., fra le tante, Cass., 20 novembre 2009, n. 24522; Cass., 2 marzo 2007, n. 4923; Cass., SS.UU., nn. 3116 e 3118 del 2006; Cass., SS.UU., 21 luglio 1999, n. 484; Cass., 27 marzo 1999, n. 11441; Cass., 8 agosto 2003, n. 11979.
[14] In particolare, Cass. nn. 3116 e 3118 del 2006, n. 8703 del 2009 e n. 698 del 2010.
[15] Cass., 19 giugno 2007 n. 18227; in tal senso cfr. anche Cass., 20 aprile 2007, n. 9401; 11 gennaio 2006, n. 345.