CTP Reggio Calabria – Sentenza n. 3369 del 06 agosto 2021

a seguito di discussione in pubblica udienza

(…) adiva la Commissione Tributaria di Provinciale di Reggio Calabria, proponendo ricorso contro l’Agenzia delle Entrate Riscossione per ottenere l’annullamento dell’iscrizione a ruolo c della cartella di pagamento n. (…) anno di imposta 2013-2014 tassa smaltimento rifiuti per un ammontate al netto di interessi e sanzioni di euro 1.436,72.

Premetteva che – al fine di verificare l’esistenza di eventuali posizioni debitorie – aveva ricevuto in data 29 gennaio 2019 l’estratto di ruolo in cui era richiamata la cartella indicata contenente la cartella asseritamente notificata in data 12 aprile 2018 ed afferente l’anno di imposta 2013-2014 e riportante una presunta iscrizione a ruolo per crediti dovuti a titolo di tasse automobilistiche.

Rilevava:

L’omessa notifica della cartella di pagamento e degli atti presupposti;

L’assenza di motivazione e di indicazione dei presupposti alla base del calcolo degli interessi e delle sanzioni pecuniarie applicate.

L’illegittimità dell’aggio di riscossione senza la prova dell’effettiva attività svolta per il recupero delle imposte.

Nullità degli atti impugnati per intervenuta decadenza dei termini di notifica della stessa, in violazione dell’art. 25 comma 1 lettera c) del DPR 602/1973 La prescrizione del credito.

Si costituiva l’Agenzia della Riscossione evidenziando:

L’inammissibilità dell’impugnazione dell’estratto di ruolo per notifica della cartella di pagamento avvenuta in data 12 aprile 2018 a mezzo pec, con relativa refertazione, sicché non era possibile contestare la fondatezza della pretesa creditoria;

L’inammissibilità di fare valere con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. i fatti estintivi del credito successivi alla formazione del titolo esecutivo, in particolare la prescrizione.

Quanto agli importi degli interessi, evidenziava che quelli erano di pertinenza dell’ente impositore, atteso che solo dopo la notifica della cartella il computo avviene da parte dell’Agente della Riscossione.

Infondatezza dell’eccezione di prescrizione, applicandosi quella decennale.

Ad ogni modo chiedeva la cessazione della materia del contendere perché la cartella in contestazione era stata pagata tramite conto corrente postale in data 18 dicembre 2019 e produceva estratto cartella alla data del 24 gennaio 2020.

Nella memoria depositata in vista dell’udienza del 15 aprile 2021, la parte rilevava l’assoluta legittimità dell’impugnazione del ruolo dopo la notifica della cartella per accertare effetti estintivi del credito verificatisi dopo la notifica della cartella stessa.

Evidenziava ancora la tardività dell’integrazione del contraddittorio, essendo stata la costituzione della controparte tardiva.

Quanto alla prova della notifica dell’atto impugnato, evidenziava che l’Agente della Riscossione aveva depositato il solo estratto di ruolo che non costituisce prova.

Inoltre aveva depositato un documento in formato eml invalido e inidoneo a confutare le deduzioni della ricorrente e tea l’altro utilizzando un indirizzo pec non oggettivamente e con certezza riferibile all’agente della riscossione.

Rilevava infine che la mancata chiamata in causa dell’ente creditore non costituisce violazione del contraddittorio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Commissione ritiene il ricorso vada accolto.

E’ senz’altro ammissibile 1′ impugnazione del ruolo allorquando si pone in discussione la notifica della cartella

Tale diritto va in linea di principio senz’altro riconosciuto; ma il suo esercizio deve avvenire nel rispetto del termine generale di impugnazione di cui all’art. 21 del decreto leg. 546/1992.

In ordine alla impugnabilità dell’estratto di ruolo inteso non quale mero “documento” rappresentativo, bensì nel suo sostrato sostanziale e contenutistico di atto amministrativo pretensivo riferito ad una specifica posizione soggettiva nel caso di mancata notificazione della cartella di pagamento che di esso si fonda, si è infatti espressa la Suprema Corte a Sezioni Unite 19704/2015, secondo cui “il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale a causa dell’invalidità della relativa notifica sia avvenuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossine; a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del decreto leg. 546/1992 in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità di un atto precedente non notificato unitamente allatto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione”.

Orbene, posto questo principio, resta che la facoltà di impugnazione deve essere, esercitata secondo la regola generale, nel rispetto dei termini previsto di 60 gg ex art. 21 cit.; sicché l’avvenuta conoscenza dell’esplica effetto non soltanto alla determinazione in capo al contribuente della legittimazione ad impugnare ma anche al termine di esercizio di tale legittimazione (Cassazione sentenza tir 13584 depositata il 330 maggio 2017).

Tanto più considerato che né la tipologia non direttamente impositiva dell’atto impugnato, né le modalità non notificatone della sua conoscenza da parte del contribuente sono in grado di mutare l’ipotetica configurazione, in realtà non prevista dall’ordinamento, dì un’azione, sempre proponibile, di accertamento negativo del debito tributario la natura prettamente impugnatomi del processo di cui l’atto viene a costituire l’oggetto precipuo; con conseguente applicabilità delle modalità generali di introduzione del giudizio di impugnazione a cominciare appunto dal termine decadenziale di proposizione.

E’ dunque evidente che tale termine deve essere sempre osservato per il solo fatto che l’impugnazione sia proposta; ed indipendentemente dalla sua facoltatività in tutti quei casi in cui si ritenga comunque la permanenza in capo al contribuente del diritto di impugnare anche il primo atto impositivo in senso stretto che gli sia successivamente notificato (Cassazione 2616/2015; 15597/15; 20611/2016)

Assodato quindi che per ragioni di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A (valori che presuppongono entrambi la sollecitazione tempestiva e non esperibile sine die della verifica giurisdizionale) ogni atto adottato dall’ente, impositore che porti a conoscenza una specifica pretesa tributaria con esplicitazione delle sue concrete ragioni fattuali e giuridiche, ed anche senza necessità che si manifesti in forma autoritativa, è impugnabile davanti al giudice tributario per quanto non incluso nell’elenco di cui all’articolo 19 del decreto leg. 546/1992, è tuttavia necessario che l’impugnazione così proposta risponda alla disciplina generale che le è propria.

In primo luogo dovrà rispondere dunque al requisito di tempestività ex art. 21 del decreto leg. 546/1992, requisito la cui sussistenza deve essere provata per regola generale dallo stesso ricorrente con riguardo alla data di avvenuta conoscenza dell’atto enunciativo della pretesa tributaria contestata.

Nel caso concreto il contribuente ha dimostrato di essere venuto a conoscenza del molo in data 29 gennaio 2019 (producendo la copia rilasciata a richiesta dall’Agenzia delle Entrate Riscossione) ed è stato proposto nel marzo 2019.

Il contribuente ha però evidenziato – ed era ovviamente l’unico modo per la legittimità dell’impugnazione dell’estratto di ruolo – che non aveva mai ricevuto la notifica della cartella.

L’Agente della Riscossione ha ritenuto di aver dato prova di avere assolto l’onere probatorio afferente la corretta notificazione della cartella nr (…) tramite pec.

Il ricorrente, dunque, al fine di annullare integralmente il debito erariale – nelle more del giudizio – ha di contro evidenziato che la notifica della cartella esattoriale era insanabilmente viziata (nella forma giuridica della nullità), in quanto l’Ente della Riscossione, in qualità di soggetto notificante, non aveva utilizzato la PEC attribuita all’Agenzia delle Entrate – Riscossione, presente nell’elenco ufficiale “IPA” (Indice delle Pubbliche Amministrazioni), bensì un irrituale ed ignoto indirizzo.

Sul punto, in tema di notifica a mezzo PEC, l’art. 26, D.P.R. n. 602/73, l’art. 16-terdel D.L. 179/2012. convertito in Legge n. 221/2012 recita testualmente: “a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai Eni della notificazione e comunicazione degli atti in ma teda civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto, ovvero “IPA”, “Reginde”, “Inipec”

Orbene: la verifica, effettuata dal ricorrente, in relazione all’indirizzo di Posta Certificata dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, evidenziava che all’esattore notificante era stato assegnato un indirizzo PEC differente, rispetto a quello utilizzato nelle notifiche in contestazione.

Sulla scorta di tali notizie, emergeva la considerazione che l’indirizzo PEC in commento, ossia [email protected] era l’unico valido e pertanto utilizzabile legittimamente dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione per scopi notificatori con validità legale delle cartelle esattoriali tributarie.

Per cui, dall’analisi dei documenti versati in atti dall’esattore nel corso del giudizio, di contro, si evinceva che la cartella di pagamento era state trasmessa da un indirizzo PEC diverso da quello contenuto nel pubblico registro, il tutto in palese violazione della richiamata normativa.

Orbene, ritiene la Commissione che sia da accogliete il ricorso del contribuente perché la casella PEC, adoperata dall’Ente della Riscossione in sede di notifica della cartella esattoriale, è collegata ad “un soggetto che non si conosca, e cioè da un indirizzo PEC diverso da quello contenuto nei pubblici registri”.

In effetti, “l’art. 26, D.P.R. n. 602/73, l’art. 16-ter del D.L. 179/2012, recita, testualmente: “a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti (…) si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto ovvero “IPA”, “Reginde”, “Inipec”.

Nel caso in esame, però l’Ente della Riscossione non ha utilizzato l’indirizzo ufficiale presente in IPA (Indice delle Pubbliche Amministrazioni), ossia [email protected], bensì [email protected].

In conclusione, dai documenti versati in atti dall’esattore è pertanto emerso il fatto storico inconfutabile che la cartella di pagamento è stata trasmessa da un indirizzo PEC differente da quello contenuto nel pubblico registro (IPA) per la notifica dei provvedimenti esattivi di natura tributaria.

Tale situazione risulta in contrasto con la richiamata normativa.

Pertanto la contestata notifica è da ritenersi priva di effetti giuridici, di conseguenza l’atto impugnato è da ritenersi nullo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Condanna l’Agente della Riscossione al pagamento di euro 100,00 da distrarsi in favore del procuratore antistatario.