Corte di Cassazione Ordinanza n. 13834 del 20 maggio 2021

RILEVATO

1. Il contribuente veniva attinto da un provvedimento di fermo amministrativo ed intimato al pagamento di Euro 3.554.008,80 per tributi erariali relativi a sanzioni pecuniarie ai fini Irpef 2005, cosi’ apprendendo, a suo dire, l’esistenza di una cartella di pagamento quale atto presupposto.

2. I due gradi di merito erano favorevoli all’Amministrazione finanziaria.

3. Insorge con ricorso il contribuente che si affida ad un unico motivo di ricorso, cui resiste l’Agente della riscossione con tempestivo controricorso.

CONSIDERATO

1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 138, 139 e 148 c.p.c., in parametro all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). In buona sostanza la parte ricorrente invoca la cassazione della sentenza per aver la CTR falsamente applicato la disciplina codicistica in tema di perfezionamento della notifica.

1.1. La notifica della cartella esattoriale (atto presupposto), pur risultando consegnata a mani del contribuente in base alle risultanze della relata di notifica, sarebbe infatti inesistente ed illegittima per essere stata consegnata ad un numero civico diverso da quello risultante dall’anagrafe comunale. Di tal via non potrebbe essere affermato con certezza che il sottoscrittore della relata sia anche l’effettivo destinatario, pur firmatosi come il contribuente.

Il motivo e’ infondato.

2. Come correttamente eccepito dalla difesa erariale, la parte ricorrente non disconosce la sottoscrizione di avvenuta ricezione dell’atto impositivo ne’ contesta ritualmente la relata di notifica.

2.1. E’ principio fermo di questa Corte quello secondo cui l’attestazione dell’ufficiale giudiziario sulla consegna dell’atto personalmente al destinatario costituisce atto pubblico che fa piena prova della notifica fino a querela di falso. Conseguentemente, per togliere valore alla prova della notifica e’ indispensabile esperire la querela di falso prevista dall’articolo 221 c.p.c. (Cfr. Cass. V, n. 19560 del 2018).

2.2 Nel caso in commento, il contribuente si e’ limitato a contestare genericamente le operazioni condotte dal messo notificatore ma non ha esperito alcuna querela di falso, unico strumento utile per togliere valore alla relata di notifica quale atto pubblico. Corretta e conferma ai principi espressi da questa Corte e’ dunque la decisione impugnata che merita dunque di essere confermata.

A cio’ aggiungasi che a termini dell’articolo 156 c.p.c., non puo’ essere dichiarata la nullita’ di alcun atto che abbia raggiunto il suo scopo. Anche su tale profilo, infatti, questa Corte e’ intervenuta affermando che la notificazione e’ una mera condizione di efficacia e non un elemento dell’atto d’imposizione fiscale, sicche’ la sua nullita’ e’ sanata, a norma dell’articolo 156 c.p.c., comma 2, per effetto del raggiungimento dello scopo, desumibile anche dalla tempestiva impugnazione (Cfr. Cass. V, n. 18480 del 2016).

Un tanto in disparte la latente carenza d’interesse, gia’ affermata da questa Corte, secondo cui “premesso che l’interesse ad agire (la cui assenza e’ rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento), e’ richiesto per qualsiasi domanda dall’articolo 100 c.p.c., e costituisce un requisito per la trattazione del merito della domanda (Cass. n. 18127 del 2009, Cass. n. 3330 del 2002), l’irritualita’ della notificazione puo’ essere fatta valere dal contribuente unicamente al fine di eccepire la decadenza dell’amministrazione dalla possibilita’ di esercitare la pretesa tributaria, o la prescrizione dell’azione, ovvero al fine di dimostrare la tempestivita’ dell’impugnazione dell’atto, altrimenti il contribuente non ha interesse a dedurre un vizio della notificazione che non ridonda, di per se’, in vizio dell’avviso di accertamento (Cass. n. 16407 del 03/11/2003). Le condizioni di validita’ dell’atto impositivo, quali prescritte dalle singole norme tributarie, vanno infatti tenute distinte (logicamente e cronologicamente) dalle condizioni di validita’ della sua notificazione (v. Cass., n. 11354 del 2001 e Cass. n. 3936 del 2002): non essendo in contestazione ne’ la tempestivita’ dell’esercizio del potere impositivo, ne’ la tempestivita’ dell’impugnazione del contribuente, non v’e’ per questi interesse a dedurre un vizio della notificazione dell’atto impugnato.” (Cfr. Cass. V, n. 10079/2017).

Il motivo e’ dunque infondato e il ricorso merita di essere respinto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di (OMISSIS) s.p.a., che liquida in Euro tredicimila/00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso nella misura forfettaria del 15%, Iva e cpa come per legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 -quater, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 -bis, se dovuto.