Corte di Cassazione – Ordinanza n. 51433 del 27 deicembre 2021

RILEVATO CHE

(OMISSIS) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 20 dicembre 2019 n. 7201/07/2019, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di cartelle di pagamento per la TARI relativa agli anni 2007, 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012, in relazione all’immobile adibito a propria sede in Roma, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti dell'” (OMISSIS) S.p.A.” e dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma il 12 aprile 2018 n. 8135/30/2018, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di prime cure, sul presupposto che l’immobile appartenente all’ente ecclesiastico non fosse esonerato dal pagamento della TARI. L” (OMISSIS) S.p.A.” e l’Agenzia delle Entrate – Riscossione si sono costituite con separati controricorsi. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore e’ stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. Il ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO CHE

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. 7 luglio 2016, n. 137, articolo 7 a conferma dell’Accordo tra il Governo della Repubblica Italiana e la Santa Sede di cui al processo verbale della riunione svoltasi il 20 aprile 2006, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la notifica degli inviti di pagamento e delle cartelle di pagamento per la TARI fosse esclusa dall’osservanza della Convenzione tra il Governo della Repubblica Italiana e la Santa Sede in materia fiscale dell’1 aprile 2015.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 16 del Trattato Lateranense, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’immobile appartenente al ” (OMISSIS)” fosse soggetto al pagamento della TARI.

Ritenuto che:

1. Il primo motivo e’ infondato.

1.1 La censura involge il tema delle modalita’ con le quali si deve effettuare la notifica degli atti in materia tributaria ad enti soggetti allo Stato della Citta’ del Vaticano, ma ubicati nell’ambito territoriale dello Stato Italiano, nel caso di specie al ” (OMISSIS)”.

In proposito, l’articolo 7 della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale, fatta nella Citta’ del Vaticano il 1 aprile 2015 (con l’espresso richiamo al Processo Verbale della riunione sulla questione delle modalita’ di notifica degli atti tributari, svoltasi il 20 aprile 2006, con relativi allegati, gia’ oggetto dello scambio di Note Verbali del 20 luglio 2007 tra la Segreteria di Stato, Sezione per i Rapporti con gli Stati (Nota Verbale n. (OMISSIS)), e l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede (Nota Verbale n. (OMISSIS)), in cui si sancisce il principio per cui la notifica degli atti tributari italiani ad una serie di enti della Santa Sede, ivi compreso il ” (OMISSIS)” (parte III, lettera Q, n. 104 dell’annesso elenco), deve avvenire per via diplomatica, salvo il “buon fine” delle notifiche gia’ effettuate) e resa esecutiva con la L. 7 luglio 2016, n. 137, e’ destinato ad entrare in vigore, dopo la ratifica secondo le rispettive legislazioni, “il giorno successivo alla data in cui le Parti Contraenti si siano notificate il completamento delle rispettive procedure necessarie all’entrata in vigore della (…) Convenzione” (articolo 13 della Convenzione medesima).

Tanto e’ stato espressamente sancito da questa Corte, la quale, nell’escludere l’applicazione – per la notifica degli atti tributari – della Convenzione stipulata tra l’Italia e la Santa Sede il 6 settembre 1932 per la notifica degli atti civili e commerciali, resa esecutiva con la L. 13 aprile 1933, n. 379, ha ritenuto che la Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale non possa retroagire ad epoca anteriore alla sua attuazione con la L. 7 luglio 2016, n. 137, desumendone che: “Alla luce del quadro normativo fin qui tracciato, deve quindi ritenersi che, con riguardo all’epoca di notifica degli atti per cui e’ causa, non era prevista una procedura notificatoria specifica per gli atti tributari, che invece e’ stata introdotta solo successivamente con la citata L. n. 137 del 2016, e che, pertanto, la disciplina di riferimento era quella ordinaria, dettata dal codice di procedura civile” (Cass., Sez. 5, 20 ottobre 2020, n. 22709).

Senza contare, peraltro, la dubbia configurabilita’ in astratto di un’ipotesi di inesistenza (e non di nullita’) di un’eventuale notifica eseguita nel territorio italiano con le modalita’ ordinarie in luogo delle modalita’ diplomatiche, alla luce del consolidato orientamento per cui tale vizio e’ configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile quell’atto, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’. Come e’ noto, tali elementi consistono: a) nell’attivita’ di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere detta attivita’, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtu’ dei quali, cioe’, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, si’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa (Cass., Sez. Un., 20 luglio 2016, nn. 14916 e 14917; Cass., Sez. 5, 13 settembre 2017, n. 21273 e 21274; Cass., Sez. 6-5, 3 aprile 2018, n. 8126; Cass., Sez. 5, 20 dicembre 2019, nn. 34209 e 34210; Cass., Sez. 6-5, 28 settembre 2020, nn. 20404 e 20405; Cass., Sez. 5, 17 novembre 2020, n. 26086; Cass., Sez. 5, 19 novembre 2020, n. 26333; Cass., Sez. 5, 13 maggio 2021, nn. 12829 e 12830; Cass., Sez. 5, 11 giugno 2021, n. 16517; Cass., Sez. 6-5, 21 settembre 2021, n. 25585; Cass., Sez. 5, 22 settembre 2021, n. 25627).

1.2 Con la memoria depositata ex articolo 380-bis c.p.c., il ricorrente ha insistito sulla particolare formulazione del punto 3 (“Buon fine dei casi pregressi”) del Processo Verbale in questione, secondo il quale: “La Santa Sede ha accettato il principio del “buon fine” delle notifiche gia’ effettuate. In merito ai seguiti operativi in relazione al recesso dai contenziosi in atto (da parte vaticana e’ stato evidenziato che i casi contenziosi dovrebbero essere limitati, probabilmente nell’ordine di uno o due), si e’ convenuto di procedere ad una verifica di tali casi ed eventualmente ad un ulteriore incontro tecnico per valutarne le migliori modalita’ di chiusura”.

A suo dire, “laddove si aderisse all’interpretazione esegetica delle norme citate offerta dalla CTR e sostenuta dalla controparte (e dal Relatore) l’articolo 2 appena sopra richiamato risulterebbe come disposizione inutiliter data, priva di senso logico ovvero come un accordo ai quali gli stessi Stati hanno abdicato nello stipulare la successiva Convenzione”.

L’assunto non puo’ essere condiviso. Difatti, il tenore testuale dell’intesa in parte qua non allude all’applicazione ex tunc della notifica per via diplomatica degli atti tributari agli enti della Santa Sede, bensi’ al riconoscimento della validita’ della notifica per via ordinaria dei medesimi in relazione alle controversie ancora pendenti dinanzi agli organi del contenzioso tributario, per le quali si e’ programmato di addivenire ad una definizione transattiva all’esito di un monitoraggio dei singoli casi.

1.3 Peraltro, tale pattuizione e’ coerente con l’articolo 28 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969, resa esecutiva con la L. 12 febbraio 1974, n. 112, il quale sancisce il principio generale di irretroattivita’ dei trattati tra gli Stati contraenti (“Salvo che una diversa intenzione non risulti dal trattato o non sia altrimenti accertata, le disposizioni di un trattato non vincolano una parte per quanto riguarda un atto o un fatto anteriore alla data di entrata in vigore del trattato stesso nei confronti di tale parte o una situazione che avesse cessato di esistere a tale data”).

1.4 Ne’ si potrebbe invocare in senso contrario l’articolo 6, comma 2, della citata Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale (con la previsione della sua applicazione “(…) anche ai rapporti pendenti e non definiti con sentenza passata in giudicato”), la cui disciplina transitoria e’ espressamente delimitata dalla specialita’ della norma concordataria sul regime giuridico degli immobili appartenenti alla Santa Sede ed agli Istituti Pontifici.

Per cui, le notifiche degli atti tributari ai predetti enti che risalgono ad epoca antecedente all’entrata in vigore della disciplina speciale di fonte concordataria sono soggette al regime generale del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 60 (richiamato dal Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 56, comma 1, Decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, articolo 52, comma 3, del Decreto Legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, articolo 49, comma 1), della L. 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, commi 158 e 161, del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, articolo 26 e della L. 20 novembre 1980, n. 890, articolo 14.

1.5 Ne deriva che le notifiche degli inviti di pagamento e delle cartelle di pagamento in contestazione devono considerarsi esenti da tale regola, essendosi incontrovertibilmente perfezionate ben prima dell’entrata in vigore della legge di ratifica (23 luglio 2016) e, a maggior ragione, dello scambio di notifiche tra il Governo della Repubblica Italiana e la Santa Sede (15 ottobre 2016).

1.6 Nella specie, con motivazione articolata e dettagliata, il giudice di appello ha fatto buon governo del principio enunciato, ritenendo la regolarita’ ratione temporis delle notifiche degli inviti di pagamento e delle cartelle di pagamento per la TARI relativa agli anni 2007, 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012.

A tal proposito, secondo la sentenza impugnata, l’articolo 13 della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale, fatta nella Citta’ del Vaticano il 1 aprile 2015, “(…) fissa l’entrata in vigore di tale Convenzione – e, quindi, anche dell’Accordo suddetto, che ne “costituisce parte integrante” (articolo 7) – al “giorno successivo alla data in cui le Parti contraenti si siano notificate il completamento delle rispettive procedure necessarie all’entrata in vigore della presente Convenzione”. Prima di tale adempimento, quindi, quell’accordo non era ancora in vigore, non essendo stato ratificato dall’Italia”. “Pertanto, la notificazione delle cartelle di pagamento, siccome nella specie avvenuta prima della legge di esecuzione, e’ da ritenere valida ed efficace. D’altro canto, l’Accordo non si applica ai rapporti pendenti e non definiti con sentenza passata in giudicato, come quello di specie”.

2. Anche il secondo motivo e’ infondato.

2.1 L’articolo 16 del Trattato Lateranense dell’11. febbraio 1929, reso esecutivo con la L. 27 maggio 1929, n. 810, stabilisce che gli immobili nella stessa norma elencati e adibiti a sedi di Istituti Pontifici non saranno mai assoggettati a vincoli o ad espropriazioni per causa di pubblica utilita’, se non previo accordo con la Santa Sede, e saranno esenti da tributi sia ordinari che straordinari tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente.

Tale principio ha trovato esecuzione con l’articolo 6 della citata Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale, a tenore del quale: “1. In attuazione dell’articolo 16, alinea primo, del Trattato del Laterano, sottoscritto l’11 febbraio 1929, gli immobili indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato stesso non possono essere assoggettati a vincoli o ad espropriazioni per causa di pubblica utilita’, se non previo accordo con la Santa Sede, e sono esenti da tributi sia ordinari che straordinari, presenti e futuri, tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente, senza necessita’ di ulteriori e specifiche disposizioni di esenzione.

2. La presente disposizione si applica anche ai rapporti pendenti e non definiti con sentenza passata in giudicato”.

2.2 Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass., Sez. 5, 14 marzo 2012, n. 4027; Cass., Sez. 6-5, 21 giugno 2017, n. 15407; Cass., Sez. 5, 13 marzo 2019, n. 7153; Cass., Sez. 6-5, 18 maggio 2021, n. 13375), l’articolo 16 del Trattato Lateranense e’ una “norma programmatica” che impegna lo Stato a darvi attuazione. A tanto lo Stato ha provveduto, ad esempio, per quanto riguarda l’imposta sui redditi (Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, articolo 2 il quale stabilisce l’esenzione degli immobili in questione dall’imposta locale sui redditi e dall’imposta sul reddito delle persone giuridiche e l’esenzione dei relativi incrementi di valore dall’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili), la dichiarazione e l’accertamento catastale (R.Decreto Legge 13 aprile 1939, n. 652, articolo 6, comma 3, lettera e, e articolo 38, comma 2, lettera b, del regolamento per la formazione del N. C.E.U. di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 1 aprile 1949, n. 1142, i quali stabiliscono l’esenzione degli immobili in questione dalla dichiarazione e dall’accertamento degli immobili urbani) e l’ICI (Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, articolo 7, comma 1, lettera e, il quale stabilisce l’esenzione degli immobili in questione dall’imposta comunale sugli immobili), ma non per quanto riguarda la tassa sui rifiuti, con cio’ convalidando l’ipotesi che l’esenzione di cui trattasi concerna, ed e’ ragionevole che concerna, esclusivamente le imposte che gravano sui redditi degli immobili in questione (in termini: Cass., Sez. 6A-5, 18 maggio 2021, n. 13375, con riguardo al medesimo contribuente).

Secondo l’assunto del ricorrente, la sopravvenienza dell’articolo 6 della citata Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale – con la peculiare precisazione “senza necessita’ di ulteriori e specifiche disposizioni di esenzione” – avrebbe escluso la necessita’ per lo Stato di adottare una specifica norma di favore per ciascun tributo. Per cui, l’eventuale carenza di una espressa disposizione di attuazione non sarebbe piu’ di ostacolo al riconoscimento dell’esenzione dalla TARI per gli immobili degli enti della Santa Sede.

Tuttavia, come e’ stato gia’ osservato da questa Corte, a prescindere dalla natura meramente programmatica dell’articolo 16 del Trattato Lateranense, l’articolo 6 della citata convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Santa Sede in materia fiscale non e’ applicabile al caso di specie, attesa la natura della tassa sui rifiuti, che non colpisce l’immobile, ma ha la valenza specifica di corrispettivo di un servizio legato alla qualita’ e quantita’ dei rifiuti prodotti dal soggetto passivo, sicche’ la produzione ed il conferimento di rifiuti costituiscono la ratio dell’imposizione e, al tempo stesso, delle relative agevolazioni (in termini: Cass., Sez. 5, 13 marzo 2019, n. 7153 – nel medesimo senso, con riguardo alla natura della tassa sui rifiuti: Cass., Sez. 5, 14 marzo 2012, n. 4027; Cass., Sez. 6-5, 21 giugno 2017, n. 15407; Cass., Sez. 6-5, 18 maggio 2021, n. 13375).

Difatti, la tassa sui rifiuti – nonostante le alterne vicende che l’hanno vista passare da tributo a tariffa e da tariffa a tributo nell’evoluzione normativa che ne ha caratterizzato la disciplina dal Decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1993, n. 507, al Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e, infine, al Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214 – ha avuto sempre, e in particolare a partire dalla disciplina dettata con il c.d. “decreto Ronchi” (Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22), una valenza specifica di corrispettivo di un servizio legato alla qualita’ e quantita’ dei rifiuti prodotti dal soggetto passivo, articolandosi in una “quota fissa”, commisurata alle necessita’ pubbliche di erogazione del servizio, ed in una “quota variabile”, commisurata ai rifiuti prodotti (in termini: Cass., Sez. 5, 14 marzo 2012, n. 4027; Cass., Sez. 5, 31 maggio 2017, n. 13740; Cass., Sez. 5, 21 giugno 2017, n. 15407; Cass., Sez. 5, 13 marzo 2019, n. 7153; Cass., Sez. 5, 23 aprile 2020, n. 8087; Cass., Sez. 65, 18 maggio 2021, n. 13375).

2.3 Aggiungasi che l’edificio in questione, essendo adibito a sede di “un centro di alti studi della Sacra scrittura nella citta’ di Roma per promuovere il piu’ efficacemente possibile la dottrina biblica e tutti gli studi connessi secondo lo spirito della Chiesa cattolica” (secondo la definizione della lettera apostolica Vinea Electa di Papa Pio X del 7 maggio 1909, che e’ stata testualmente riportata in ricorso), non e’ un edificio destinato al culto (edifici che l’articolo 10, comma 3, del “Regolamento per la applicazione sperimentale della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani del Comune di Roma”, approvato con deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 3 marzo 2003 n. 24, esclude dal calcolo delle superfici, ma sempre perche’ ritenuti “incapaci di produrre rifiuti, per loro natura e caratteristiche o per il particolare uso cui sono adibiti”) e, in assenza di una specifica norma di legge o regolamentare, non e’ sufficiente ai fini dell’esenzione dalla tassa dei rifiuti la condizione soggettiva considerata nella richiamata (e sotto questo profilo inattuata) norma del Trattato Lateranense (in termini: Cass., Sez. 6-5, 18 maggio 2021, n. 13375, con riguardo al medesimo contribuente).

2.4 Nella specie, il giudice di appello si e’ uniformato al principio enunciato, avendo ritenuto, con motivazione coerente e convincente, l’inapplicabilita’ dell’esenzione prevista dall’articolo 16 del Trattato Lateranense sul presupposto che la tassa sui rifiuti non potesse considerarsi un tributo gravante sugli immobili.

3. Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, il ricorso deve essere rigettato.

4. La peculiarita’ della vicenda esaminata e la novita’ delle questioni dibattute giustificano la compensazione delle spese giudiziali.

5. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese giudiziali; da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.