Corte di Cassazione – Ordinanza n. 25408 del 29 agosto 2023

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato in data 26.10.2005 ai sensi dell’articolo 143 c.p.c., (OMISSIS) conveniva avanti il Tribunale di Roma (OMISSIS) per sentire: in via principale, accertare e dichiarare la di lui esclusiva responsabilita’ nell’adempimento del contratto di compravendita stipulato tra le parti in data (OMISSIS) ai rogiti Notaio (OMISSIS) di Roma, pronunziando la risoluzione del contratto medesimo per consegna di aliud pro alio, con condanna alla restituzione del prezzo versato pari a Euro 90.000,00 e delle somme illegittimamente sborsate, oltre interessi e risarcimento del danno; in via subordinata, dichiarare il diritto del compratore alla riduzione del prezzo pattuito per la compravendita e conseguentemente condannare il venditore alla restituzione della somma accertata in corso di causa.

Assumeva in particolare l’attore che dopo la stipula del contratto di compravendita dell’immobile sito in (OMISSIS), a fronte della segnalazione di alcuni proprietari confinanti, riscontrava la non rispondenza ai requisiti igienico-sanitari dell’impianto fognario esistente nello stabile acquistato, nonche’ difformita’ nell’altezza delle mura rispetto a quanto dichiarato nella documentazione presentata per il condono.

Rimaneva contumace il convenuto.

2. Con sentenza n. 22240/2010 il Tribunale di Roma accoglieva parzialmente la domanda attorea, riconoscendo l’esclusiva responsabilita’ del convenuto nell’inesatto adempimento del contratto di compravendita, escludeva la risoluzione del contratto ma dichiarava il diritto del compratore alla riduzione del prezzo pattuito, con condanna del (OMISSIS) alla restituzione di Euro 4.230,00 per riduzione del valore commerciale dell’immobile compravenduto, oltre al pagamento della somma di Euro 10.000,00 per stato ansioso depressivo reattivo del (OMISSIS). Condannava infine il convenuto al pagamento delle spese di lite e del compenso del CTU.

3. Avverso tale sentenza ha proposto appello (OMISSIS), chiedendo che venisse dichiarata la nullita’ della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado e di conseguenza la nullita’ della sentenza per essere stato lo stesso impossibilitato a conoscere l’esistenza del giudizio promosso nei suoi confronti. Chiedeva comunque l’integrale riforma della sentenza impugnata, avendo a suo dire il Tribunale omesso di valutare la decadenza dall’azione di garanzia per i vizi della cosa venduta e non considerato che la condanna al pagamento della somma di Euro 10.000,00 a titolo di stato ansioso depressivo reattivo costituiva domanda nuova, inammissibile nel caso di contumacia.

4. Con sentenza n. 1615/2018 la Corte di Appello di Roma accoglieva l’appello, ritenendo che la notificazione della citazione nel giudizio di primo grado, avvenuta ai sensi dell’articolo 143 c.p.c., risultava affetta da nullita’ per non avere appurato il primo giudice se il notificante conosceva o poteva conoscere, adottando la comune diligenza, la dimora, il domicilio o la residenza del destinatario. Dichiarava pertanto la nullita’ della sentenza e disponeva la rimessione al primo giudice ai sensi dell’articolo 354 c.p.c.

5. Contro tale decisione (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi di ricorso.

6. Ha resistito con controricorso (OMISSIS).

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 139 c.p.c. e ss. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, per avere la decisione impugnata ritenuto che l’immobile compravenduto fosse interamente quello sito in (OMISSIS) anziche’ la sola porzione dello stesso immobile contraddistinta dall’interno (OMISSIS).

Secondo il ricorrente e’ sfuggito alla Corte distrettuale, investita del gravame, che il (OMISSIS) aveva provveduto a frazionare l’unico immobile di (OMISSIS) in due distinte porzioni e ad alienare al (OMISSIS) solo l’interno (OMISSIS) per riservare a propria residenza l’interno (OMISSIS), come evidenziato sia nell’atto di citazione sia nella comparsa di costituzione in appello.

Inoltre la Corte di merito non avrebbe tenuto conto delle certificazioni di residenza alla stregua del quale e’ stata compiuta la notifica nell’ottobre 2005, dalle quali si evince che il (OMISSIS) ha trasferito la propria residenza in (OMISSIS) solo successivamente alla notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 353 e 354 c.p.c. in relazione all’articolo 360 comma 1, n. 3, perche’ la Corte distrettuale ha rimesso la causa al giudice di primo grado senza trattarla nel merito previa rinnovazione degli atti nulli e cio’ anche in violazione del principio di ragionevole durata del processo.

3. – Il terzo motivo si appunta sulla violazione e falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per aver liquidato le spese del giudizio in misura non corrispondente ai parametri normativi di riferimento alla reale attivita’ svolta dal difensore.

4. – Il ricorso non merita accoglimento.

5.- Il primo motivo e’ infondato.

La decisione impugnata si sottrae alle critiche ad essa rivolte, avendo fatto corretta applicazione degli insegnamenti di questo Giudice di legittimita’, puntualmente ricordati dalla sentenza impugnata, secondo i quali, ai fini della validita’ della notificazione eseguita ai sensi dell’articolo 143 c.p.c. per le persone irreperibili, il giudice deve accertare in base alle prove dedotte se il notificante era in grado di conoscere, adottando la comune diligenza, il luogo in cui poteva essere effettuata la notificazione (Cass. n. 8955/2006), specificando che le “condizioni legittimanti la notificazione a norma dell’articolo 143 c.p.c. non sono rappresentate dal solo dato soggettivo dell’ignoranza da parte del richiedente o dell’ufficiale giudiziario circa la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario dell’atto, ne’ dal possesso del solo certificato anagrafico dal quale risulti che il destinatario e’ trasferito per ignota destinazione. E’ richiesto anche che la condizione di ignoranza non possa essere superata attraverso le indagini possibili nel caso concreto, che il mittente deve compiere usando l’ordinaria diligenza” (Cass. n. 1092/1998; 6462/2007; n. 20971/2012).

La Corte di Appello di Roma ha desunto la nullita’ della notifica ex articolo 143 c.p.c. da due argomentazioni: il (OMISSIS), che aveva acquistato l’immobile sito in (OMISSIS) in data (OMISSIS), avrebbe dovuto dubitare che alla data della richiesta notifica dell’atto di citazione del 26.10.2005 il (OMISSIS) fosse ancora residente nell’immobile vendutogli; la lettera raccomandata di messa in mora del 20.07.2005 inviata in via (OMISSIS), dalla quale emerge la conoscenza del (OMISSIS) di altro domicilio del (OMISSIS).

Il frazionamento dell’immobile compravenduto e la circostanza che il (OMISSIS) avesse ancora la proprieta’ di una porzione del bene venduto nulla prova in ordine all’effettiva residenza dello stesso e non legittima la notificazione ai sensi dell’articolo 143 c.p.c., essendo noto al ricorrente – per avervi inviato la summenzionata lettera di messa in mora – l’effettivo domicilio del controricorrente.

Non giova alla difesa del (OMISSIS) il rilievo che il (OMISSIS) avesse trasferito la propria residenza in (OMISSIS) solo successivamente alla notifica dell’atto di citazione, posta la gia’ rilevata insufficienza – ai fini della sussistenza delle condizioni che legittimano la notificazione a norma dell’articolo 143 c.p.c. – del possesso del certificato anagrafico dal quale risulti una differente residenza del destinatario. L’ignoranza di altri luoghi in cui lo stesso sia reperibile e’ infatti indipendente “dalla colpa del destinatario della notifica per l’inosservanza dell’onere di denuncia nei registri anagrafici del luogo di sua nuova residenza”, posto che tale ignoranza deve essere oggettivamente incolpevole, in quanto non superabile con diligenti indagini (Cass. n. 8077/2007).

6.- Il secondo motivo e’ palesemente infondato.

La tesi sostenuta in questo mezzo di ricorso e’ contraria alla stessa norma della quale si assume la violazione, ovvero l’articolo 354 c.p.c., il quale prevede che “Fuori dai casi previsti dall’articolo precedente il giudice di appello non puo’ rimettere la causa al primo giudice, tranne che dichiari nulla la notificazione della citazione introduttiva…”.

Correttamente, pertanto, la Corte territoriale ha rinviato la causa al primo giudice senza disporre la rinnovazione di atti nulli.

7.- Anche il terzo motivo di ricorso e’ destituito di fondamento.

Il ricorrente eccepisce la mancanza della fase istruttoria e/o di trattazione, che avrebbe dovuto comportare la liquidazione di un compenso ridotto rispetto a quanto determinato dalla Corte distrettuale.

Come eccepito dal controricorrente, l’udienza ex articolo 350 c.p.c. “si e’ tenuta compiutamente”, avendo i procuratori delle parti discusso l’istanza di inibitoria avanzata dalla difesa del (OMISSIS). Si legge infatti in ricorso (pag. 4) che alla udienza del 17.06.2011 la Corte di appello si riservava di decidere sull’istanza di sospensione avanzata dal Cadeo (da qui, la conseguente attivita’ dei difensori di esame e studio del provvedimento emesso a scioglimento della riserva).

Nel giudizio di appello e’ esclusa la liquidazione dei compensi della voce tariffaria relativa alla fase istruttoria e/o di trattazione solo nel caso in cui alla prima udienza di trattazione sia esclusivamente e direttamente fissata l’udienza di precisazione delle conclusioni, ma non anche – come nel caso di specie – “qualora sia effettivamente posta in essere, nel corso della prima udienza di trattazione, una o piu’ delle specifiche attivita’ previste dall’articolo 350 c.p.c. ovvero sia fissata un’udienza a tal fine o, comunque, allo scopo di svolgere altre attivita’ istruttorie e/o di trattazione” (Cass. n. 10206/2021).

8.- In conclusione, il ricorso va rigettato e parte ricorrente va condannata alle spese, liquidate come in dispositivo, per il principio della soccombenza.

9.- Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.