CTP Milano – Sentenza n. 6464 del 21 novembre 2017

Svolgimento del processo
Motivi della decisione

Con ricorso depositato il 19 maggio 2017, il ricorrente esercente attività di promotore finanziario, tale M.G., impugnava l’atto in epigrafe, deducendone dei profili di illegittimità .
In particolare evidenziava l’assenza di autonoma organizzazione e, quindi, la non debenza dell’IRAP.
Allegava al presente fascicolo processuale la dichiarazione Unico la quale, dalla lettura del quadro RG e, a suo dire, rientrava nei casi di esclusione di applicazione dell’imposta.
All’uopo citava la nota sentenza della Corte costituzionale n. 156/2001. Aggiungeva che l’attività era svolta senza l’ausilio di alcun collaboratore, anche occasionale. Ancora aggiungeva che non aveva rilevanti beni strumentali, circostanza questa resa evidente dalla esiguità degli ammortamenti. Seguitava poi nel proporre sentenza di merito oltre che di illegittimità le quali affermavano e chiarivano quando era sussistente l’autonoma organizzazione. Il ricorrente riteneva di non rientrare in quei casi e corroborava questa asserzione riportando i dati della propria dichiarazione. Inoltre aggiungeva che la circostanza che egli non era un libero professionista ma svolgeva un’attività ausiliaria al commercio ex art. 2195 c.c., non significava che lo stesso doveva essere assoggetto al tributo de quo. Anzi, seguitava il ricorrente, sulla scorta delle sentenze citate e di una circolare della stessa agenzia (circolare n. 28/2010) il promotore finanziario non era assoggettato al tributo in modo automatico ma che era necessaria un’analisi caso per caso. Inoltre riteneva la propria dichiarazione emendabile anche in sede contenziosa per opporsi alla pretesa dell’A.F. (Cass. SS.UU. n. 21749/2009).
Eccepiva poi la nullità della notifica via PEC e, all’uopo citava delle pronunce di merito conformi al proprio orientamento.
Chiedeva la declaratoria di non debenza del tributo “IRAP”.
In data 26 giugno 2017 l’Ufficio delle entrate diveniva parte nel processo. Esordiva sollevando, in primis, l’inammissibilità dell’impugnativa per tardività della stessa. Chiariva quanto poc’anzi affermato, illustrando le modalità di notifica previste dall’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973. Più precisamente l’AdR, – essendo il ricorrente soggetto alla notifica via PEC e, essendo quest’ultimo, sprovvisto di un valido indirizzo registrato al registro “INI-PEC” – aveva proceduto ad affiggere lato sensu (telematicamente) l’atto presso gli Uffici della C.C.I.I.A. di Milano. L’avvenuto deposito dell’atto, presso gli Uffici camerali, veniva comunicato al ricorrente tramite raccomandata A.R. n. (…) del 15 settembre 2016, spedita in data 23 settembre 2016 e consegnata brevi manu alla di lui consorte in data 30 settembre 2016. L’Ufficio, nel proprio computo dei termini, faceva discendere la decorrenza dei 10 giorni previsti per il perfezionamento della notifica, dalla data di spedizione della raccomandata informativa, ragion per cui, lo scorrere dei 60 giorni canonici per proporre impugnativa decorrevano dal 3 ottobre 2016 e scadevano il giorno 2 dicembre 2016. Il ricorrente presentava il proprio ricorso solo in data 26 gennaio 2017 da cui discendeva l’inammissibilità a’sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992. Sulle le doglianze espresse su tale modalità di notificazione l’Ade le riteneva inconferenti e prive di pregio. Nel merito della questione, l’Ufficio si lamentava del fatto che il ricorrente si era solo limitato ad enunciare dei principi astratti senza la produzione alcuna di prova documentale in palese violazione dell’art. 2697 c.c. Dalla lettura del quadro RG si evincevano la presenza di quote di ammortamento per euro 1.905,00, canoni di leasing per euro. 4.668,00., oltre ad altri componenti negativi non meglio specificati e qualificati dallo stesso ricorrente come “costi di finanziamento” per euro 13.380,00. L’agenzia lamentava la mancata produzione di fatture e/o ricevute tali da dimostrare l’effettiva natura degli stessi. Tali costi non specificati, chiariva l’Ufficio, apparivano anche nelle dichiarazioni relative alle precedenti annualità per le quali, il contribuente ha versato il tributo per cui oggi è causa. Infine, a seguito della dipartita del ricorrente, avvenuta in data 10 marzo 2017, l’Ufficio specificava l’applicazione dell’art. 8 del D.Lgs. n. 472 del 1997 che prevede l’intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi del contribuente. Chiedeva il rigetto del ricorso previa ripresa del processo.
In data 18 ottobre 2017 gli eredi del de cuius, per il tramite della sottoscrizione di un nuovo mandato alle liti, emesso in favore del già difensore abilitato, decidevano per la prosecuzione del giudizio instaurato contro l’Ufficio delle entrate.
Il Collegio giudicante così decide. Il ricorso viene dichiarato inammissibile alla stregua delle seguenti motivazioni ed argomentazioni. “La notifica della cartella può essere eseguita con le modalità di cui al D.P.R. n. 68 del 2011, a mezzo di posta certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Nel caso di imprese individuali o costituite in forma societaria, nonché di professionisti iscritti in albi o elenchi, la notifica avviene esclusivamente con tali modalità, all’indirizzo risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INIPEC).
All’agente della riscossione è consentita la consultazione telematica e l’estrazione, anche in forma massiva, di tali indirizzi. Non si applica l’art. 149-bis del Codice di procedura civile. Se l’indirizzo di posta elettronica del destinatario non risulta valido e attivo, la notificazione deve eseguirsi, mediante deposito dell’atto presso gli Uffici della Camera di commercio competente per territorio e pubblicazione del relativo avviso sul sito informatico della medesima, dandone notizia allo stesso destinatario per raccomandata con avviso di ricevimento, senza ulteriori adempimenti a carico dell’agente di riscossione. Analogamente si procede, quando la casella di posta elettronica risulta satura anche dopo un secondo tentativo di notifica, da effettuarsi decorsi almeno quindici giorni dal primo invio. Per le persone fisiche intestatarie di una casella elettronica certificata, che ne facciano comunque richiesta, la notifica è eseguita esclusivamente con tali modalità all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta stessa, ovvero a quello successivamente comunicato all’agente della riscossione all’indirizzo di posta elettronica risultante all’indice degli indirizzi delle Pubbliche amministrazioni istituito ai sensi dell’art. 57-bis del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82”. Nel caso in esame, l’agente della riscossione, non essendo stato possibile rinvenire nell’INI- PEC alcun indirizzo di posta elettronica del contribuente valido ed attivo, nonostante l’obbligo di relativa indicazione gravante sulle imprese individuali o costituite in forma societaria e sui professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti ex lege, in data 28 luglio 2016 ha provveduto a depositare telematicamente il suddetto atto presso gli Uffici della CCIAA di Milano nonché a richiedere la pubblicazione del relativo avviso di deposito sul sito informatico della medesima. L’avvenuta notifica mediante deposito e pubblicazione ai sensi dell’art. 26, comma 2, D.P.R. n. 602 del 1973 veniva notificato al contribuente con raccomandata n. (…) del 15 settembre 2016, spedita il 23 settembre 2016 e consegnata a mani della di lui consorte in data 30 novembre 2016. Come evidenziato nella corrispondenza intervenuta tra Ufficio e agente della riscossione, successivamente alla comunicazione del diniego del reclamo, la notifica effettuata ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 602 del 1973 si perfeziona il 10 giorno successivo dalla spedizione della predetta raccomandata (nel caso specifico dalla data del 23 settembre 2016) indipendentemente dal buon esito oppure dall’esito negativo della stessa.
Conseguentemente la data di notifica della cartella di pagamento de qua risulta essere il 3 ottobre 2016 e il termine di 60 giorni per l’impugnativa della stressa scadeva il 2 dicembre 2016.
Risulta invece per tabulas come il contribuente abbia notificato il ricorso solo in data 26 gennaio 2017, quindi, ben oltre il termine sopra indicato con conseguente inammissibilità dello stesso per tardività, ex art. 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992.
Rileva altresì questo giudice che, stante il tenore dell’art. 26, comma 2 del Decreto presidenziale più volte sopra citato, il contribuente non può sollevare dubbi circa la legittimità della notificazione della cartella di pagamento a mezzo PEC e le doglianze dello stesso, sia in merito alla carenza di conformità , tale da non permettere la riferibilità della copia all’originale, sia in ordine ad astratte e generiche problematiche di tipo “tecnologico o personale” che, in concreto non sono state né allegate né provate in alcun modo, risultano del tutto pretestuose e inconferenti.
Altri punti del ricorso risultano essere assorbiti dalla questione di inammissibilità dello stesso.
Sono queste le ragioni per le quali il ricorso viene dichiarato inammissibile. Le spese di lite seguono la soccombenza come da dispositivo.
Il Collegio giudicante

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese liquidate in euro 300,00 omnie.