Corte di Cassazione – Sentenza n. 10245 del 26 aprile 2017

SENTENZA

sul ricorso 20131/2011 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS) giusta delega in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 10/2011 della COMM. TRIB. REG. della PUGLIA DIST. di LECCE, depositata il 14/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo, in subordine rigetto dei motivi 2 e 3 del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 26 gennaio 2010 la C.T.P. di Lecce dichiaro’ inammissibile il ricorso proposto da (OMISSIS) e dalla di lui madre (OMISSIS) avverso le cartelle di pagamento per IRPEF relative all’anno d’imposta 2003, emesse a seguito degli avvisi di accertamento concernenti il reddito di partecipazione della (OMISSIS) s.a.s., di cui i ricorrenti erano soci. La commissione tributaria ritenne rituale la notifica dei prodromici avvisi di accertamento, rilevando, in particolare, che l’avviso di accertamento indirizzato a (OMISSIS) era stato consegnato a (OMISSIS), qualificatasi figlia del destinatario.

Proposto appello dai contribuenti, la C.T.R. della Puglia, sezione distaccata di Lecce, con sentenza del 14 gennaio 2011, ha confermato la sentenza impugnata.

Il giudice di appello reputava irrilevante la circostanza che dallo stato di famiglia prodotto in atti risultasse che (OMISSIS) non facesse parte della famiglia di (OMISSIS), “per la ragione che avverso il tenore letterale degli avvisi di ricevimento, nei quali l’agente postale – pubblico ufficiale – abbia attestato, una volta recatosi presso l’indirizzo del destinatario, l’identita’ del ricevente e la ricevuta dichiarazione di essere figlia convivente del destinatario, non e’ consentita – per la natura pubblica degli atti in parola (articolo 2699 c.c.) e per l’efficacia privilegiata da essi posseduta – che la proposizione di querela di falso (articolo 2700 c.c.)”.

Avverso la suddetta decisione (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo. L’Agenzia delle Entrate ha depositato mero atto di costituzione.

La causa e’ stata rimessa alla pubblica udienza dalla sesta sezione, non sussistendo i presupposti per la trattazione in camera di consiglio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo di ricorso (OMISSIS) e (OMISSIS) denunciano “violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 2, comma 3, degli articoli 115 e 116 c.p.c., circa fatti controversi e decisivi per il giudizio. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia”. Censurano la sentenza impugnata per avere la C.T.R. violato le disposizioni sopra richiamate trascurando la portata delle certificazioni anagrafiche prodotte in sede di merito e ritenendo necessaria la proposizione di querela di falso per contestare che la persona che aveva ritirato gli avvisi di accertamento fosse figlia di (OMISSIS).

2. Il ricorso e’ infondato.

Correttamente il ricorrente sostiene che, contrariamente all’assunto della C.T.R., non fosse, nella specie, necessaria la proposizione di querela di falso per contestare l’identita’ del soggetto ( (OMISSIS), qualificatasi come figlia di (OMISSIS)) che aveva ricevuto gli avvisi di accertamento, posto che l’attestazione del pubblico ufficiale e’ assistita da fede privilegiata limitatamente alla provenienza dell’atto da colui che lo ha formato, alle dichiarazioni rese al medesimo, agli atti da questi compiuti, nonche’ riguardo ai fatti che egli attesti essere avvenuti in sua presenza. Pertanto, la querela di falso era necessaria per contestare che la persona che aveva ricevuto l’atto avesse dichiarato di essere figlia di (OMISSIS), ma non per contestare che tale persona fosse effettivamente figlia del predetto.

Tuttavia, il dispositivo della decisione impugnata e’ comunque conforme a diritto, sicche’ la sentenza deve essere confermata, pur con diversa motivazione, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., u.c..

Questa Corte ha affermato che “in tema di notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale puo’ essere notificato, ai sensi della L. n. 890 del 1982, articolo 14, l’avviso di accertamento o liquidazione senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, e’ quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge citata attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex articolo 140 c.p.c.. Ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui e’ stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’articolo 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato nella impossibilita’ senza sua colpa di prenderne cognizione” (da ultimo, Cass. n. 14501 del 2016).

Nella specie, non e’ in contestazione che il prodromico avviso di accertamento sia stato consegnato all’indirizzo di (OMISSIS) e che la persona che ha ricevuto l’atto sia stata reperita presso l’indirizzo di spedizione, di modo che l’atto si presume consegnato al destinatario, indipendentemente dalla effettiva identita’ della ricevente e dalle dichiarazioni dalla stessa rese all’agente postale.

3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Stante l’assenza di attivita’ difensiva dell’intimata, non vi e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.