Corte di Cassazione – Sentenza n. 31090 del 28 novembre 2019

FATTO

Con sentenza nr 61/2009 la CTP di Genova dichiara il difetto di giurisdizione del giudice tributario in relazione all’impugnativa proposta da (omissis) SRL avverso un pignoramento presso terzi eseguito da Equitalia che lo aveva proposto con le modalità previste dall’art 72 bis del dpr 602/1973 a seguito della morosità di varie cartelle.
Avverso tale decisione proponeva appello la (omissis) SRL avanti alla CTR di Genova che lo rigettava.
Rilevava la correttezza della procedura seguita dall’ente di riscossione ai sensi dell’art 72 bis la cui legittimità costituzionale era stata già vagliata dalla Corte Costituzione
Nel merito sottolineava la correttezza del procedimento notificatorio risultano le cartelle debitamente notificate alla società contribuente che aveva sedi secondarie a Genova o mediante consegna a mani di una persona qualificatasi come addetta al ritiro o mediante successivo deposito alla casa comunale.
Avverso tale decisione la società (omissis) SRL propone ricorso per cassazione affidato a 8 motivi cui resiste con controricorso Equitalia Nord s.p.a.e ricorso incidentale .
La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

DIRITTO

Con il primo motivo la ricorrente deduce l’omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso .
Lamenta in particolare che la CTR non avrebbe spiegato le ragioni per le quali il giudice tributario si sarebbe spogliato del diritto a decidere relativamente ad un contenzioso riguardante non già il pignoramento quanto la liceità della richiesta del creditore a pignorare e quindi nella sostanza il titolo ad agire .
Afferma infatti di aver appreso degli atti prodromici all’esecuzione solo con la notifica del pignoramento.
In relazione alla questione di giurisdizione la società concessionaria sviluppa un preciso motivo sostenendo il difetto di giurisdizione del giudice tributario ritenendo che le conclusioni del ricorso introduttivo sarebbero chiaramente indirizzate all’atto esecutivo non senza sottolineare che nell’atto di appello la contribuente oltre a contestare le modalità di pignoramento affermava la carenza dei titoli per iniziare la procedura esecutiva svolgendo una eccezione ex art 615 c.p.c. estranea anche essa alla giurisdizione tributaria.
E’ dunque preliminare ad ogni altro aspetto sottoporre al vaglio della Corte l’esame di tale censura che investe il rito.
A tal fine occorre infatti considerare che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, demanda alla giurisdizione tributaria le contestazioni del titolo (normalmente, la cartella di pagamento) su cui si fonda la riscossione esattoriale. Pertanto, il contribuente che intenda contestare il titolo della riscossione coattiva, deve rivolgersi al giudice tributario mediante ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, (che può essere proposto avverso “il ruolo e la cartella di pagamento”).
Saldando questa previsione a quella di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 57, comma 1, lett. a), – che pone il divieto di proporre opposizione all’esecuzione per contestare il diritto dell’amministrazione finanziaria o dell’agente della riscossione di procedere in executivis – si ottiene che, in tutti i casi in cui è esperibile il primo strumento di tutela, lo sbarramento alla proponibilità dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., non genera un vuoto di tutela del contribuente, ma è volto solamente ad evitare una tutela giurisdizionale concorrente. Dunque, precisa la Corte costituzionale, “l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., – che non è soggetta a termine di decadenza – in tanto non è ammissibile, come prescrive l’art. 57 citato, in quanto non ha, e non può avere, una funzione recuperatoria di un ricorso del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, non proposto affatto o non proposto nel prescritto termine di decadenza”.
Sulla base di tali premesse, l’art. 57 cit. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui impedisce al contribuente assoggettato ad esecuzione forzata tributaria di ottenere tutela (innanzi al giudice ordinario in funzione di giudice dell’esecuzione) per ragioni che, essendo relative ad atti della procedura successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui al medesimo D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, non possono essere fatte valere innanzi alla giurisdizione tributaria con ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19.
Tale ricostruzione del sistema di tutela giurisdizionale del contribuente esecutato reca come corollario quello della inammissibilità delle opposizioni ex art. 615 c.p.c., che abbiano funzione “recuperatoria” di doglianze che potevano – e dovevano – farsi valere innanzi al giudice tributario D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19. Là dove il contribuente esecutato possa far valere le proprie ragioni ricorrendo, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, innanzi al giudice tributario, non vi è spazio per proporre, per le medesime ragioni, l’opposizione ex art. 615 c.p.c.
Sotto l’aspetto letterale, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, individua il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria nella “notificazione della cartella di pagamento” (ovvero, a seconda dei casi, dell’avviso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, dell’avviso cosiddetto “impoesattivo” o dell’intimazione di pagamento): prima di tale notifica la controversia è devoluta al giudice tributario, dopo, al giudice ordinario. La disposizione richiede dunque, per radicare la giurisdizione del giudice ordinario, la notificazione del titolo esecutivo (o degli altri atti costituenti presupposti dell’esecuzione forzata tributaria). Ne deriva che l’impugnazione di un atto dell’esecuzione forzata tributaria (come il pignoramento effettuato in base a crediti tributari) che il contribuente assume essere invalido perchè non preceduto dalla suddetta notificazione integra unAaopposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. nella quale si fa valere una nullità “derivata” dell’atto espropriativo (sulla riconducibilità di siffatta impugnazione all’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c., ex plurimis, Cass. n. 252 del 2008) e che è devoluta alla cognizione del giudice tributario, proprio perchè si situa (beninteso, secondo la deduzione difensiva del contribuente) prima della notificazione in discorso. In questa prospettiva, ai fini della giurisdizione, non ha importanza se, in punto di fatto, la cartella (o un altro degli atti equipollenti richiesti dalla legge) sia stata o no effettivamente notificata: il punto attiene al merito e la giurisdizione non può farsi dipendere dal raggiungimento della prova della notificazione e, quindi, secundum eventum. Rileva invece, ai fini indicati, il dedotto vizio dell’atto di pignoramento (mancata notificazione della cartella) e non la natura, propria di questo, di primo atto dell’espropriazione forzata (art. 491 c.p.c.).
Va poi osservato, sempre da un punto di vista letterale, che l’orientamento secondo cui è ammissibile davanti al giudice ordinario l’impugnazione del pignoramento incentrata sulla mancata notifica della cartella di pagamento (o dei suddetti atti assimilabili) si scontra con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione Sotto l’aspetto sistematico, poi, l’atto di pignoramento non preceduto dalla notifica della cartella di pagamento integra (come sottolineato dalla CTR) il primo atto in cui si manifesta al contribuente la volontà di procedere alla riscossione di un ben individuato credito tributario e pertanto, in quanto idoneo a far sorgere l’interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 c.p.c., rientra nell’ambito degli atti impugnabili davanti al giudice tributario in forza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 (quale interpretato estensivamente dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte: ex plurimis, Sezioni Unite n. 9570 e n. 3773 del 2014). Il sopra indicato più recente orientamento interpretativo, nell’attribuire alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia concernente un atto compreso tra quelli di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 cit., risulterebbe disarmonico rispetto al disegno del legislatore di riservare al giudice tributario la cognizione delle controversie relative a tali atti.
Infine, con l’adozione del primo orientamento giurisprudenziale, troverebbe una più agevole sistemazione il disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, nella parte in cui stabilisce che non sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo. Tale inammissibilità, infatti, può ben essere interpretata nel senso di comportare il divieto di proporre dette opposizioni davanti al giudice ordinario, senza però che ciò impedisca di proporre la questione al giudice tributario, facendo valere, come nella specie, l’invalidità del pignoramento per la mancata notificazione della cartella di pagamento.
In tal modo, tutto sembra ricomporsi in armonia con l’originario disegno del legislatore che, nel prevedere nel D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 l’inammissibilità davanti al giudice ordinario di alcune opposizioni in sede di esecuzione forzata, ha evidentemente presupposto che le situazioni soggettive poste a base di esse possano essere preventivamente tutelate davanti al
giudice tributario.
In conclusione va riaffermato il principio di diritto secondo cui “in materia di esecuzione forzata tributaria, l’opposizione agli atti esecutivi riguardante come nella specie l’atto di pignoramento, che si assume viziato per l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), è ammissibile e va proposta – ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo, art. 19, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57 e art. 617 cod. proc. civ. – davanti al giudice tributario” Cassazione civile, sez. un. 05/06/2017 n. 13913.
Da quanto sopra consegue che con l’accoglimento del primo motivo di ricorso principale e l’assorbimento degli ulteriori motivi nonché il rigetto di quello incidentale, va cassata la statuizione della CTR che nel rigettare l’appello ha nella sostanza confermato il difetto di giurisdizione del giudice tributario sicchè la causa andrà rimessa alla CTP che regolerà anche le spese della presente fase per l’esame delle questioni riguardanti le cartelle di pagamento poste a base del pignoramento e, in particolare, sia per l’accertamento della correttezza della loro notificazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso ed assorbiti i restanti, rigetta il ricorso incidentale; cassa la decisione impugnata; rimette le parti avanti alla CTP di Genova che regolerà le spese di giudizio anche di questa fase;
dà atto ,ai sensi del DPR nr 115 del 2002 ,art 13,comma quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo dì contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.