Corte di Cassazione – Sentenza n. 26020 del 5 settembre 2022

FATTI DI CAUSA

1. In data 11/11/2010, l’Agente della Riscossione notifico’ a (OMISSIS), in qualita’ di coobbligata della societa’ (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS), destinataria di controllo automatizzato Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ex articolo 36-bis e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54-bis, di cui era stata socia fino al suo recesso, avvenuto il 18/11/2004, tre distinte cartelle di pagamento per Iva e Irap relative rispettivamente agli anni di imposta 2000-2001, 2003 e 2004.

Impugnati, con distinti ricorsi, i predetti atti dalla contribuente, la C.T.P. di Torino, previa loro riunione, respinse le domande con sentenza n. 62/09/13, che, impugnata dalla medesima contribuente, fu riformata dalla C.T.R. per la Liguria con sentenza n. 569/24/15, depositata il 26/5/2015, con la quale furono annullate tutte le cartelle.

Avverso questa sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico motivo, mentre la contribuente si e’ difesa con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, si lamenta ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 2290, 2291 e 2293 c.c., in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, articolo 25, per avere la C.T.R. sostenuto che il regime della solidarieta’ tributaria sia perfettamente coincidente con quello della solidarieta’ civilistica e che, pertanto, l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto procedere alla notifica dell’atto impositivo sia al debitore principale, sia ai coobbligati solidali, cio’ che, nella specie, non era avvenuto con riguardo ad (OMISSIS), senza considerare che, secondo la giurisprudenza di legittimita’, l’accertamento poteva svolgersi unicamente nei confronti della societa’, quale unico soggetto passivo di imposta, mentre l’azione di riscossione poteva essere esercitata nei confronti dei soci, atteso che il titolo esecutivo, formatosi all’esito dell’accertamento, spiega i suoi effetti nei confronti dei soci, senza che possa dirsi violato il diritto di difesa e assuma rilevanza l’esistenza o meno del vincolo solidale alla data di notifica della cartella e senza che sia conferente il richiamo all’articolo 1306 c.c..

2.1 Il motivo e’ fondato.

Va, innanzitutto, premesso che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, nel prevedere, del comma 1, lettera a), il termine di decadenza “del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione e’ presentata, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attivita’ di liquidazione prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36-bis (…)”, ne stabilisce la decorrenza dalla notifica della cartella di pagamento “al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede”, il quale, nelle societa’ di persone, va individuato nel socio, alla stregua del consolidato principio secondo cui, in tema di riscossione delle imposte nei confronti delle societa’ di persone, la responsabilita’ solidale e illimitata dei soci per i debiti della societa’ di persone, prevista dall’articolo 2291 c.c., e’ operante anche nei rapporti tributari (Cass., Sez. 5, 1/10/2014, n. 20704; Cass., Sez. 5, 22/12/2014, n. 27189; Cass., Sez. 5, 4/3/2020, n. 6020), sicche’ essi possono essere destinatari della pretesa tributaria anche quando questa si riferisca alla societa’, unico soggetto di imposta secondo le norme tributarie, e restare sottoposti, in seguito all’iscrizione a ruolo a carico della societa’, all’esazione del debito, alla condizione, posta dall’articolo 2304 c.c., che il creditore non abbia potuto soddisfarsi sul patrimonio della societa’ medesima (in tal senso Cass., Sez. 5, 9/5/2007, n. 10584; Cass., Sez. 5, 21/4/2008, n. 10267; Cass., Sez. 5, 6/9/2006, n. 19188).

2.2 Orbene, secondo un orientamento minoritario la necessita’ di rispettare i termini fissati dall’articolo 25, per la notifica della cartella di pagamento vale anche quando si procede nei confronti del coobbligato, sia per esigenze di certezza dei rapporti giuridici, sia per la necessita’ di circoscrivere temporalmente le richieste degli uffici finanziari, come affermato dalla sentenza n. 280 del 2005 della Corte costituzionale (in tal senso Cass., Sez. 5, 13/12/2017, n. 29845).

E’ stato, inoltre, sostenuto che i termini, aventi natura decadenziale, entro i quali, ai sensi del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, articolo 12, comma 2, il ruolo deve essere formato e reso esecutivo sono sottratti alle norme interruttive o sospensive della prescrizione (vedi Cass., Sez. 5, 18/11/2009, n. 24301).

Secondo l’orientamento maggioritario, invece, l’avviso di accertamento (ovvero l’atto impositivo) validamente notificato solo ad alcuni condebitori spiega, nei loro confronti, tutti gli effetti che gli sono propri, mentre, nei rapporti tra l’Amministrazione finanziaria e gli altri condebitori, cui non sia stato notificato o sia stato invalidamente notificato, determina pur sempre l’effetto conservativo d’impedire la decadenza per l’Amministrazione dal diritto all’accertamento, consentendole di procedere alla notifica, o alla sua rinnovazione, anche dopo lo spirare del termine all’uopo stabilito, ferma restando la sua inidoneita’ a produrre effetti che possano comportare pregiudizio di posizioni soggettive dei contribuenti, quali il decorso dei termini di decadenza per insorgere avverso l’accertamento medesimo (in questi termini, da ultimo, Cass., Sez. 5, 21/07/2021, n. 20766; anche C:ass., Sez. 6-5 1/2/2018, n. 2545; Cass., Sez. 6-5, 25/5/2017, n. 13248; Cass., Sez. 5, 27/1/2016, n. 1463), rispetto al quale vige il principio, affermato dalla Corte costituzionale, secondo cui “la pluralita’ dei debitori di una medesima prestazione, determinando la contemporanea incidenza dell’obbligazione nella sfera di piu’ soggetti, fa si’ che ciascuno sia abilitato ad esperire un’azione o una difesa processualmente autonoma, per la tutela contro le pretese del creditore che eccedano l’ambito del dovuto”, essendo l’ipotesi contraria contrastante con la regola inderogabile di cui all’articolo 24 Cost. (in tal senso, Corte Cost. 16/5/1968, n. 48).

Tale principio, come pure sostenuto, non si riferisce soltanto all’emanazione di un atto impositivo, ma deve essere riferito anche alla diversa ipotesi del termine decadenziale previsto dall’emissione della cartella esattoriale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, stante l’eadem ratio legis e la chiara espressione disgiuntiva della legge (“o” Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ex articolo 25, comma 1), sicche’ resta irrilevante che la notifica ad uno dei coobbligati, avvenga successivamente al termine decadenziale previsto dalla norma, trovando applicazione l’articolo 1310 c.c., comma 1, ancorche’ si tratti di decadenza e non di prescrizione (Cass., Sez. 5, 21/07/2021, n. 20766; anche Cass., Sez. 6-5 1/2/2018, n. 2545).

2.3 Quest’ultimo orientamento va confermato, sia pure con qualche precisazione.

Va innanzitutto ricordato il principio generale secondo cui, mentre il fondamento della prescrizione sta nell’estinzione di un diritto che, per inerzia del suo titolare protrattasi per un certo tempo, si presume abbandonato, a base della decadenza sta la necessita’ obiettiva che particolari atti siano compiuti entro un termine perentorio, senza riguardo alle circostanze soggettve che abbiano comportato l’inutile decorso del termine di decadenza (in tal senso, Cass., Sez. 1, 14/3/1968, n. 819, in tema di beneficio fiscale di cui alla L. 17 luglio 1910, n. 491, articolo 8; Sez. U., 21/8/1972, n. 2690), determinando l’infruttuoso decorso del termine la consumazione della possibilita’ di esercitare un potere idoneo a far acquistare un diritto.

Puo’ allora valere anche per la decadenza quanto sostenuto dalla Corte costituzionale con riguardo alla prescrizione nelle obbligazioni solidali, allorche’ si e’ detto che, in materia di solidarieta’ passiva, la regola dettata dall’articolo 1310 c.c., che estende, nei confronti degli altri condebitori, l’effetto interruttivo della prescrizione derivante da atto realizzato contro uno dei condebitori, ancorche’ da essi non conosciuto, produce non solo effetti giuridici essenziali, ma anche un effetto confermativo che incide “direttamente sulla posizione del creditore nell’obbligazione solidale, su diritto cioe’ del creditore ad una prestazione nei confronti di tutti i condebitori solidali, e che si riflette automaticamente ed inevitabilmente sulla posizione di tutti i condebitori solidali e di ciascuno di essi”, coinvolgendo, data la sua natura, l’intero rapporto obbligatorio, senza che sia necessaria, a differenza degli altri effetti, la conoscenza che di esso abbia il destinatario (in tal senso, Corte Cost. 9/1/1975, n. 8).

E questo effetto confermativo si ritiene sia proprio, a maggior ragione, anche della decadenza, al pari dell’esigenza, comune ad entrambi gli istituti (decadenza e prescrizione), di non lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato (in tal senso Corte Cost. 2005, n. 280, che ha, in ragione di cio’, dichiarato l’illegittimita’ costituzionale proprio del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, come modificato dal Decreto Legislativo n. 193 del 2001, nella parte in cui non prevedeva un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario debba notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36-bis), posto che, mentre la prescrizione incide sul diritto in ragione della inerzia protrattasi per un certo tempo, la decadenza incide sul rapporto, allorche’ impone il compimento di un determinato atto perche’ si cristallizzi l’effettivita’ del relativo diritto e del suo esercizio.

Il principio della conservazione dell’atto ha travato spazio, ad esempio, nella materia della prescrizione in sede di esecuzione concorsuale, allorche’ le Sezioni unite di questa Corte hanno sostenuto che l’insinuazione al passivo della procedura, compiuta dal creditore nei confronti di uno dei soggetti obbligati, interrompe la prescrizione anche nei confronti degli altri condebitori solidali, indipendentemente dalla conoscenza da parte loro di tale atto, atteso che gli effetti conservativi da esso prodotti incidono sul rapporto da cui origina l’obbligazione e non sulla sfera giuridica del singolo, senza che questi perda alcun diritto (Cass., Sez. U., 27/4/2022, n. 13143).

2.4 Va peraltro osservato come la concezione dell’istituto della decadenza nell’ambito del diritto pubblico, rispetto al quale il diritto tributario si pone in rapporto di species a genus, vada tenuta distinta da quella civilistica, comportando esso, nel primo caso, l’arresto dell’espansione della posizione del privato, che viene fatta rifluire nella posizione iniziale, ed essendo diretto, nel secondo caso, “a regolare un conflitto di interessi tra le parti sulla base dell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici” (in questi termini, Cass., Sez. U., 23/4/2020, n. 8094, in tema di agevolazione “prima casa”).

Tale specialita’, rispetto al sistema civilistico, riverbera i suoi effetti in vari campi del diritto tributario, come in materia di sanzioni, allorche’ il Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 20, comma 2, con riferimento al termine di decadenza per l’atto di contestazione, stabilisce che “Se la notificazione e’ stata eseguita nei termini previsti dal comma 1, ad almeno uno degli autori dell’infrazione o obbligati in solido il termine e’ prorogato di un anno”, o in materia doganale, modellata sulla disciplina unionale, che non distingue tra decadenza e prescrizione, consentendo di estendere gli effetti degli atti interruttivi della prescrizione o della decadenza contro uno dei debitori in solido anche nei confronti degli altri condebitori (in tal senso, Cass., Sez. 5, 12/9/2019, n. 22748).

Nel campo della riscossione, tale specialita’ trova ulteriore sostegno nell’esigenza superiore, di rilievo costituzionale, oltreche’ unionale, di regolare l’adempimento delle obbligazioni tributarie, sul quale deve poter fare affidamento l’amministrazione finanziaria al fine di conseguire l’equilibrio di bilancio e rispettare i parametri Europei del debito pubblico, in virtu’ della quale non e’ possibile una totale equiparazione tra l’inadempimento delle obbligazioni civili e tributarie, essendo queste ultime oggetto di diversa disciplina rispetto alle prime in ragione della particolarita’ dei presupposti e dei fini perseguiti (in tal senso, Corte Cost., 19/10/2018, n. 190, secondo cui proprio detta specialita’ consente che, in caso di scissione societaria, vi sia una disciplina differenziata quanto al regime della solidarieta’ per i debiti sociali, piu’ favorevole per l’amministrazione finanziaria, secondo un canone di adeguatezza e proporzionalita’ di tale piu’ estesa tutela; vedi anche Corte Cost. 28/10/2011, n. 281, con riguardo al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 85, comma 1).

Cio’ comporta che, essendo la materia tributaria connotata dalla specialita’ della relativa disciplina, siccome costituente attivita’ di diritto pubblico regolata da sue proprie norme (dunque ben diversa da quella di diritto privato sicuramente deprocedimentalizzata) (Cass., Sez. 6-5 1/2/2018, n. 2545; Cass., Sez. 5, 21/07/2021, n. 20766), non e’ necessario ricorrere all’articolo 1310 c.c., per affermare che la notifica al debitore principale espanda i suoi effetti anche sul coobbligato, emergendo tale regola direttamente del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25, il quale, nel riferirsi ad entrambi i soggetti (debitore principale e coobbligato) attraverso l’uso della disgiuntiva “o”, intende concedere all’agente della riscossione la facolta’ di notificare la cartella alternativamente all’uno o all’altro, ancorando il rispetto del termine decadenziale, in esso fissato, all’assolvimento di questo incombente e rendendo cio’ sufficiente ad assicurare l’effetto conservativo del potere di riscossione.

Costituisce riprova della correttezza di una siffatta interpretazione il beneficium excussionis spettante al socio, il quale non potrebbe essere osservato se l’agente per la riscossione, onde evitare di incorrere nella decadenza, fosse tenuto a provvedere alla notificazione all’obbligato principale e ai coobbligati nel rispetto del medesimo termine (vedi sul punto Cass., Sez. U., 2020, n. 28709).

Se cosi’ fosse, infatti, all’Amministrazione sarebbe tenuta ad anticipare la notifica dell’atto al debitore principale, senza poter utilizzare l’intero lasso temporale concessole per l’esercizio del suo potere autoritativo, in contrasto col principio secondo cui, a garanzia costituzionale del diritto di difesa, gli interessati devono poter utilizzare, nella loro interezza, i termini di decadenza (Corte Cost. 8/10/2015, n. 3, in merito all’esperimento del gravame), o, in alternativa, a notificare nello stesso momento l’atto anche al condebitore, responsabile in via sussidiaria, imprimendo cosi’ all’istituto una funzione cautelativa che non gli appartiene, stante la funzione sua propria di precetto di pagamento, oltre a favorire l’insorgenza di un contenzioso, volto a eccepire il mancato rispetto del suddetto beneficio, che si sarebbe potuto evitare in caso di capienza del debitore iscritto a ruolo.

Va, infine, escluso che una tale interpretazione violi il principio della certezza dei rapporti giuridici, in quanto lascerebbe il contribuente assoggettato sine die all’azione dell’Amministrazione finanziaria, o il suo diritto di difesa.

Quanto al primo punto, deve osservarsi come operi comunque il termine di prescrizione decorrente dalla notificazione ad uno degli obbligati, ritenuto congruo dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 247 del 2011.

Quanto al secondo, si rileva come il socio risponda ex lege delle obbligazioni tributare della societa’ in quanto tale e non quale soggetto passivo ed e’ destinatario dell’azione dell’agente della riscossione in base al medesimo titolo del soggetto passivo, ancorche’ su diversi presupposti. In ragione di cio’, e’ sufficiente la notificazione al predetto dell’avviso di mora, il quale svolge, in tal caso, una funzione secondaria di atto equivalente a quello di imposizione, oltre a quella primaria di atto equivalente al precetto nell’esecuzione forzata (Cass., Sez. 5, 9/5/2007, n. 10584; Cass., Sez. 5, 6/9/2006, n. 19188; Cass., Sez. 5, 22/01/2020, n. 1281), con funzione succedanea, al pari di quanto accade per la cartella di pagamento, di tutti gli atti presupposti eventualmente non notificati. Si e’ sostenuto, infatti, che, cosi’ come questi possono divenire inoppugnabili allorche’ non siano fatti oggetto di opposizione, si’ da rendere definitiva, nei suoi termini costitutivi, la pretesa tributaria portata a conoscenza del socio con la sola notifica di tale atto, per le medesime ragioni, ma all’inverso, l’impugnazione della cartella di pagamento (o dell’avviso di mora), ai sensi del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 19, comma 3, ultimo periodo, possa divenire anche lo strumento per contestare la pretesa originaria, la cui notificazione sia stata omessa o sia irregolare (Cass., Sez. 5, 22/01/2020, n. 1281), e l’esistenza e l’ammontare del debito di imposta (Cass., Sez. 5, 6/9/2006, n. 19188; Cass., Sez. 5, 01/10/2014, n. 20704; Cass., Sez. 5 -, 11/05/2017, n. 11615; Cass., Sez. 5, 22/01/2020, n. 1281), anche attraverso l’impugnazione congiuntamente degli atti presupposti (Cass., Sez. 5, 9/5/2007, n. 10584; Cass., Sez. 5, 05/12/2014, n. 25765; Cass., Sez. 5 -, 16/03/2018, n. 6531), senza che possa, dunque, ravvisarsi la violazione del suo diritto di difesa. Peraltro, il socio, in caso di suo recesso prima della notifica dell’atto impositivo alla societa’, ha diritt ad ottenere dall’Ufficio la notifica dell’atto presupposto ovvero, in mancanza, di una cartella contenente l’illustrazione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto posti a fondamento della pretesa, atteso che diversamente, non avendo egli il potere di consultare i documenti relativi alla societa’ a norma dell’articolo 2261 c.c., si determinerebbe un’inaccettabile compressione del suo diritto di difesa (in questi termini, Cass., Sez. 5, 22/01/2020, n. 1281).

2.5 Orbene, la C.T.R. si e’ discostata da tale orientamento, allorche’, sulla base di un triplice ordine di considerazioni, ha affermato che non vi sia alcuna differenza tra solidarieta’ derivante dalle norme del codice civile e quella nascente dalla norma tributaria e reputato scorretto l’operato dell’Amministrazione che notifichi alla sola societa’ l’atto impositivo e la cartella di pagamento e al socio la semplice esazione del credito, sia in ragione dell’autonomia dei rapporti di credito-debito, aventi in comune la sola prestazione, sia in ragione dell’interesse diretto e distinto da quello della societa’ di ciascun coobbligato solidale a contrastare l’accertamento e le sanzioni irrogate, sia in ragione del dettato dell’articolo 1306 c.c., secondo cui la sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido o tra il debitore e uno dei creditori in solido non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori, potendo gli altri debitori opporla al creditore, salvo che sia fondata sopra ragioni personali al condebitore, e potendo gli altri creditori farla valere contro il debitore, salve le eccezioni personali che questi puo’ opporre a ciascuno di essi.

Tali argomentazioni, pedissequamente tratte da un’isolata e risalente pronuncia di questa Corte (in tal senso, Cass., Sez. 5, 9/9/2005, n. 18012), oltre ad essere superate dagli arresti giurisprudenziali di cui si e’ dato conto, non sono condivisibili, in quanto contraddette dai principi elaborati da questa Corte in ordine alla responsabilita’ dei soci e della societa’ in materia di Iva e Irap.

L’asserita autonomia dei rapporti di credito-debito, aventi in comune la sola prestazione, e’ innanzitutto smentita dal fatto che la responsabilita’ del socio, ancorche’ sussidiaria, e’ diretta e il suo debito e’ il medesimo della societa’ (Cass., Sez. 5, 6/9/2006, n. 19188), ancorche’ il titolo di responsabilita’ operi in gradi diversi (Cass., Sez. 5, 22/1/2020, n. 1281). Infatti, l’accertamento di maggior imponibile Iva a carico di una societa’ di persone, se autonomamente operato, non comportando alcuna rettifica dei redditi della societa’ e dunque neanche di quelli dei soci (Cass., Sez. 5, 11/05/2016, n. 9527), non determina, in caso di impugnazione, la necessita’ del simultaneus processus nei confronti dei soci e, quindi, un litisconsorzio necessario, mancando un meccanismo analogo a quello previsto del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 40, comma 2, e del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, articolo 5, di unicita’ di accertamento ed automatica imputazione dei redditi della societa’ ai soci in proporzione alla partecipazione agli utili, con connessa comunanza di base imponibile tra i tributi a carico della societa’ e dei soci (Cass., Sez. 5, 21/11/2014, n. 24795; Cass., Sez. 5, 11/05/2017, n. 11615; Cass., Sez. 5, 22/1/2020, n. 1281), ma pone soltanto una questione di solidarieta’ passiva ex articolo 2313 c.c. (Cass., Sez. 5, 11/05/2016, n. 9527; Cass., Sez. 6 – 5, 08/11/2013, n. 25136), sicche’ la sentenza che abbia definitivamente accertato il credito tributario della societa’ costituisce titolo esecutivo anche contro il socio illimitatamente responsabile, cui e’ opponibile senza che sia necessario notificargli l’atto impositivo originario e/o gli atti amministrativi e/o processuali conseguenti, in quanto dall’esistenza dell’obbligazione sociale deriva necessariamente la responsabilita’ del socio (Cass., Sez. 5, 21/11/2014, n. 24795; Cass., Sez. 5, 11/05/2017, n. 11615; Cass., Sez. 5, 22/1/2020, n. 1281).

Peraltro, pur essendo indubbio che il socio abbia un interesse diretto e distinto da quello della societa’ a contrastare l’accertamento e le sanzioni irrogate, e’ altrettanto vero che la notifica ad esso del solo avviso di mora non lede in alcun modo il suo diritto di difesa, dovendosi richiamare, al riguardo, le considerazioni sopra svolte.

Ne consegue la fondatezza della censura.

3. In conclusione, accolto il motivo di ricorso, la sentenza deve essere cassata, con rinvio alla C.T.R. per il Piemonte che, in diversa composizione, dovra’ statuire anche sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. per il Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.