CTP Savona – Sentenza n. 341 del 21 luglio 2017

Svolgimento del processo
Motivi della decisione

A seguito di acquisizione dei libri registri documenti relativi all’attività di impresa la Guardia di Finanza ha eseguito un accesso domiciliare presso l’abitazione del titolare della ditta (…) svolgente l’attività di bar e esercizi simili con sede in (…) in relazione agli anni di attività 2011, 2012, 2013 e 2015 sino al 2 aprile 2015; a seguito di questi controlli in data 30/11/2015 veniva redatto dalla Finanza il processo verbale di constatazione che concludeva tale verifica.
Il PVC è stato ritualmente consegnato alla parte che non ha comunicato alcuna osservazione come previsto dallo Statuto del contribuente, Il contribuente a seguito della notifica dell’avviso di accertamento, avvenuta in data 29/11/2016, ha presentato ricorso ritenendo l’atto notificato illegittimo poiché ritiene l’accesso domiciliare, visto l’esito negativo dello stesso, illegittimo ed anche la verifica sui conti dei parenti senza alcuna prova circa il carattere fittizio dell’intestazione dei conti è da ritenersi non rituale per la carenza dei presupposti di tale verifica.
In altre parole in assenza di indizi gravi l’Ufficio non avrebbe potuto procedere come in realtà ha proceduto.
Anche la percentuale di ricarico è del tutto fuori luogo poiché una percentuale del 338,11 non è applicabile anche secondo lo studio di settore pertinente poiché per tale attività la percentuale corretta varia dal 195% al 230%.
Non si è tenuto conto dell’autoconsumo e degli omaggi che vengono realizzati.
Nel ricorso il contribuente deduce in via pregiudiziale l’inesistenza dell’atto per violazione dell’art. 23 D.Lgs. n. 82 del 1985 per l’assenza dell’attestazione di conformità tra la copia analogica del provvedimento e l’originale informatico di cui essa rappresenta una riproduzione; sempre pregiudizialmente si deduce l’inesistenza dell’atto opposto per violazione degli artt. 18, comma 2 e 20 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 per mancanza dei requisiti di forma dell’attestazione di conformità ; la nullità dell’avviso di accertamento impugnato per difetto di legittimazione attiva quale conseguenza del difetto di sottoscrizione in violazione degli artt. 24 D.Lgs. n. 82 del 2005 ed art. 42 D.P.R. n. 600 del 1973 per sottoscrizione omessa; violazione dell’artt. 60 e 137, comma 2 e 3; violazione del contraddittorio preventivo endoprocedimentale; la nullità dell’atto impugnato per carenza di motivazione come previsto dall’art. 42 D.P.R. n. 600 del 1973, infine violazione dell’art. 17 D.Lgs. n. 472 del 1997 in tema di sanzioni applicate chiedendo per tali motivi l’annullamento dell’atto previa la sospensione cautelare stante l’esistenza dei requisiti previsti dall’art. 47 D.Lgs. n. 546 del 1992.
Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle entrate che ha analiticamente controdedotto alle doglianze del contribuente in particolare ricorda come l’accesso domiciliare che ha avuto esito negativo non ha inciso sugli importi accertati che invece si basano sulle risultanze delle indagini bancarie.
Tali risultanze sono avvenute attraverso l’applicazione della percentuale di ricarico basata sulla media ponderata.
Anche il richiesto ordine di esibizione ai sensi dell’art. 210 c.p.c. risulta irrilevante ai fini del presente giudizio, ricorda poi che la media ponderata della percentuale di ricarico applicata è del tutto corretta e non basata su qualche tipologia di detti beni essendosi tenuto conto che la percentuale applicata risulti pienamente in linea con quella che è la media del settore di riferimento; in relazione all’obbligo di contraddittorio preventivo l’Ufficio ritiene che in materia di indagini bancarie non è previsto alcun contraddittorio preventivo mentre il contribuente avrebbe potuto presentare istanza di accertamento con adesione cosa non effettuata dal contribuente.
La doppia presunzione asserita dal contribuente è altresì infondata poiché i due metodi non sono stati utilizzati quale doppia presunzione infatti l’avviso di accertamento si basa esclusivamente sugli importi risultanti dall’indagine bancaria e l’altro metodo è stato utilizzato solo quale conferma del primo.
La lamentata tardività dell’avviso di accertamento non ha fondamento poiché la notifica dell’atto non è avvenuta in violazione dell’art. 43 D.P.R. n. 600 del 1973 poiché è avvenuta in data 29/11/2016 quarto anno della scadenza del termine di presentazione della dichiarazione (31/12/2016).
L’Ufficio rileva poi come l’asserita mancanza di attestazione di conformità dell’atto notificato non ha fondamento poiché è stato rispettato il disposto dell’art. 23 D.Lgs. n. 82 del 2005 ed il funzionario era in possesso della qualifica prevista ciò conferma la piena legittimità dell’attestazione tra la copia analogica e la copia digitale dell’atto di diniego oggetto di causa.
L’ulteriore vizio pregiudiziale non ha fondamento poiché l’attestazione di conformità riporta tutti i dati necessari a tale corretta attestazione, nome e cognome del funzionario, numero di pagine dell’atto, data e firma del funzionario autorizzato.
Il ventilato difetto di legittimazione attiva quale conseguenza del difetto di sottoscrizione non ha fondamento poiché il certificato di firma digitale è pienamente valido ed a tal fine l’Ufficio produce l’esito della verifica di firma digitale rilasciata da Poste Italiane in relazione alla firma apposta, tale certificato ha validità sino al 23/12/2018 e risulta essere pienamente valido in tutti i suoi elementi.
Anche il vizio di notifica non ha fondamento poiché la notifica è avvenuta a mani proprie del contribuente che ha sottoscritto in tal senso, notifica avvenuta attraverso il messo speciale dell’Ufficio allegando la nomina a messo speciale dello stesso.
Per quanto concerne la violazione al diritto del contraddittorio preventivo l’Ufficio fa presente che nessuna norma sancisce l’obbligo di tale adempimento trattandosi di un avviso basato su indagini bancarie inoltre l’interessato non ha eccepito alcunché avverso il PVC non presentando osservazioni ai sensi dell’art. 12, comma 7 della Legge n. 212 del 2000 e non ha successivamente presentato istanza di accertamento con adesione, la documentazione che l’interessato allega al ricorso al fine di giustificare le operazioni bancarie non è nuova documentazione rispetto a quella già allegata al PVC fatta eccezione per alcuni certificati che non possono dar luogo a giustificazione per masse delle movimentazione bancarie infine il decreto di archiviazione del Pm 16/06/2016 non può inficiare il giudizio tributario.
Il difetto di motivazione per la violazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 risulta non fondato poiché basta esaminare l’analitica motivazione dell’avviso di accertamento per constatare che il controllo è avvenuto sulla base delle indagini bancarie, ai sensi dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, oltre ad essere basate su una percentuale di ricarico ottenuta come media ponderata tra gli articoli più commercializzati dal contribuente applicandola sul costo del venduto (come ricavati dalle fatture di acquisito di cui agli allegati dal 75 al 78 del PVC) alla luce di quanto sopra l’Ufficio ritiene pienamente motivato l’atto ed infine le sanzioni sono state correttamente applicate contenendo l’atto il procedimento di calcolo utilizzato al fine di applicare le stesse.
Per quanto concerne l’istanza cautelare l’Ufficio ritiene di opporsi alla stessa poiché l’importo dovuto non corrisponde all’intera somma indicata dall’avviso bensì solo a un terzo della sola maggiore imposta con un importo pari a euro 84.699,30 chiedendo pertanto il rigetto e l’annullamento dell’atto.
Successivamente il contribuente ha presentato due memorie rispettivamente in data 18 maggio e 25 corrente anno con la quali oltre a ribadire la necessità del contraddittorio preventivo ritiene che l’Ufficio non abbia esaminato quanto prodotto dal ricorrente non avendo richiesto o predisposto copie dei documenti allegati al fascicolo processuale del contribuente elenca poi una serie di movimentazioni bancarie che secondo lo stesso risultano quali prove fornite dal ricorrente atte a giustificare le movimentazioni bancarie sia alla luce dell’archiviazione del procedimento penale sia dalle produzioni dal numero 5 al 97 cosa che rende il ricorso fondato non avendo tenuto conto dell’aggio applicato su alcuni prodotti, con documentazione allegata al ricorso, in relazione all’attività svolta in regime di monopolio.
Nell’altra memoria del 25 maggio viene confermata la richiesta relativa all’annullamento per la firma digitale apposta non dalla persona che ha firmato l’atto con conseguente non conformità all’atto analogico originale viene inoltre confermata l’assenza del contraddittorio preventivo oltre a sviluppare la tardività dell’atto la cui validità risulta infirmata dal D.L. n. 201 del 2011, art. 10 regime premiale poiché il contribuente quale avente diritto a tale regime fruisce della riduzione di un anno dei termini decadenziali che sono scaduti al 31/12/2015 chiedendo per tali motivi l’annullamento dell’atto.
L’istanza cautelare è stata esaminata e favorevolmente accolta in data 6/04/2017 esistendo i presupposti di legge. All’odierna udienza le parti hanno insistito come nei rispettivi atti ed in particolare il difensore ha sviluppato ampiamente e dettagliatamente i motivi già contenuti in ricorso e nelle successive memorie in particola ha sviluppato ampiamente l’intervenuta decadenza dell’Ufficio non avendo rispettato i termini decadenziali ridotti derivanti dal regime premiale quale contribuente minimo poiché il termine ultimo per la notifica dell’atto è spirato il 31/12/2015 mentre l’atto è stato notificato il 29/11/2016 dal canto suo il rappresentante dell’Agenzia ha confermato la validità dell’atto essendo la notifica avvenuta ai sensi del disposto dell’art. 43 D.P.R. n. 600 del 1973.
Dopo tale ampia discussione la Commissione si è riservata una decisione in merito poiché la corposità della documentazione allegata e i vizi sollevati dalie parti necessitano di ulteriori approfondimenti.
In data 6/07/2016 a scioglimento della riserva la Commissione esaminati attentamente tutti gli allegati ritiene non accoglibile il ricorso poiché per quanto concerne il termine decadenziale l’atto notificato risulta pienamente conforme a legge in quanto in ogni caso l’Agenzia in presenza di provato procedimento penale fruiva comunque del raddoppio dei termini per la notifica, peraltro ii contribuente non ha provato di appartenere alla categoria che può fruire del regime premiale in quanto la dichiarazione dei redditi allegata non prova assolutamente l’appartenenza a categoria avente diritto al regime premiale ed in ogni caso sia il volume degli affari sia la presenza di dipendenti non può fare ritenere il contribuente appartenente a tale categoria.
Per quanto concerne il difetto di motivazione dell’atto risulta del tutto destituito di fondamento in quale lo stesso riporta l’iter logico seguito dall’Ufficio per determinare i ricavi fissati sulla base delle indagini bancarie oltre all’applicazione della percentuale di ricarico ottenuta come media ponderata fra gli articoli commercializzati dal contribuente.
Risulta pienamente condivisibile quanto contenuto nella memoria dell’Agenzia delle entrate e conseguentemente non fondate le eccezioni relative all’accesso domiciliare, agli accertamenti bancari, alla asserita mancanza di attestazione di conformità poiché l’Ufficio ha rispettato la procedura prevista tra copia analogica e copia digitale dell’atto di diniego anche l’attestazione di conformità è corretta; la sottoscrizione dell’atto non riporta alcun difetto tanto meno di legittimazione attiva, non vi è stata violazione dell’artt. 25 D.Lgs. n. 82 del 2005 e 42 D.P.R. n. 600 del 1973 anche il difetto di notifica non risulta fondato poiché il messo notificatore speciale ha proceduto alla consegna a mani proprie dell’atto al ricorrente più articolata risulta la posizione dell’Agenzia in merito al difetto di contraddittorio poiché come è noto e come statuito ripetutamente dalla Corte di cassazione ed in particolare con la sentenza n. 24823 del 9/12/2015 infatti questa Commissione ritiene pacificamente applicabile quanto disposto dalia stessa Suprema Corte al caso concreto in particolare vertendosi anche in materia di tributi armonizzati nella fattispecie necessitava un contraddittorio preventivo che non può essere assorbito dalla fase precedente e cioè dalla fase conclusiva del processo verbale di constatazione e soprattutto nei successivi 60 giorni per presentare osservazioni allo stesso, né tanto meno può essere confuso, come peraltro è noto a tutti, con la facoltà di inoltrare istanza di accertamento con adesione, fase comunque successiva all’avviso di accertamento tuttavia secondo la Suprema Corte oltre alla fase di contraddittorio necessita la prova di resistenza dell’atto contestato cioè anche la prova che nella fase del contraddittorio il contribuente avrebbe potuto presentare documenti atti a dimostrare l’infondatezza della pretesa erariale; nel caso concreto mentre non è stato rispettato l’obbligo del contraddittorio preventivo tuttavia il contribuente pur presentando una mole cospicua di documenti non ha provato con gli stessi il superamento della prova di resistenza degli accertamenti bancari e cioè ha tentato, vanamente, di ricostruire per masse i singoli movimenti bancari asserendo la sostanziale regolarità delle movimentazioni senza attribuire ai singoli movimenti bancari la corrispondente prova e conseguente motivazione della non appartenenza a ricavo della movimentazione stessa.
Conclusivamente non avendo provato analiticamente i singoli movimenti non è stata superata la presunzione di ricavi attribuita per legge alle movimentazioni bancarie contestate.
Pertanto il ricorso deve essere respinto e conseguentemente il contribuente deve essere condannato al pagamento delle spese di giudizio liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Respinge il ricorso. Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di lite che si liquidano in euro 5.000,00.