Corte di Cassazione – Sentenza n. 40758 del 20 dicembre 2021

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

l’avvocato (OMISSIS) conveniva in giudizio (OMISSIS), s.p.a., chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di un indebito prelievo, ad opera di sconosciuti, dal suo conto corrente postale abilitato al servizio telematico “online”;

il Giudice di pace accoglieva la domanda, con pronuncia riformata dal Tribunale secondo cui l’evento di danno, non risultando un malfunzionamento del sistema telematico della societa’, non poteva addebitarsi alla convenuta, che aveva anzi avvisato la clientela di non inserire dati sensibili rispondendo ad “email” non verificate, dovendo invece ragionevolmente correlarsi all’incauta comunicazione, da parte del titolare del conto, delle credenziali di accesso a seguito della riferita ricezione e risposta a un’email” volta alla frode poi, infatti, posta in essere;

avverso questa decisione ricorre per cassazione (OMISSIS) sulla base di un unico motivo, corredato da memoria;

il processo e’ stato rinviato alla pubblica udienza con ordinanza n. 2755 del 2020 della sezione Sesta;

il Pubblico Ministero ha depositato memoria.

RILEVATO IN DIRITTO

che:

con l’unico motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 31, “ratione temporis” applicabile, e dell’articolo 2729 c.c., poiche’ il Tribunale avrebbe errato imputando al deducente la prova del mancato funzionamento del sistema telematico della convenuta, omettendo, al contempo, di evincere presuntivamente dai fatti la mancata predisposizione, da parte della medesima societa’, d’idonee misure volte a prevenire frodi come quella in esame, tenuto conto che, come risultato, in risposta all’evocata e non filtrata “email”, erano stati inseriti codice identificativo e “password” ma, prudentemente, non il codice di dieci cifre necessario all’operazione;

Rilevato che:

va dato atto che il ricorso e’ stato chiamato per l’udienza pubblica di discussione, non tenuta in camera di consiglio ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8 bis, convertito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, siccome successivamente prorogato al 31 luglio 2021 dal Decreto Legge 1 aprile 2021, n. 44, articolo 6, comma 1, lettera a), n. 1), convertito dalla L. 28 maggio 2021, n. 76, nonche’ fino al 31 dicembre 2021, ma con eccezione delle udienze gia’ fissate per i mesi di agosto e settembre 2021, dal Decreto Legge 23 luglio 2021, n. 105, articolo 7, commi 1 e 2, quale convertito;

il ricorso e’ inammissibile;

l’atto risulta infatti notificato via p.e.c. al difensore dell’intimata, con accettazione, da parte del sistema, ma senza consegna per “casella piena”;

al contempo, l’intimata aveva eletto domicilio presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), in Roma viale Europa n. 190;

il procedimento notificatorio avrebbe dunque dovuto riprendersi per tempo all’indirizzo di elezione;

come osservato esplicativamente nella richiamata ordinanza interlocutoria, questa Corte ha chiarito che una notificazione e’ validamente effettuata all’indirizzo p.e.c. del difensore di fiducia, quale risultante dal Reginde, indipendentemente dalla sua indicazione in atti, ai sensi dell’articolo 16 sexies del Decreto Legge n. 179 del 2012 – come convertito dalla L. n. 221 del 2012, e modificato dall’articolo 47 del Decreto Legge n. 90 del 2014, convertito a sua volta dalla L. n. 114 del 2014 – non potendosi configurare un diritto a ricevere le notificazioni esclusivamente presso il domiciliatario indicato (Cass., 24/05/2018, n. 12876);

se pero’ la notificazione telematica non vada a buon fine per una ragione, come nel caso, non imputabile al notificante – essendo invece addebitabile al destinatario per inadeguata gestione dello spazio di archiviazione necessario alla ricezione dei messaggi (Cass., 20/05/2019, n. 13532, Cass., 21/03/2018, n. 8029) – il notificante stesso deve ritenersi abbia il piu’ composito onere, anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario (fisico) eletto, in un tempo adeguatamente contenuto (arg. ex Cass., Sez. U., 15/07/2016, n. 14594, che ha indicato il temine della meta’ di quello previsto dall’articolo 325, c.p.c.; Cass., 19/07/2017, n. 17864, Cass., 31/07/2017, n. 19059, Cass., 11/05/2018, n. 11485, Cass., 09/08/2018, n. 20700);

la conclusione e’ in linea con il principio, recentemente ribadito, per cui dev’esser escluso che il regime normativo concernente l’identificazione del c.d. domicilio digitale abbia soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati (Cass., 11/02/2021, n. 3557, pag. 5, in cui si richiamano: Cass. nn. 1982 del 2020, 2942 del 2019, 22892 del 2015);

solo in tal caso, dunque, potranno conservarsi gli effetti della originaria notifica: in tal senso, e misura, si puo’ raccogliere l’affermazione di Cass., 18/11/2019, n. 29851, secondo cui, piu’ in generale, in caso di notifica telematica effettuata dall’avvocato, il mancato perfezionamento della stessa per non avere il destinatario reso possibile la ricezione dei messaggi sulla propria casella p.e.c., pur chiaramente imputabile al destinatario, impone alla parte di provvedere tempestivamente al suo rinnovo secondo le regole generali dettate dall’articolo 137 c.p.c. e ss., e non mediante deposito dell’atto in cancelleria, non trovando applicazione la disciplina di cui al (citato) Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16, comma 6, ultima parte, prevista per il caso in cui la ricevuta di mancata consegna venga generata a seguito di notifica o comunicazione effettuata dalla Cancelleria, atteso che la notifica trasmessa a mezzo p.e.c. dal difensore si perfeziona al momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna (RAC);

parte ricorrente, nella memoria depositata prima del rinvio alla pubblica udienza, richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il titolare dell’account” di posta elettronica certificata ha il dovere di assicurarsi il corretto funzionamento della propria casella postale sicche’, nel caso di notifica telematica di atti quali un rigetto di opposizione allo stato passivo, poi impugnato, o la comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione nel giudizio di legittimita’, effettuati alla casella di posta elettronica e rifiutati dal sistema con il messaggio di “casella piena”, la notificazione ovvero comunicazione debbono ritenersi regolarmente avvenute giacche’, una volta ottenuta dall’ufficio l’abilitazione all’utilizzo del sistema di posta elettronica certificata, l’avvocato, che abbia effettuato la comunicazione del proprio indirizzo di p.e.c., diventa responsabile della gestione della propria utenza, avendo l’onere non solo di procedere alla periodica verifica delle comunicazioni regolarmente inviategli a tale indirizzo, ma anche di attivarsi affinche’ i messaggi possano essere regolarmente recapitati (Cass., 21/05/2018, n. 12451, che cita Cass. n. 23650 del 2016, in cui poi la Cancelleria aveva effettuato la comunicazione dell’avviso di udienza anche via fax, preso atto dell’esito di “casella piena” della comunicazione via p.e.c.);

ritiene il Collegio che i principi in parola non siano dirimenti perche’ relativi a fattispecie diversa, in cui:

a) risultava indicato a tali fini l’indirizzo telematico;

b) soprattutto, non risultava effettuata una diversa elezione di domicilio fisico;

se, cioe’, si puo’ ritenere che l’elezione di domicilio fisico non impedisca l’utilizzo di quello telematico sopra richiamato, cio’ non puo’ viceversa imporre al difensore destinatario della notifica, in assenza di norme esplicite, gli stessi oneri che sono a lui richiedibili quando non possa aver fatto affidamento sulla suddetta legittima elezione e, anzi, abbia dato speculare valore al luogo elettronico di ricezione appositamente eletto;

e, parimenti, l’onere del notificante si articola come detto diversamente, dovendo tenersi congruo conto della specifica elezione di domicilio fisica;

pertanto, la notifica telematica al domicilio digitale sara’ valida nell’ipotesi di avvenuta consegna, mentre, qualora vi sia una differente e specifica elezione di diverso domicilio (nell’odierna fattispecie, fisico), nell’eventualita’ di “casella telematica piena” (presso il domicilio digitale piu’ sopra ricordato) per insufficiente gestione dello spazio da parte del destinatario della notifica, il notificante dovra’, per tempo, riprendere il procedimento notificatorio presso il domicilio eletto, e cio’ a valere solo nel caso specificato, altrimenti non potendo sussistere alcun altro affidamento, da parte del notificatario, se non alla propria costante gestione della casella di posta elettronica, e nessun’altra appendice alla condotta esigibile dal notificante;

in senso opposto – per ritenere, cioe’, la notifica perfezionata in ogni caso con il primo invio telematico, essendo addebitabile al destinatario lo stato di casella p.e.c. piena – si sono richiamati (cfr. Cass., 11/02/2020, n. 3164):

– il disposto di cui all’articolo 149 bis c.p.c., comma 3, in tema di notificazioni a mezzo posta elettronica eseguite dall’ufficiale giudiziario;

– il Decreto Ministeriale n. 44 del 2011, articolo 20, comma 5, in cui si stabilisce che “il soggetto abilitato esterno e’ tenuto a dotarsi di servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione della propria casella di posta elettronica certificata e a verificare la effettiva disponibilita’ dello spazio disco a disposizione”;

la prima norma appare, pero’, neutra ai fini in parola, prevedendosi, infatti, solo che “la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario”;

seppure il “rendere disponibile” quale azione dell’operatore deve potersi evolvere in una effettiva disponibilita’ da parte del destinatario suscettibile di essere dunque onerato di fare quanto necessario perche’ cio’ avvenga, tale prospettiva ricostruttiva, ad avviso del Collegio, non tiene conto dei due elementi cui prima si e’ accennato:

i) il difetto di esclusivita’ del domicilio digitale;

ii) la mancata elisione della prerogativa processuale di eleggere domicilio fisico con effetti alternativi;

diversamente, la previsione legale del domicilio digitale dovrebbe intendersi aver soppresso ad ogni fine e valenza la facolta’ processuale di elezione di diverso domicilio (fisico), in assenza di una specifica norma in questo senso;

il disposto del D.M., poi, data la natura secondaria della fonte, non e’ sufficiente a giustificare la conclusione che in presenza di casella di p.e.c. satura la notificazione si abbia per perfezionata;

neppure decisivo appare l’articolo 138 c.p.c., comma 2, che considera il rifiuto del destinatario di ricevere la copia di un atto che si tenti di notificargli a mani proprie come equivalente a una notificazione di tale genere: la responsabilita’, in ipotesi anche colposa, di lasciare la casella di p.e.c. satura, non puo’ equivalere a un intenzionale rifiuto di ricevere notificazioni tramite essa, tanto piu’ attesa l’alternativa elezione di domicilio fisico utilizzabile;

il punto di caduta ed equilibrio appena ricostruito appare inoltre il piu’ coerente con la fase di transizione del regime processuale dalla dimensione fisica, intesa in senso tradizionale, a quella esclusivamente telematica;

in questa cornice, infine, non puo’ ritenersi giustificato un ordine di rinnovo giudiziale della notificazione, che risulterebbe privo di legittimazione normativa a fronte, invece, dell’opposto principio di ragionevole durata del processo;

ne consegue, nella fattispecie in scrutinio, l’inammissibilita’ del ricorso; non deve disporsi sulle spese in assenza di difesa della controparte.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.