Corte di Cassazione – Ordinanza n. 39513 del 13 dicembre 2021

RILEVATO CHE

1. La (omissis) impugnava l’intimazione di pagamento relativa a 32 cartelle di pagamento, di cui 8, concernenti pretese erariali, emesse da Equitalia Servizi di Riscossione (oggi Agenzia delle Entrate­ Riscossioni), eccependo l’inesistenza e l’irregolarità della notifica degli atti esattivi ed assumendo, nel merito, il difetto di motivazione degli atti, l’omessa allegazione degli atti e la mancata esplicitazione dei criteri di calcolo degli interessi.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, in parziale accoglimento del ricorso, annullava, per quanto di interesse in questa sede, quattro cartelle per omesso deposito della ricevuta di consegna della notificazioni a mezzo pec.

3. Sull’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossioni, in ordine alle sfavorevoli statuizioni, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello rilevando la giuridica inesistenza delle notifiche effettuate in formato “pdf” »senza la firma digitale ai sensi dell’art. 24 d.lvo 24 85/2005 (CAD).

4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso la contribuente sulla base due motivi motivo. L’intimata non si si è costituita.

5. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ. risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

CONSIDERATO CHE

1. Con il primo motivo denuncia l’Agenzia delle Entrate Riscossioni la violazione e falsa applicazione degli artt. 25, comma 2, e 26, comma 2, dPR 602/73 e degli artt. 4,5,6 e 11 del dPR 68/2005, nonché dell’ art. 2697 cc in relazione all’art. 360 1° comma nr 3 cpc per aver l’impugnata sentenza erroneamente dichiarato l’invalidità e/o l’inesistenza della notifica delle cartelle di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica secondo quanto previsto dalla normativa vigente. 1.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 160 e 156 cpc , in relazione all’art. 360 1° comma nr. 3 cpc, per non avere i giudici di seconde cure ritenuto operante la sanatoria costituita dal raggiungimento dello scopo.

2. Il primo motivo è fondato con assorbimento del secondo.
2.1 La CTR ha accertato che la cartella esattoriale è stata notificata a mezzo del servizio di posta elettronica certificata, modalità di partecipazione dell’atto consentita ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26 2° comma dPR 602/73 e del richiamato art. 60 7° comma dPR 600/73.
2.2 I giudici di secondo grado hanno ritenuto l’inesistenza di tale forma di notifica : a) per essere stata compiuta in estensione pdf, anzichè p7m, atteso che soltanto quest’ultima estensione garantisce l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico e, quanto alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto; b) per mancanza di firma digitale sul documento informatico notificato in pdf.
2.3 Il dPR n. 68 del 2005, art. 1, lett. f), definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come “un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati”. La lett. i-ter), dell’art. 1 del CAD – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c), -, poi, definisce “copia per immagine su suppoto informatico di documento analogico” come “il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico”, mentre la lett. i-quinquies), dell’art. 1 del medesimo CAD – inserita dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 1, comma 1, lett. c), -, nel definire il “duplicato informatico” parla di “documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”.
2.4 Ciò premesso questa Corte ha recentemente affermato che “la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”), come è avvenuto pacificamente nel caso di specie, dove il concessionario della riscossione ha provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato PDF (portable document format) – cioè il noto formato di file usato per creare e trasmettere documenti, attraverso un software comunemente diffuso tra gli utenti telematici -, realizzato in precedenza mediante la copia per immagini di una cartella di pagamento composta in origine su carta. Va esclusa, allora, la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, per la decisiva ragione che era nella sicura facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico”.( cfr Cass. 30948/2019 vedi anche Cass 6417/2019 ) ed ha inoltre precisato che “nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale”. Si è, infatti, precisato che in tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacché l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione (cfr. Cass. nn. 21290/2018, 26053/2015, 13461/2012).2.5 Del resto già le Sezioni Unite avevano affermato il principio che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. 28 settembre 2018 n. 23620)

3. In accoglimento del primo motivo del ricorso l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità

PQM

La Corte, accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.