CTR Campania – Sentenza n. 3848 del 7 maggio 2019

Fatto e diritto

Il Notaio M. M. Di A., esercente la professione di notaio, ha impugnato dinanzi alla CTP di Napoli l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, nr. TF3010505517, notificato il 20 dicembre 2016, relativo ad imposte dirette ed IVA anno 2011, con invito al pagamento della complessiva somma di Euro 206.207,60.

In particolare, ha esposto che con l’avviso di accertamento erano state recuperate a tassazione costi per Euro 144.554,00, disconosciuti in relazione a 25 fatture emesse dalla società “Flavia” s.r.l..

La motivazione era costituita dalla loro genericità che determinava, secondo l’Ufficio, l’impossibilità di valutarne l’inerenza.

Ha affidato il ricorso ai seguenti motivi di impugnazione:

1) perché la notifica era stata effettuata da un messo, ma l’atto era sottoscritto con firma digitale;

2) per violazione dell’art. 24 della legge 4 del 1929, per la mancata redazione di un preventivo P.V.C.;

3) nel merito perché le fatture erano correlate a numeri di repertorio che consentivano di riscontrarne l’inerenza;

4) in presenza di fatture con sufficiente indicazione della prestazione, perché era onere dell’Ufficio dimostrare la mancanza di inerenza.

Su tali basi ha concluso con la richiesta di annullamento dell’atto impugnato previa sospensione dell’efficacia dello stesso.

Radicatosi il contraddittorio, si é costituita l’Agenzia delle Entrate, chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza.

L’Ufficio ha esposto che la società “Flavia” s.r.l., la quale aveva emesso le fatture in favore della Di A., era amministrata dal coniuge della contribuente e aveva come socio unico al 100% il notaio ricorrente. Essa, poi, si avvaleva dell’opera di un unico dipendente.

La CTP di Napoli, con la sentenza n. 15972/12/17, ha rigettato il ricorso, con condanna alle spese.

Avverso tale pronuncia interpone ora gravame Il Notaio Maria Mercedes di Addea, per i seguenti motivi:

1) Omessa pronuncia sui presupposti dell’accertamento, in relazione alla pretesa inesistenza di contratto fra le parti;

2) Omessa pronuncia sull’eccepita violazione del principio del contraddittorio, con riferimento ai tributi armonizzati (IVA);

3) Falsa, erronea o comunque carente motivazione, in relazione ad ulteriore presupposto dell’accertamento, con riferimento alla genericità delle fatture disconosciute dall’Ufficio;

4) Violazione e/ o falsa applicazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 /73;

5) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 109 T.U.I.R. e art. 19 del D.P.R. n. 633/72; illegittima inversione dell’onere della prova, con riferimento all’art. 2697 c.c.;

6) Violazione e/ o falsa applicazione dell’art. 24 della Legge n. 4/1929.

Assorbente, risultando gli altri motivi infondati, in ragione della correttezza dell’iter logico svolto dal giudice di prime cure e dell’avviso di accertamento impugnato, è la censura inerente la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 del D.P.R. n. 600/73.

Ciò posto, è pacifico che l’avviso di accertamento sia stato sottoscritto digitalmente, ma notificato per le vie ordinarie, e non per mezzo pec.

Il giudice di prime cure riconosce che “è vero che la sottoscrizione con firma digitale si correla alla notificazione dell’atto via PEC”, pur rilevando in via sostanzialistica che “nel caso in esame la circostanza che l’accertamento sia stato notificato a mezzo di un messo non compromette la sua validità, in quanto la annotazione della firma digitale non determina dubbi o incertezze sulla sua regolare, emanazione e sulla sua provenienza”.

Una breve rassegna giurisprudenziale può risultare utile.

Secondo Comm. trib. prov.le Treviso, sez. 1, 15/01/2018, n.55, la firma digitale con cui viene sottoscritto l’atto ha validità solo nell’ipotesi in cui la notifica viene eseguita tramite posta elettronica certificata poiché, solo in questo modo, è possibile verificare l’identità dell’autore, l’integrità del documento e la riconducibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere di accertamento. Nel caso in cui un atto cartaceo riporti una firma digitale questa non ha alcun valore, in quanto priva dei requisiti essenziali di validità. Mancando la sottoscrizione manca anche la “volontà certificativa” dell’organo amministrativo, pertanto, l’avviso di accertamento firmato digitalmente ma notificato in via ordinaria, per mezzo posta, deve considerarsi nullo.

Anche per la Comm. trib. prov.le Vicenza n. 74/III/2018 l’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 richiede una sottoscrizione autografa e non digitale, sia pure sulla base di un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 2010.

La Comm. trib. prov.le Salerno, sez. VI, 14 maggio 2018 ha dichiarato l’avviso di accertamento (emesso digitalmente prima del 2018) giuridicamente inesistente; ciò in quanto la firma digitale de qua risultava invalida, poiché estranea al paradigma legislativo e in totale violazione dell’art. 2, co.6, Cad.

Interessante è l’iter motivatorio di Comm. trib. prov.le Pescara, sez. I, 926/1/2017, ove si legge: «l’invalidità di un atto tributario, essendo quest’ultimo a formazione procedimentale progressiva, può derivare non solo da questioni sostanziali, ma anche da aspetti procedurali la cui mancanza o indeterminabilità può determinare l’illegittimità del provvedimento amministrativo. Tra i presupposti cosiddetti formali che il provvedimento tributario deve contenere e da cui conseguono rilevanti effetti sostanziale rientra l’obbligatorietà della sottoscrizione del capo dell’ufficio o del funzionario da lui delegato, le conseguenze derivanti dalla mancanza o dal difetto di sottoscrizione degli avvisi di accertamento, rappresentano una condizione non di mera irregolarità, ma di assoluta nullità dell’atto ( … ) Per gli accertamenti ordinari, quindi, la sottoscrizione, necessaria ai fini della validità può essere solo autografa ovvero dal 1° luglio 2017, in vigenza della Pec, attraverso firma digitale, atteso che il contribuente riceverà documenti informatici e non cartacei ( … ) In altre parole, solo la combinazione di firma digitale ed invio tramite Pec consentirà al contribuente un immediato controllo dell’autenticità del provvedimento notificato, oltre che l’accesso a tutte le informazioni ed atti correlati. L’utilizzo del Cad però, attualmente è escluso per le attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale (articolo 2, Dlgs 82/2005) di cui l’atto di accertamento non è altro che la parte conclusiva>>.

Alla luce di tanto, può reputarsi che in presenza di una sottoscrizione digitale (e soltanto l’indicazione a stampa del nominativo del capo ufficio/funzionario delegato) e non la firma autografa ed essendo stato notificato in modalità cartacea tramite posta ordinaria (in data anteriore al 2018, come nel caso di specie), l’atto impugnato è da ritenersi privo di sottoscrizione e, dunque, nullo, atteso il chiaro tenore della norma di cui all’articolo 42, comma 3 del Dpr 600/73 secondo cui l’accertamento è nullo qualora l’avviso sia privo di firma, posto che il Cad non si applica all’esercizio delle attività e funzioni ispettive e di controllo fiscale (art. 2, comma 6, D. Lgs. n. 82/2005) e l’avviso di accertamento se firmato digitalmente deve essere inviato, secondo quanto previsto dal Cad, tramite pec in un formato specifico.

Dunque, l’appello va accolto e per l’effetto il ricorso introduttivo va accolto, con declaratoria di nullità dell’avviso di accertamento impugnato per difetto di sottoscrizione.

In ragione di quanto dianzi cennato circa il merito della pretesa tributaria sussistono gli estremi per disporre la compensazione integrale delle spese per entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

La Commissione Tributaria Regionale per la Campania, ogni diversa istanza disattesa o respinta, così definitivamente provvede:

o in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso originario.

o compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Napoli, lì 5 aprile 2019.