Corte di Cassazione – Sentenza n. 15109 del 11 giugno 2018

ORDINANZA

sul ricorso 526-2017 proposto da:

COMUNE DI ISCHIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –

contro

(OMISSIS);
– intimato –

avverso la sentenza n. 5075/31/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata il 30/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/02/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi del dell’articolo 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal Decreto Legge n. 168 del 2016, articolo 1 bis, dal comma 1, lettera e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016; dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 5075/31/16, depositata il 30 maggio 2016, non notificata, la CTR della Campania accolse l’appello proposto dal sig. (OMISSIS) nei confronti del Comune di Ischia avverso la sentenza di primo grado della CTP di Napoli, che aveva rigettato il ricorso proposto dal contribuente avverso avviso di pagamento per TARSU per l’anno 2012.

Avverso la pronuncia della CTR, il Comune di Ischia ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’intimato non ha svolto difese.

Con il primo motivo il ricorrente Comune di Ischia denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. nonche’ del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articoli 55, 27, 16 e 16 bis, nonche’ della L. n. 53 del 1993, articolo 3 bis, u.c., quale introdotto dal Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 90, articolo 46, comma 2, convertito dalla L. 11 agosto 2014, n. 114, e del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, articolo 16 ed ancora violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 49 e degli articoli 324 e 325 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere omesso di pronunciare sull’eccezione in rito d’inammissibilita’ dell’appello proposto dal contribuente in quanto direttamente notificato dal difensore a mezzo PEC allorche’ non erano ancora approvate le disposizioni tecniche per l’operativita’ del processo tributario telematico.

Il motivo e’ manifestamente fondato nella parte in cui denuncia direttamente la violazione e/o falsa applicazione da parte della decisione impugnata della normativa processuale richiamata in epigrafe, per avere omesso di rilevare l’inammissibilita’ dell’appello notificato direttamente al Comune di Ischia da parte del difensore del contribuente a mezzo PEC, sebbene al tempo della notifica in data 4 agosto 2015 non fosse ancora operativa per la Regione Campania la disciplina del processo tributario telematico.

In proposito l’ente ricorrente ha correttamente richiamato in termini il precedente di questa Corte (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 12 settembre 2016, n. 17941; si veda anche, in senso conforme, Cass. ord. n. 23904/16), che, seppur riferito specificamente a notifica mezzo PEC da parte del difensore costituito della sentenza ai fini del decorso del termine breve, ha avuto specificamente modo di chiarire quanto segue.

“la L. n. 53 del 1994, articolo 1, secondo periodo, nel testo da ultimo risultante a seguito della modifica apportata dal Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 90, articolo 46, comma 1, lettera a), n. 2) convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114, dispone che, quando ricorrono i requisiti di cui al periodo precedente della stessa norma, fatta eccezione per l’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine, “la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale puo’ essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata” (nel senso della validita’ della notifica del ricorso per cassazione direttamente da parte del difensore a mezzo posta elettronica certificata cfr. Cass. sez. 5, 11 marzo 2016, n. 4783; Cass. sez. 5, 29 gennaio 2016, n. 1682).

Si ricava, tuttavia, a contrario, dalla citata disposizione, avuto riguardo alla specialita’ delle disposizioni che regolano il processo tributario dinanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali, che detta forma di notifica, come di seguito disciplinata dalla citata L. n. 53 del 1994, articolo 3 come inserito dal Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16 quater convertito, con modificazioni nella L. 7 dicembre 2012, n. 221, che ha abrogato il comma 3 bis della L. n. 53 del 1994, articolo 3 non e’ ammessa per la notificazione degli atti in materia tributaria, se non espressamente disciplinata dalle specifiche relative disposizioni.

La L. n. 53 del 1994, articolo 3 bis, u.c. quale introdotto dal Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 90, articolo 46, comma 2 convertito in L. 11 agosto 2014, n. 114, in vigore dal 26 giugno 2014, stabilisce che sono escluse dalla disciplina dettata dai commi 2 e 3 del suddetto L. n. 53 del 1994, articolo 3 bis le notifiche relative al giudizio amministrativo, restando anche attraverso detta disposizione confermato che le norme tecniche per la notifica mediante posta elettronica certificata dettata per il processo civile non potessero trovare applicazione nel processo tributario, quale giudizio d’impugnazione sull’atto amministrativo tributario”.

Per quanto riguarda specificamente il processo tributario telematico, le relative disposizioni tecniche sono state adottate solo con Decreto Ministeriale 4 agosto 2015, per effetto del quale, in via sperimentale, il processo tributario telematico ha avuto attivazione in primis nelle regioni di Umbria e Toscana con decorrenza dal primo dicembre 2015, mentre, in virtu’ della successiva normativa regolamentare, per la Regione Campania il processo tributario telematico ha avuto attivazione dal 15 febbraio 2017.

Ne consegue che alla data del 4 agosto 2015 la notifica a mezzo PEC dell’atto di appello da parte del difensore del contribuente deve essere intesa quale totalmente priva di effetto, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo.

In accoglimento del primo motivo la sentenza impugnata va dunque cassata senza rinvio, ai sensi dell’articolo 382 c.p.c. perche’ il processo non avrebbe potuto essere proseguito.

Possono essere compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio, in ragione della recente formazione del succitato indirizzo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbito il secondo e cassa la sentenza impugnata. Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero processo.

Motivazione semplificata.