Corte di Cassazione – Ordinanza n. 8560 del 27 marzo 2019

RILEVATO CHE:

1. G.M. impugnava l’avviso di accertamento con cui era stato determinato il maggior reddito d’impresa per l’anno 2005. La Commissione Tributaria Provinciale di Foggia rigettava il ricorso. Proposto appello da parte del contribuente, la commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, lo accoglieva sul rilievo l’avviso di accertamento era stato notificato prima del decorso di sessanta giorni dal rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni di controllo, in violazione della norma di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e senza valida giustificazione.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato a due motivi. Il contribuente si è costituito in giudizio con controricorso.

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 156 c.p.c., D.L. n. 90 del 2014, art. 46 e L. n. 53 del 1994, art. 3 bis. Sostiene che ha errato la CTR nel ritenere che la notifica dell’atto di appello effettuata dal difensore del contribuente a mezzo PEC fosse nulla e non inesistente, con la conseguenza che essa era da ritenersi sanata a norma dell’art. 156 c.p.c.. Invero si trattava di notifica inesistente in quanto in allora non era prevista tale forma di notifica nel processo tributario.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7. Sostiene che l’avviso di accertamento non poteva considerarsi illegittimo per il fatto che era stato notificato prima del decorso di sessanta giorni dal rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni di controllo. Ciò in quanto l’approssimarsi dei termini di decadenza per la notifica dell’avviso doveva considerarsi causa d’urgenza che, di per sè, giustificava il mancato rispetto del termine di sessanta giorni.

3. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato, con assorbimento del secondo. Ciò in quanto, come ha già avuto modo di osservare questa Corte (Cass. n. 15109 del 11/06/2018; Cass. n. 17941 del 12/09/2016), la L. n. 53 del 1994, art. 1, secondo periodo, nel testo da ultimo risultante a seguito della modifica apportata dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 46, comma 1, lett. a), n. 2), convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114, dispone che, quando ricorrono i requisiti di cui al periodo precedente della stessa norma, fatta eccezione per l’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine, “la notificazione degli atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale può essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata”. Si ricava, tuttavia, a contrario, dalla citata disposizione, avuto riguardo alla specialità delle disposizioni che regolano il processo tributario dinanzi alle commissioni tributarie provinciali e regionali, che detta forma di notifica, come di seguite disciplinata dalla citata L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, come inserito dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16 quater, convertito, con modificazioni nella L. 7 dicembre 2012, n. 221, che ha abrogato la L. n. 53 del 1994, art. 3, comma 3 bis, non è ammessa per la notificazione degli atti in materia tributaria, se non espressamente disciplinata dalle specifiche relative disposizioni. La L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, u.c., quale introdotto dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, art. 46, comma 2, convertito in L. 11 agosto 2014, n., 114, in vigore dal 26 giugno 2014, stabilisce che sono escluse dalla disciplina dettata dalla suddetta L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, commi 2 e 3, le notifiche relative al giudizio amministrativo, restando anche attraverso detta disposizione confermato che le norme tecniche per la notifica mediante posta elettronica certificata dettata per il processo civile non potessero trovare applicazione nel processo tributario, quale giudizio d’impugnazione sull’atto amministrativo tributario”. Per quanto riguarda specificamente il processo tributario telematico, le relative disposizioni tecniche sono state adottate solo con D.M. 4 agosto 2015, per effetto del quale, in via spenmentale, il processo tributario telematico ha avuto attivazione in primis nelle regioni di Umbria e Toscana con decorrenza dal primo dicembre 2015, mentre, in virtù della successiva normativa regolamentare, per la Regione Campania il processo tributario telematico ha avuto attivazione dal 15 febbraio 2017. Ne consegue che nel 2011, anno in cui è stato proposto l’appello, la notifica a mezzo PEC dell’atto di appello da parte del difensore del contribuente deve essere intesa quale totalmente priva di effetto, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

4. In accoglimento del primo motivo la sentenza impugnata va dunque cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c. perchè il processo non avrebbe potuto essere proseguito. Possono essere compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio, in ragione della recente formazione del succitato indirizzo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbito il secondo e cassa la sentenza impugnata. Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2019