Corte di Cassazione, Sez. Tributaria Civile – Ordinanza n. 16803 del 7 luglio 2017

ORDINANZA

sul ricorso 22477-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 97/2009 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 22/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/05/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTO AMATORE.

RITENUTO IN FATTO

che la parte ricorrente proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 4738/2008 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, depositata il 22.6.2009, affidando la sua impugnativa ad una unica ragione di censura.

che il (OMISSIS) aveva impugnato la cartella di pagamento notificata in data 11.10.2004 con cui era stato richiesto, a seguito della liquidazione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 36 bis, il pagamento dell’Irpef e dell’Ilor dovute, sostenendo di aver definito il predetto debito tributario aderendo alla definizione dei carichi di cui alla L. n. 289 del 2002, articolo 12 (cd. rottamazione dei ruoli);

che con memoria successiva, denominata “memoria aggiuntiva per la udienza del 20 novembre 2007”, il predetto contribuente eccepiva altresi’ la violazione del Decreto Legge 17 giugno 2005, n. 106, articolo 1, comma 5 bis, norma quest’ultima che, in relazione alle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001, imponeva la notifica della cartella entro il quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione;

che la C.T.P. di Roma, con sentenza depositata il 6.05.2008, rigettava il ricorso, evidenziando che dall’estratto debitorio non risultava l’asserito pagamento del contribuente e che peraltro l’eccezione di decadenza avanzata dal contribuente nei predetti motivi aggiunti era infondata in ragione della irretroattivita’ della norma di decadenza invocata;

che veniva impugnata dal contribuente la sentenza sopra indicata e la C.T.R. del Lazio accoglieva il proposto appello, sostenendo che l’eccezione di decadenza era meritevole di accoglimento in quanto presentata dal contribuente con motivi aggiunti e non gia’ per la prima volta nei motivi di gravame e dunque tempestivamente e peraltro in modo fondato, stante la notifica della cartella oltre il termine decadenziale fissato dalla L. n. 156 del 2005;

che, con l’unico motivo di impugnativa, l’Agenzia delle entrate denunziava dunque violazione e falsa applicazione della legge in relazione al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articoli 18, 21, 24 e 57, e cio’ in riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 4: si sostiene che, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, la decadenza dell’amministrazione dal potere di accertamento non puo’ essere eccepita per la prima volta con i motivi aggiunti, in quanto la integrazione dei motivi del ricorso e’ consentita dal Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 24, comma 2, soltanto in relazione alla contestazione di documenti depositati dalla controparte e fino ad allora non conosciuti;

che si costituiva con controricorso il (OMISSIS), chiedendo il rigetto del ricorso, sostenendo che il termine per la notifica delle cartelle di pagamento di cui qui in discussione era intervenuto in seguito alla pronuncia di illegittimita’ costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 25 avvenuta con sentenza n. 280/2005 e che pertanto era stato posto in grado di sollevare la detta eccezione di decadenza solo in sede di presentazione di memoria integrativa e non gia’ nel precedente momento della presentazione del ricorso introduttivo; che la causa e’ stata trattenuta in decisione all’udienza del 25.5.2017.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorso e’ fondato;

che, in ordine alla questione dibattuta tra le parti, e’ intervenuta la giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ secondo la quale in tema di contenzioso tributario, la decadenza dell’Amministrazione dal potere di accertamento, non rilevabile d’ufficio in quanto rimessa alla disponibilita’ della parte, non puo’ essere eccepita dal contribuente mediante la presentazione di motivi aggiunti, in quanto l’integrazione dei motivi di ricorso e’ consentita dal Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 24, comma 2, soltanto in relazione alla contestazione di documenti depositati dalla controparte e fino ad allora non conosciuti e, siccome tale ultima disposizione pone una preclusione processuale, non puo’ essere ricollegato alcun effetto sanante al comportamento dell’Amministrazione di accettazione del contraddittorio nel merito. (Sez. 5, Sentenza n. 12442 del 08/06/2011, Rv. 618422 – 01);

che, alla luce dei principi sopra ricordati e che qui si intende riaffermare, le doglianze sollevate dalla difesa erariale sono fondate, di talche’ la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio al giudice competente che dovra’ riesaminare il merito della controversia tenendo in considerazione il principio sopra ricordato.

P.Q.M.

accoglie il ricorso e per l’effetto annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio per nuovo esame.