CTR Lombardia – Sentenza n. 4314 del 11 ottobre 2018

SENTENZA

– sull’appello n. 2339/2018

depositato il 23/05/2018

– avverso la pronuncia sentenza n. 17/2018 Sez. 2 emessa dalla Commissione Tributari Provinciale di MANTOVA

contro:

AG. ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI MANTOVA

proposto dall’appellante:

(…)

Atti impugnati:

AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) TRIB. ERARIALI 2012

AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRES-ALTRO 2012

AVVISO DI ACCERTAMENTO n. (…) IRAP 2012

PROPOSTO DA:

CONTROPARTE: AG.ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI MANTOVA

SENTENZA IMPUGNATA: 17/02/2018 DELLA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI MANTOVA

FATTO

La società contribuente in persona del suo legale rappresentante impugnava innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Mantova l’avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2012 chiedendone l’annullamento.

L’agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Mantova visto il pvc emesso a seguito di verifica fiscale accertava un maggior reddito d’impresa con conseguenti maggiori imposte interessi e sanzioni in considerazione dell’omessa fatturazione di interessi attivi per Euro 6.997 e dell’indebita deduzioni di interessi per Euro 42.910,00 relative a provvigioni passive per Euro 199.747,00 e indebita deduzione di costi per Euro 69.866,93 in violazione dell’art. 109 TUIR.

La società contribuente eccepiva la nullità dell’avviso per la violazione dell’art. 12 della legge 212/00, l’inesistenza dell’avviso per mancanza di firma inesistenza della notifica, l’inesistenza della notifica via posta di ipotetico documento digitale, la carenza di conformità all’originale.

Si costituiva in giudizio l’Ufficio che indicava la correttezza del suo operato e quindi chiedeva il rigetto del ricorso.

In data 26 Gennaio 2018 la Commissione Tributaria Provinciale di Mantova rigettava il ricorso e condannava il ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in favore dell’agenzia in Euro 4.500,00.

Avverso tale decisione proponeva appello la società contribuente chiedendo la totale riforma della sentenza dei primi giudici. La società ripropone pedissequamente i motivi indicati nel ricorso e per ogni di questo indica la mancata o lacunosa motivazione dei primi giudici. La parte contribuente in conclusione chiede la riforma totale della sentenza e quindi l’annullamento dell’atto impugnato.

In data 28 Maggio 2018 si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Mantova presentando proprie controdeduzioni e indicando la correttezza del suo operato e chiedendo quindi la conferma della sentenza impugnata.

MOTIVI

La commissione in seguito all’esame della documentazione prodotta in atti e dopo aver ascoltato le parti nella discussione in pubblica udienza accoglie l’appello presentato dalla società contribuente.

Il giudice di primo grado ha errato nel disattendere il motivo con il quale era stato dedotta la giuridica inesistenza e/o comunque l’insanabile nullità della notifica degli atti impoesattivi. Gli atti, in quanto spediti direttamente per posta, e non notificati, sono stati infatti emessi in violazione di quanto disposto dall’art. 29 del D.L. 78/2010 conv. ne L. 122/2010.

Parte contribuente ha dedotto la giuridica inesistenza e/o comunque radicale nullità degli atti impoesattivi impugnati, in quanto l’ufficio, anziché provvedere alla notifica di tali atti tramite l’agente della notificazione (messo interno o messo comunale) in palese violazione di quanto disposto dall’art. 60 dpr 600/73 in specie dell’art. 29 del D.L. 78/2010 conv nella L. 122/2010, ha inviato direttamente per posta detti accertamenti al destinatario. Per ben chiarire occorre dunque ripetere che detta norma nel testo vigente ratione temporis, al 1 comma, nella lettera a), prevede, infatti una disciplina particolare per questo tipo di atto, anche in ordine alla sua notificazione, propria in ragione della sua idoneità ad incidere direttamente in forma esecutiva sul patrimonio del soggetto che ne è il destinatario. La norma espressamente prescrive dunque che l’atto stesso debba essere “notificato” e della “notifica” derivi, con il decorso di un ulteriore termine, l’effetto di titolo esecutivo.

Esclude la norma, che il primo atto impoesattivo, come quello di cui trattasi, possa essere semplicemente inviato a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento direttamente all’Ufficio che lo ha fornito. Detto questo, occorre considerare che, nella specie, trattasi, indiscutibilmente, di atti impoesattivi primari e che, pacificamente, gli stessi non furono notificati tramite l’intermediazione di un agente della notificazione, essendo stati invece spediti direttamente dall’Ufficio tramite raccomandata con avviso di ricevimento, senza la redazione di alcuna relata di notifica.

L’Ufficio ha mancato di fornire elementi, gravi precisi e concordanti, a sostegno dei rilievi effettuati, né, a contro prova, degli elementi forniti dal contribuente in opposizione ai rilievi n. 1, 2, 3 e 4. Quanto al primo rilievo riguardante l’omessa fatturazione di interessi attivi su finanziamenti nei confronti della controllata, il primo giudice, non tiene conto delle prove opposte alla presunzione di onerosità e, viceversa, a favore della gratuità, in secondo luogo non si pronuncia sulla doglianza con la quale si era criticata la aliquota applicata nella determinazione degli interessi. I finanziamenti avevano carattere non oneroso per una semplice ragione It. S.r.l. è partecipata al 100% dalla ricorrente. Il rapporto di partecipazione in sé giustifica il fatto che i finanziamenti fossero tra i due non produttivi di frutti. La documentazione prodotta mostra come sussistessero accordi di finanziamento intra – gruppo privi di tale carattere.

Quanto al rilievo con cui si contesta la falsità oggettiva delle prestazioni, fatturate dal beyo e registrate dalla ricorrente, la sentenza è errata sotto un duplice profilo, da un punto di vista della ripartizione dell’onere, poiché erroneamente ribalta sulla ricorrente la prova della esistenza della operazioni, che a dire del giudice doveva essere contrapposta alla presunzione di falsità assunta dall’ufficio. Nel merito, e dunque da un secondo profilo, perché il contribuente ha fornito prove sufficienti a dimostrare la verità delle presunzioni sottese. Il principio per cui è deducibile il costo delle operazioni oggettivamente avvenute.

Nel merito è dunque da un secondo profilo, perché il contribuente ha fornito prove sufficienti a dimostrare la verità delle prestazioni sottese. A tal proposito, quanto la secondo profilo attinente alla dimostrazione compiuta dal contribuente dell’effettività delle attività commerciali, occorre ribadire che quel che emerge è la prova di fatturazioni perfettamente regolari e corrispondenti alla realtà dei rapporti economici inter partes.

La sentenza è ulteriormente e gravemente errata nella misura in cui rigetta i motivi di ricorso con i quali la ricorrente aveva dedotto la illegittimità dell’accertamento e del rilievo riguardante i rimborsi chilometrici, sulla base del quale l’Ufficio aveva negato alla società ricorrente il diritto a dedurre il compenso degli amministratore. L’errore riposa nella circostanza per cui l’assenza di deliberazione assembleare attiene ad un adempimento prettamente civilistico e, pertanto, ininfluente ai fini della deducibilità dei costi.

P.Q.M.

In riforma dell’impugnata decisione dichiara la illegittimità dell’avviso di accertamento.

Dichiara compensate le spese di entrambi i gradi di giudizio.

Così deciso in Brescia il 13 settembre 2018.

Depositata in Segreteria l’11 ottobre 2018.