CTR Lazio – Sentenza n. 2 del 10 gennaio 2017

SENTENZA

– sull’appello n. 3609/2016

depositato il 05/05/2016

– avverso la sentenza n. 20496/2015 Sez:6 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di ROMA

contro:

C.A.

P. G. M. 5 00047 M.

difeso da:

MERETA AVV. DAMIANO

PIAZZA G.MATTEOTTI N.5 00047 MARINO

proposto dall’appellante:

CONSORZIO DI B.P.

difeso da:

ARMATI STEFANO

PIAZZA G. DONIZZETTI 8 00041 ALBANO LAZIALE RM

Atti impugnati:

CARTELLA DI PAGAMENTO n. (…)

 

FATTO

Il contribuente, C.A., ricorreva (4.7.13) avverso la cartella di pagamento di Equitalia Sud SpA, “a seguito di iscrizione a ruolo disposta da Consorzio di B.P.”, per quote consortili anno 2012; Eccepiva l’infondatezza e l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo, non avendo il Consorzio effettuato “alcun intervento” nella sua proprietà; inoltre, “in assenza di un provvedimento che identifichi il perimetro di contribuenza ove il beneficio risulta implicito”, grava sul Consorzio “l’onere di provare l’esistenza di un beneficio specifico”, che nella fattispecie “non ha assolto”. Il Consorzio si costituiva in giudizio (24.2.15) e ribadiva “la validità della propria azione”.

La Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso con decisione del 21.4.2015.

Nella motivazione richiamava la sentenza n. 4513/2009 della Cassazione che aveva esaminato “il quesito oggetto del presente ricorso, affermando “il principio secondo il quale solo quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione di contributi consortili sia motivata con riferimento a un perimetro di contribuenza (art.3, R.D. n. 215 del 1933) approvato dalla competente autorità e reso pubblico con la trascrizione, è onere del contribuente, che disconosca il debito, contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, mentre ove tale perimetro non risulti approvato e trascritto è onere del Consorzio fornire la prova che le spese compiute hanno determinato un incremento di valore del bene immobile, non essendo sufficiente a tal fine che l’immobile stesso sia collocato nell’ambito del comprensorio ove opera il Consorzio”; Infine, rileva che “Informazioni concernenti genericamente l’attività di bonifica svolta dal Consorzio in una delle opere da esso eseguite nell’ambito del comprensorio sono oggettivamente inidonee a provare la specificità del beneficio, incidente sull’immobile del contribuente”.

Nell’Appello (dep.5.5.16), il Consorzio afferma che è ampiamento provato l’inserimento del bene di parte appellata nel perimetro di contribuenza del Consorzio, ribadisce che la proprietà immobiliare ricade “nel Piano di Classifica” approvato dalla Regione Lazio con Delib.G.R. n. 908 del 2001 all’interno del quale vengono delineate le zone assoggettate al perimetro di contribuenza”, indicando la documentazione prodotta nel giudizio di primo grado”; Aggiunge, richiamando la relazione tecnica (doc.16), che l’immobile del ricorrente, essendo in Località Cancelliere, vicina “a specifici corsi d’acqua indicati nell’elaborato tecnico per i quali vi è competenza del Consorzio, ha beneficiato in maniera significativa degli interventi effettuati dall’Ente comparente”; Sempre con riferimento alla Relazione Tecnica sostiene che “emerge una circonstanziata indicazione di tutte le opere” realizzate di cui ha tratto beneficio la proprietà del contribuente. Per ribadire il non onere della prova del beneficio da parte del Consorzio riporta le sentenze Cass.SS.UU 11722/2010; Cass.4671/2012 e 1478/2014. Argomenta sull’omessa pronuncia del Giudice di primo grado sulla “comprovata violazione dell’art. 19 D.Lgs. n. 546 del 1992”; Conclude, sottolineando che “sia onere del contribuente che disconosce il debito contestare la legittimità del provvedimento, ovvero del suo contenuto, tramite ricorso al TAR” ed aggiunge che andava impugnato il Piano di Classifica da parte del contribuente, altrimenti non potevano risultare accoglibili le doglianze contenute nel ricorso introduttivo.

Il contribuente controdeduce (racc,6.6.2016) con memoria di costituzione, “contestando in via esclusiva e previa l’inesistenza della notifica dell’atto introduttivo del presente giudizio”, in quanto l’appellante ha notificato l’atto a mezzo pec, in data 7.4.16, al contribuente, ultimo giorno utile; quindi, afferma l’irregolarità della notifica, in quanto nel processo tributario “la notifica a mezzo pec degli atti di causa non è allo stato regolamentata e consentita”.

MOTIVO

Questa Commissione, preliminarmente, esamina l’ammissibilità dell’appello e deve rilevarne l’inammissibilità, in quanto, come si legge anche in atti, la procedura PEC (D.M. n. 163 del 2013 e decreto di attuazione di specifiche tecniche per gli strumenti informatici e telematici 4.8.15 D.G. Finanze pubblicato in G.U. n.184 del 10.8.15) non è applicabile, in questa fase iniziale, alla Commissione Tributaria del Lazio.

Il Collegio ritiene di non dover innovare rispetto alla citata giurisprudenza decidendo sull’inammissibilità dell’appello, in quanto la notifica tramite PEC è da considerare inesistente, in questa fase di graduale introduzione della nuova procedura. Le spese sono dovute dalla parte soccombente come indicato nel dispositivo.

La Commissione

P.Q.M.

dichiara inammissibile l’appello; Le spese di Euro.500,00(cinquecento) sono dovute dalla parte soccombente. oltre oneri di legge

Così deciso in Roma il 21 dicembre 2016.