CTR Emilia Romagna – Sentenza n. 630 del 28 marzo 2019

Ritenuto in fatto

Il professor P. G. espone di aver ricevuto in data 31 gennaio 2017 la cartella dì pagamento numero 02020170061645913000 ad opera dì Equitalia – Servizi di Riscossione, recante l’iscrizione a ruolo per complessivi euro 573.822,84 riferite imposte, sanzioni e interessi relativi al modello unico 2015 per l’anno di imposta 2014 all’indirizzo di posta elettronica certificata [email protected].

Il flle allegato era in formato PDF e per aprirlo era necessario il programma Acrobat Reader: conteneva la cartella di pagamento nei confronti della quale il contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Bologna eccependo:

– la nullità della notificazione della cartella perché radicalmente inesistente essendo il documento privo dei requisiti previsti dalla normativa vigente in materia di notifica a mezzo pec;

– l’invalidità della cartella in quanto dalla lettura non è dato sapere né il tasso di interesse applicato né il metodo di calcolo.

A fronte del ricorso introduttivo del contribuente, predisposto in modalità cartacea e inviato per posta, l’Agenzia delle entrate riscossione inviava alla segreteria della commissione tributaria provinciale di Bologna per posta elettronica le contro deduzioni in data 14 novembre 2017, un giorno prima dell’udienza di discussione, senza che il contribuente ne avesse ricevuto copia se non nel corso dell’udienza stessa.

Nonostante l’illegittimità della costituzione in giudizio sia per la tardività che per le modalità di presentazione delle controdeduzioni avvenute in via telematica, la commissione tributaria provinciale di Bologna con la sentenza numero 985/05/17 pronunziata il 5 settembre 2017 e depositata il 13 ottobre 2017 rigettava il ricorso condannando la parte soccombente alle spese di giudizio liquidate in euro 5.000,00.

Avverso la decisione è proposto il presente appello in modalità cartacea, basato sui seguenti motivi:

1. nullità della notifica a mezzo pec della cartella di pagamento:

1a. è erronea l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui l’agente della riscossione all’obbligo di procedere alla notifica esclusivamente a mezzo di posta elettronica certificata essendo questa solo una possibilità; non risponde al vero che tale facoltà decorra dal1 giugno 2016;

1.b. è erronea l’affermazione secondo cui la riconducibilità del documento al mittente è comprovata oltre che dagli elementi propri della cartella di pagamento presenti sia in quella analogica in quella informatica in quanto non può essere in alcun modo confermata la presenza di detti elementi nella cartella allegato come PDF e priva di sottoscrizione digitale: nella perizia informatica prodotta in primo grado dal contribuente era stato rilevato il mancato rispetto delle regole dell’iter seguito dall’amministrazione che invece la CTP di Bologna afferma essere rigidamente codificato ed immune da rischi di modificabilità degli atti allegati;

1.c. è mancata ogni pronunzia sulle violazioni previste dall’art. 17, d.P.R. n. 68/2005 (e dall’art. 71, d.lgs. n. 82/2005 CAD) cagionate dall’assenza di identificativo univoco che permette il riconoscimento all’interno del sistema di conservazione del mittente e dalla mancanza dell’insieme minimo degli requisiti richiesti dall’art. 3 comma 9 del DPCM 31/11/2014: eccezioni che non possono essere superate dalle considerazioni cieca la trasmissione dal gestore di posta elettronica e la ricezione del messaggio dal contribuente;

1.d. è erronea l’affermazione che l’allegazione di una copia della cartella in formato PDF, priva di fuma digitale, al messaggio di posta elettronica realizzi gli standard di sicurezza richiesti dalla legge ottenibili con gli standard previsti nella deliberazione n. 45 del 21/5/2000 del centro nazionale per l’informatica della pubblica amministrazione DigitPA.

2. Illegittimità per omessa esposizione del tasso di interesse, della valuta del metodo di calcolo la cartella di pagamento, necessari perché il contribuente possa effettuare il benché minimo controllo degli addebiti a titolo di interesse reclamati per complessivi euro 31.344,04 distinti in cartella solo in ragione delle imposte a cui si riferiscono.

Nel giudizio innanzi alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna si è costituita l’agenzia delle entrate riscossione ente pubblico economico.

Nel prosieguo è stata depositata l’istanza di fissazione celere dell’udienza in data 1 ottobre 2018.

Il contribuente ha presentato memoria illustrativa.

Considerato in diritto

Dato atto che la costituzione di Agenzia delle Entrate Riscossioni, già Equitalia era pervenuta oltre i termini e che la documentazione in atti consentiva la formazione di un giudizio, la Commissione tributaria provinciale di Bologna rigettava il ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento n. 02020170001645913000, trasmessa a mezzo Pec quale notifica in data 31 gennaio 2017, dalla società Equitalia servizi riscossioni spa.

Ad avviso della Commissione di primo grado, la notificazione aveva raggiunto il suo scopo: prova ne è che la parte ricorrente è stata posta in grado potere impugnare l’atto:

– l’agente della riscossione dal i giugno 2016, ha l’obbligo di procedere alla notifica esclusivamente a mezzo posta elettronica certificata (Pec) verso le imprese individuali e professionisti, all’indirizzo risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica INI-PEC;

– le notifiche si perfezionano quando l’email certificata giunge nella disponibilità informatica del ricevente e per il mittente nel momento in cui gli perviene la ricevuta di avvenuta consegna: la trasmissione .risulta equiparata ad una raccomandata con avviso di ricevimento e la cartella allegata alla email di trasmissione altro non è che il documento cartaceo .di stampa del ruolo di cui Equitalia conserva la matrice e la ricevuta di spedizione e consegna;

– la codificazione dell’iter di trasmissione di una email e relativi allegati a mezzo Pec è immune da rischi di modificabilità degli atti ivi allegati: l’avvenuta consegna di un documento, attraverso la ricezione della ricevuta da parte del mittente garantisce il buon esito della consegna all’indirizzo dichiarato dal destinatario ed a certificarne il momento dell’avvenuta consegna;

– la provenienza nonché l’integrità ed autenticità della ricevuta di avvenuta consegna sono assicurate dalla sottoscrizione del gestore del destinatario con una firma elettronica avanzata, generata automaticamente dal sistema di posta elettronica e basata su chiavi elettroniche asimmetriche a coppia;

– la riconducibilità del documento al mittente è comprovata oltre che dagli elementi propri della cartella di pagamento, presenti sia in quella analogica che .in quella informatica, anche dai dati di certificazione contenuti, con caratteri immodificabili, nelle buste di trasporto e nelle varie ricevute emesse e firmate dallo stesso gestore, nonché dal dominio di posta elettronica dal quale il messaggio è stato inviato;

– la codificazione da parte della normativa vigente della liquidazione per gli omessi o carenti versamenti rendeva del tutto infondate le eccezioni relative al saggio di interesse e al procedimento di calcolo.

Ad avviso dell’adita Commissione Regionale, la sentenza deve essere confermata per il primo morivo ma non per il secondo relativo alla liquidazione degli interessi.

La sentenza impugnata deve, innanzitutto essere considerata corretta nella parte in cui ritiene che l’agente della riscossione dal 1 giugno 2016, ha l’obbligo di procedere alla notifica esclusivamente a mezzo posta elettronica certificata (PEC) verso le imprese individuali e professionisti, all’indirizzo risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica INI-PEC.

Ad avviso della Corte di Cassazione (Cass. Sez. II 28 novembre 2017 n. 28399), l’art. 26, d.P.R. 602/1973 consente che la notificazione possa esse.re eseguita anche mediante invio diretto dell’atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento (oggi anche PEC) da parte dell’agente per la riscossione: in tal “caso la notifica si perfeziona con la ricezione da parte del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica… L’accertamento circa la coincidenza tra la persona cui la cartella è destinata e quella cui è consegnata è, difatti, di competenza esclusiva dell’ufficiale postale che vi provvede con un atto (l’avviso di ricevimento della raccomandata) assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., avendo natura di atto pubblico…”.

La giurisprudenza ha specificato che ha svalutato tale dato esegetico – che “non a caso il citato art. 26, penultimo comma, dispone che il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione. In tale ultima ipotesi, pertanto, è l’avviso di ricevimento a garantire l’esatta individuazione del destinatario dell’atto, tenendo luogo della notifica di cui alla prima parte del citato art. 26, ed a fare fede della sua spedizione da parte del soggetto legittimato, che in tal caso è direttamente il concessionario, agente della riscossione”.

Nel senso anzidetto, dunque, non assume specifico significato la soppressione dell’inciso relativo alla menzione espressa della figura dell’esattore” quale soggetto titolato all’invio diretto, posto che tale soppressione, com’è noto, si è giustificata soltanto a cagione del passaggio dal sistema di esazione a quello del concessionario – e poi agente – per la riscossione.

D’altre parte, è stato correttamente evidenziato che, nonostante la notifica tramite pec, il contribuente ha potuto prendere esatta visione della cartella e spiegare le proprie difese giudiziali: è perciò irrilevante stabilire se il citrato articolo 26 abbia introdotto dal primo giugno 2016 un obbligo o una facoltà di notifica via Pec nei confronti di imprese e professionisti.

Va altresì condivisa la considerazione della sentenza impugnata secondo la quale “la riconducibilità del documento al mittente è comprovata oltre che dagli elementi propri della cartella di pagamento, presenti sia in quella analogica che in quella informatica”.

Le conclusioni cui giunge la perizia di un “qualificato consulente informatico” non risultano avvalorate da alcun tipo di pregiudizio che sia derivato dal mancato rispetto dell’iter di trasmissione della mail e relativi allegati o mezzo Pec: l’immunità da rischi di modificabilità degli atti e la garanzia del buon esito di consegna all’indirizzo dichiarato dal destinatario sono infatti stabiliti dalla legge a garanzia della correttezza e dell’attività dell’amministrazione finanziaria e della privacy dell’interessato.

Spetta a quest’ultimo denunciare la mancanza sia sotto il profilo di vizi che di errori materiali nel contenuto della cartella imputabili alla sua esternazione sia sotto l’aspetto della sua indebita conoscenza da parte di terzi estranei al procedimento esattivo da cui possa essere derivato nocumento al contribuente per la sua onorabilità o reputabilità.

Circostanza queste non verificatesi o in ogni caso non denunciate all’intero del proposto ricorso o nel presente appello.

Tanto basta a respingere anche le eccezioni di violazione del d.P.R. 68/2005 (ma anche dall’art. 71, d.lgs. 82/2005 CAD) per l’assenza di identificativo che permetta il riconoscimento all’interno del sistema di conservazione del mittente o della ricevuta di avvenuta consegna.

In disparte la possibilità di ravvisare i suddetti elementi nella cartella allegata come Pdf, rimane il fatto che il messaggio è stato trasmesso al contribuente dal gestore di· posta elettronica con l’osservanza di tutti i criteri di garanzia d’immodificabilità d’integrità e di autenticità per l’affidamento del messaggio inviato: criteri che investono la connessione tra il gestore dì posta e l’utente, a garanzia della protezione con protocolli sicuri del canale di trasporto, ai sensi del d.m. 2/11/2005.

E quindi da disattendere che l’allegazione di una copia della cartella in formato Pdf, priva di firma digitale, al messaggio di posta elettronica non realizzi gli standards di sicurezza richiesti dalla legge, ottenibili invece con l’estensione c.d. “p7m” del file con firma digitale (busta CAdES), come da deliberazione n. 45 del 21 maggio 2009 del Centro Nazionale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione.

Va anzitutto precisato, per quanto attiene alla validità della cartella, quando essa è allegata come normale “pdf” e non nel formato “p7m”, che nulla cambia per il contribuente in quanto la cartella altro non è che la manifestazione del ruolo depositato presso l’ente esattore ed è emessa in unico esemplare: in quanto si risolve nella maggior sicurezza di conservazione, il formato “p7m” sarebbe da riferire alla cartella e non alla copia che viene consegnata al contribuente, dalla cui impugnazione si evince che l’atto ha raggiunto il suo scopo, quello dì portare a conoscenza il contribuente del suo debito, indipendentemente dalla sottoscrizione.

Del resto, la firma autografa prevista sugli atti di liquidazione, accertamento e riscossione dalle nonne che disciplinano le entrate tributarie erariali amministrate dalle Agenzie fiscali e da/l’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può essere sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile de/l’adozione dell’atto in tutti i casi in cui gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati”: il sistema di trasmissione a mezzo Pec si distingue dalla posta normale proprio per il suo carattere della certificazione ovvero della paternità.

Il motivo in esame va respinto e va confermata la decisione di primo grado.

L’appello va invece accolto per il secondo motivo riferito alla illegittimità della decisione quanto all’essenza della motivazione sugli interessi.

È invero ineccepibile che gli interessi iscritti a ruolo indicati nella cartella, sono stabiliti in base alla normativa prevista in caso di liquidazione delle imposte ex artt.36 bis d.P.R. 600/73 e 54 bis d.P.R. 633/ 72: lo è altrettanto che le relative somme siano state calcolate dall’Ente impositore e comunicate, attraverso la consegna del ruolo, al concessionario che si è limitato a trasfonderle nella cartella di pagamento.

È però altrettanto ineccepibile che la mancata indicazione nella cartella del tasso e dei giorni necessari per il controllo del calcolo degli interessi, è stata dichiarata illegittima dalla Sezione tributaria della Corte di Cassazione con la sentenza n. 9799 del 19 aprile 2017, ove si afferma che la mancanza di qualsiasi riferimento al tasso ed alla decorrenza vizia irrimediabilmente la cartella esattoriale.

Quando non sia stata preceduta da un avviso di accertamento, quest’ultima deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale validi per ogni provvedimento amministrativo, sanciti dall’art. 3 della legge 241/1990, e recepiti, per la materia tributaria, dall’art. 7 L. 212/2000.

Va conseguentemente accolto l’appello dei contribuiti, considerato che nella cartella manca l’indicazione del tasso e della decorrenza sicché costoro non sono stati posti nella condizione di calcolare la correttezza del calcolo degli interessi operato sulla base della somma.

Va disattesa in proposito l’eccezione di carenza di legittimazione passiva di Agenzia delle Entrate Riscossione considerato che la cartella di pagamento ricevuta in data 31 gennaio 2017 recante l’iscrizione a ruolo della complessiva solla da pagare è stato il primo atto ricevuto con riferimento ad imposte, sanzioni ed interessi relativi al Modello Unico 2015 per l’anno di imposta 2014.

L’appello deve essere conclusivamente accolto per quest’ultimo motivo con annullamento della cartella in relazione agli interessi, ferma rimanendo per il resto l’infondatezza del promo motivo dello stesso.

Il rigetto delle eccezioni di Agenzia delle entrate· riscossione e la fondatezza dell’appello in parte qua, giustificano la compensazione delle spese delle presente fase.

P.Q.M.

La Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna, definitivamente decidendo sull’appello in premessa, lo accoglie per quanto di ragione e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso del contribuente con riferimento alla determinazione degli interessi oggetto del secondo motivo.

Spese integralmente compensate tra le parti.

Così deciso in Bologna il 29 novembre 2018.