CTR Abruzzo – Sentenza n. 70 del 23 gennaio 2019

Con sentenza n. 608 del 13/12/2017, la Commissione tributaria provinciale di Chieti rigettava il ricorso proposto dalla C.D.T. s.r.l. avverso un’intimazione di pagamento delle somme portate da quattro cartelle di pagamento emesse dall’Equitalia Servizi di riscossione s.p.a., rilevando la regolarità delle notifiche dell’atto impugnato (intimazione di pagamento) e di quelli prodromici (cartelle di pagamento), effettuate a mezzo PEC, e la non necessaria esplicazione nell’atto di intimazione del calcolo degli interessi di mora maturati successivamente alla notifica delle cartelle di pagamento. Il contribuente ha proposto appello deducendo: l) la «falsa applicazione e/o violazione delle norme regolanti la notifica dell’intimazione di pagamento attraverso il sistema di posta elettronica», sostenendo che «il file formato pdf allegato da controparte non conteneva l’estensione “.p7m”»; 2) la «erronea ricognizione dei fatti di causa e delle prove in ordine alla notifica delle cartelle di pagamento alla base dell’intimazione»; 3) la «falsa applicazione e/o violazione delle norme regolanti la notifica delle cartelle attraverso il sistema di posta elettronica», con conseguente nullità dell’atto successivo (intimazione di pagamento, pure impugnata) e decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere di riscossione, sostenendo che la CTP aveva «ritenuto sufficiente come prova delle notifiche delle predette cartelle i messaggi PEC e ricevute di consegna allegati al fascicolo di parte resistente» e ciò in violazione delle norme in materia, non riportando il file PDF allegato alla PEC la firma digitale, ovvero l’estensione “.p7m”; 4) la «nullità o annullabilità dell’intimazione di pagamento impugnata per omessa motivazione in rapporto agli interessi», sostenendo che nell’intimazione di pagamento non era stata indicata «la base di calcolo degli interessi, le aliquote ed il tasso anche con riferimento a ciascuna annualità». Ha quindi chiesto la riforma dell’impugnata sentenza con vittoria di spese processuali con distrazione a favore del difensore dichiaratosi antistatario. Si è costituita l’Agenzia delle entrate riscossione che ha chiesto il rigetto dell’appello sostenendo l’infondatezza dei motivi di impugnazione, chiedendo la refusione delle spese processuali. L’appellante ha depositato memorie. All’esito della discussione questa Commissione, preso atto della rinuncia della ricorrente alla richiesta di sospensione ex art. 52 d.lgs. n. 546 del 1992, ha pronunciato il dispositivo in calce trascritto.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I primi tre motivi di impugnazione possono essere esaminati congiuntamente in quanto incentrati sulla questione della regolarità della notifica dell’intimazione di pagamento e delle prodromiche cartelle di pagamento, «attraverso il sistema di posta elettronica», sostenendo l’appellante che la CTP, anche erroneamente valutando la documentazione prodotta dall’Agenzia delle entrate riscossione, che i ”file” formato “pdf’, utilizzati per la notificazione, non contenevano l’estensione “.p7m”», necessarie ai fini della regolarità della notificazione. I motivi sono manifestamente infondati e vanno rigettati in quanto le Sezioni unite della Corte di cassazione nella sentenza n. 10266 del 27/04/2018 (Rv. 648132), esaminando la questione – del tutto analoga a quella oggetto del presente giudizio di appello – della ritualità di una notifica «siccome avvenuta con allegazione al messaggio di PEC di tre files con estensione <*.pdf.> e non <*.p7m> e quindi da ritenersi privi di firma digitale», ha affermato il principio secondo cui « Ne consegue che i motivi di appello proposti con riferimento alla questione della ritualità della notifica dell’intimazione di pagamento e delle prodromiche cartelle di pagamento in quanto non contenenti l’estensione “.p7m”, ponendosi in insanabile contrasto con detto principio, vanno rigettati e la pretesa fiscale deve ritenersi regolarmente e tempestivamente avanzata, senza che si sia verificata una qualche decadenza dal potere riscossivo da parte dell’amministrazione finanziaria, che l’appellante ha eccepito quale conseguenza della irregolarità di quelle notifiche. Manifestamente infondato è anche il quarto motivo di ricorso con cui la società appellante deduce la «nullità o annullabilità dell’intimazione di pagamento impugnata per omessa motivazione in rapporto agli interessi», non essendo stati specificati nell’intimazione di pagamento «la base di calcolo degli interessi, le aliquote ed il tasso anche con riferimento a ciascuna annualità». Al riguardo deve osservarsi che, come recentemente affermato dalla Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 22860 del 2018, in motivazione). Da quanto detto consegue il rigetto dell’appello con condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Commissione Tributaria Regionale di L’Aquila, Sezione staccata di Pescara, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. 701/2018 R.G.A. ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa e rigettata, così provvede: – rigetta l’appello e condanna l’appellante al pagamento delle spese del grado che liquida in Euro 3.400,00 per compensi, oltre accessori di legge.