Ctp Vicenza – Sentenza n. 615 del 19 settembre 2017

FATTO

La  (omissis), in persona del legale rappresentante sig. (omissis) assistita e dilesa dai (omissis), propone ricorso, nei confronti di Equitalia Servizi di Riscossione spa ed Agenzia delle Entrate Direz. Prov. Vicenza Ufficio Legale, avverso:

R.G.R. n. 887/2016

A) Cartella di pagamento, n. (omissis), concernente: a) iscrizione a ruolo n. 2016/000622, reso esecutivo in data 16/09/2016 – riguardante accertamento tassa concessione servizi telefonici cellulari per l’anno 2009, b) scrizione a ruolo n. 2016/900439, reso esecutivo in data 19/09/2016 riguardante ritenute alla fonte a seguito controllo 770 per l’anno 2016; n. (omissis), concernente iscrizione a ruolo n. 2016/250416, reso esecutivo in data 09/09/2016 – riguardante ritenute alla fonte su reddito di lavoro per l’anno 2013, notificati in data 11 novembre 2016, per l’importo complessivo di € 275.065,21.=.

RG.R. n. 886/2016
B) Cartella di pagamento, (omissis), notificata in data 14 ottobre 2016 concernente le seguenti iscrizioni a ruolo:
1) n, 2016/900391, reso esecutivo m data 04/08/2016 – riguardante Ires ed Iva per l’anno 2013;

2) 2016/900390, reso esecutivo in data 04/08/2016 – riguardante Irap per l’anno 2013;

3) 2016/900392, reso esecutivo in data 04/08/2016 – riguardante ritenute alla fonte per l’anno 2013;

4) 2016/900388, reso esecutivo in data 02/08/2016 – riguardante Irap per l’anno 2014;

5) 2016/000558, reso esecutivo in data 16/08/2016 – riguardante Ires ed Iva per l’anno 2014;

6) 2016/000528, reso esecutivo in data 01/08/2016 – riguardante ritenute alla fonte per l’anno 2014;

7) 2016/900393, reso esecutivo in data 10/08/2016 – riguardante Iva per l’anno 2015;

8) 2016/900395, reso esecutivo in data 12/08/2016 – riguardante ritenute alla fonte per l’anno 2015;

9) 2016/900396, reso esecutivo in data 04/08/2016 – riguardante ritenute alla fonte per l’anno 2015.

Per un totale iscritto a ruolo di € 2.098.461,48.= (a titolo di imposte, sanzioni ed interessi), oltre ad aggio pari ad euro 125.907,72 e diritta di notifica, per un valore complessivo pari ad euro 2.224.375,08 =

Su richiesta di parte ricorrente, depositata in data 30 dicembre 2016, i ricorsi vengono qui riuniti per connessione oggettiva e soggettiva.

La società ricorrente, in data 12 maggio 2016, presentava richiesta di pre-concordato avanti al Tribunale di Vicenza che veniva accolta in data 10 giugno 2016. Le cartelle di pagamento impugnate traggono origine principalmente da controlli automatizzati delle dichiarazioni fiscali della società, quale sostituto d’imposta, concementi periodi d’imposta dall’anno 2013 all’anno 2016, ai sensi degli artt.36 bis DPR 600/73 e 54 bis DPR 633/72, nonché da un presunto accertamento della tassa di concessione servizi telefoni cellulari. In particolare, con gli atti impugnati, viene intimato il pagamento delle imposte, maggiorate di sanzione al 30% e degli interessi, che seppure regolarmente dichiarate, non sono state versate. Viene evidenziato dal ricorrente che l’omesso versamento non è stato dipeso da un comportamento omissivo volontario, ma dall’impossibilità di farvi fronte a causa di una gravissima crisi di liquidità. Tutti i ruoli sono stati resi esecutivi in pendenza della procedura di concordato preventivo. I ruoli si riferiscono a debiti tributari maturati anteriormente al 13/05/2016 (relativamente al ruolo, relativo al periodo d’imposta 2016, si fa riferimento al periodo 01/01/2016-31/05/2016.

La società, nei ricorsi, premette che gli atti impugnati presentano diversi profili di legittimità e, considerato che i contraddittori sono sia l’Ente creditore che l’Agente della riscossione, precisa che: a) con riferimento ai motivi del ricorso concernenti la formazione e la notifica della cartella di pagamento, nonché sull’illegittimità dell’applicazione dell’aggio, il contraddittore è Equitalia Servizi Riscossione spa; b) con riferimento ai restanti motivi del ricorso concernenti l’illegittimità dell’applicazione delle sanzioni, nonché sulla determinazione degli interessi, il contradditore è l’Agenzia delle Entrate. Nei ricorsi la ricorrente sostiene l’illegittimità dei ruoli e delle conseguenti cartelle di pagamento e di tutti gli atti ad essi presupposti per i seguenti motivi che qui s’intendono integralmente riportati e, che sinteticamente richiamati:

  • In via pregiudiziale, viene eccepita l’illegittimità delle cartelle di pagamento in relazione alla formazione ed alla notifica a mezzo PEC: Violazione degli artt 26 DPR 602/73 e 36, co. 4 ter, D.L. 248/2007, nonché delle norme contenute nel Codice dell’Amministrazione Digitale, (vengono richiamate sentenze di CTP del 2015 e del 2016, che ritengono affette da nullità insanabile cartelle di pagamento notificate a mezzo PEC la cui mail non contiene l’originale dell’atto emesso, ma solo una copia, priva di firma elettronica digitale ed attestazione di conformità).
  • In via principale, viene evidenziato che per effetto della presentazione della richiesta di concordato preventivo, la massa concorsuale viene cristallizzata, per cui parte ricorrente dovrà tenere un comportamento legittimo con i vincoli normativi posti dalla Legge Fallimentare.
  • Risulta illegittima l’applicazione delle sanzioni in ragione della non imputabilità della condotta, poiché l’omesso versamento è dovuto a causa di forza maggiore, ovvero di necessità (vengono richiamate numerose sentenze di CTR e CTP, anche di Vicenza).
  • Violazione dell’art. 7 della Legge 212/2000. Né dai ruoli, né dalla cartella di pagamento emergono i criteri di calcolo degli interessi e precisamente per la mancanza del tasso d’interesse applicato, nonché del periodo di calcolo (vengono richiamate numerose sentenze di Corte di Cassazione, CTR e CTP).
  • Violazione dell’art 2752 Cod. Civ., nonché violazione degli artt. 3 – 24 – 97 della Costituzione, configurando gli aggi della riscossione quale aiuti di Stato, Violazione dell’art. 107TFUE.

Conclude i ricorsi, con richiesta di condanna dell’Amministrazione Finanziaria e l’Agente della Riscossione al pagamento delle spese di giudizio e competenze accessorie.

Equitalia Servizi di Riscossione spa, si costituisce in giudizio in data 13 febbraio 2017 e, sinteticamente si riportano le memorie di replica sulle eccezioni di parte ricorrente:

  • sulla nullità insanabile relativa alle cartelle di pagamento, notificate a mezzo PEC, la cui mail non contiene l’originale dell’atto emesso, ma solo una copia, priva di firma elettronica digitale ed attestazione di conformità, fa presente che per la cartella di pagamento trovano applicazione i principi ormai consolidati per i quali la cartella di pagamento non necessità della sottoscrizione né in forma digitale, né in forma autografa, poiché la stessa (vedi sent. Corte di Cassazione n. 6199 del 27 marzo 2015): “… secondo il costante insegnamento di questa Corte …. La cartella esattoriale, prevista dall’art. 25 del DPR n. 602/73 … deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del ministero delle Finanze, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, essendo sufficiente la sua intestazione, per verificarne la provenienza …. Ne consegue che la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte dei funzionario competente non comporta l’invalidità dell ‘atto, la cui esistenza non dipende tanto doli ‘apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che, al di là di questi elementi formali, essa sia inequivocabilmente riferìbile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo… “. Per tale motivo, inutilità della firma sulla cartella, passando al digitale, ma mantenendo invariate le funzioni della cartella, la sottoscrizione della stessa non è elemento indispensabile. Inoltre la Suprema Corte a Sezioni Unite, con specifico riferimento alle notifiche via PEC, ha stabilito il principio che un documento contestato perché notificato via pec, il raggiungimento dello scopo, esplica i suoi effetti sananti quando sia ottenuto: “// risultato dell’effettiva conoscenza dell’atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverosia l’indirizzo di pec “.
  • In merito alla contestata illegittimità normativa sull’aggio, Equitalia richiama sentenze della Consulta, del Consiglio di Stato della CTP di Vicenza, CTP di Venezia, CTR di Venezia nelle quali non viene ravvisata l’eccepita illegittimità. Infine, dall’esame dell’art. 107 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea e dall’esame della giurisprudenza comunitaria, la previsione dei compensi di riscossione non è in contrasto poiché non è equiparabile ad un aiuto di Stato.

Conclude Equitalia, con la richiesta di respingere i ricorsi con condanna al pagamento delle spese.

L’Agenzia delle Entrate si costituisce in giudizio in data 23 febbraio 2017, in via preliminare accoglie la richiesta di riunione dei ricorsi.

In diritto e nel merito respinge le censure di parte ricorrente con le seguenti motivazioni che qui s’intendono integralmente riportate e che si riassumono:

  • Sulla disapplicazione delle sanzioni in ragione della non imputabilità della condotta, poiché l’omesso versamento è dovuto a causa di forza maggiore, ovvero di necessità, la stessa non trova applicazione nel caso di specie poiché non ci si trova di fronte a causa di forza maggiore: energia estema contro cui l’individuo non è in grado di resistere, costringendo quest’ultimo a compiere un’azione che esula dalla propria volontà e determinazione (eventi eccezionali di origine naturalistica ovvero umana, che determinano materialmente l’agente nel compiere un’azione illecita a prescindere da qualsivoglia apporto di tipo soggettivo). Inoltre, la sanzione del 30% viene irrogata per omesso versamento a seguito del mancato adempimento alle prescritte scadenze degli obblighi di pagamento delle imposte dovute e risultanti dalle dichiarazioni fiscali presentate.
  • Difende, inoltre, la legittimità sulle modalità di calcolo e sull’applicazione degli interessi in misura legale a partire dal 13/05/2016 (data di ammissione al concordato preventivo)

Conclude l’Amministrazione Finanziaria, con la richiesta di respingere i ricorsi con condanna al pagamento delle spese.

La società, in data 09 marzo 2017, deposita memoria illustrativa nella quale nel ribadire l’indeterminatezza assoluta del Responsabile per “l’emissione delle cartelle di pagamento”, evidenzia che l’asserita “sicura riconducibilità dell’atto al soggetto emittente”, di cui a pag. 4 delle controdeduzioni, è inconferente, poiché il vizio sollevato con l’eccezione riguarda l’individuazione del Responsabile che ha redatto il documento in pdf allegato alla mail di notifica. “La legge fiscale (art. 36, co. 4 ter, D.L. n 248/2007), impone a pena di nullità, l’indicazione del responsabile del procedimento con riferimento all’emissione ed alla notificazione della cartella di pagamento”. In merito alla notificazione per posta elettronica certificata della cartella di pagamento in formato .pdf, senza l’estensione c.d. “.p7m”, ribadisce che “la stessa non è valida e di conseguenza è illegittima l’intera cartella impugnata allegata alla pec, appunto in tale formato – detta estensione garantisce, da un lato, l’integrità ed immodificabilità del documento informatico e, dall’altro, quanto alla firma digitale, l’identificabilità con l’autore e conseguentemente la paternità dell’atto”. Allega n. 2 recentissime sentenze emesse dalla CTP di Milano n. 1023/1/2016 – dep. in data 03/02/2017 e della CTP di Savona n. 100/1/2017 – depositata in data 10/02/2017. Inoltre, sulla richiesta disapplicazione delle sanzioni per causa di forza maggiore, ovvero di stato di necessità, evidenzia che nelle repliche l’Agenzìa delle Entrate tratta solo questioni di diritto e non solleva alcuna contestazione in merito alle cause che hanno condotto alla crisi di liquidità ed all’impossibilità per la ricorrente di fere fronte ai versamenti delle imposte alle scadenze di legge. Richiama due pronunce della Corte di cassazinne Penale (n. 8352 del 25/02/2015 e n. 15416 del 04/04/2014) che statuiscono il principio: “… l’inadempimento tribuatrio penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili ali ‘imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico”. Richiama, come documentato nel ricorso, che lo stato di crisi per l’impresa è stato determinato da fenomeni esogeni consistenti:

  • Ingresso libero (senza Dazi) nel mercato europeo di competitors asiatici che non adottano né tutele nei confronti dei lavoratori, né misure di prevenzione e sicurezza (in materia ambientale), e, quindi, applicano una politica di pricing anticoncorrenziale.
  • Introduzioni di stringenti normative europee sia sull’importazione di certi tipi di animali, sia sui requisiti dimensionali delle gabbie prodotte dalla Foip.

Inoltre, parte ricorrente evidenzia che la società ha richiesto ai soci (doc. 7 e 8), misure sfavorevoli al loro patrimonio personale, facendo apportare oltre un milione di euro a titolo di capitale per fare fronte ai debiti, per cui, poiché “tali circostanze non sono state oggetto di contestazioni da parte del fisco, neppure sotto il profilo quantitativo (insufficienza delle prove), le stesse dovranno essere valutate da codesta Commissione Tributaria per l’accoglimento o meno del motivo del ricorso, atteso che la crisi economica costituisce a determinate condizioni “causa di forza maggiore”.

OSSERVA la Commissione, letti gli atti ed udite le parti in causa, che preliminarmente i ricorsi vanno riuniti, come da richiesta delle parti, per connessione oggettiva e soggettiva. Preliminarmente questo Collegio prende atto che, in sede di udienza, parte ricorrente deposita Decreto del Tribunale Civile di Vicenza n. C.P. 21/2016 – 1279/2017, emesso in data 14 marzo 2017, con il quale viene dichiarata aperta la procedura di concordato preventivo della società ricorrente Fop spa; delegata alla procedura di concordato, il giudice dr.ssa Saltarelli; nominato il Commissario Giudiziale; ………….. ; ordinata la convocazione dei creditori; …………….. ;

Osserva ancora questo Collegio che l’eccezione preliminare relativa all’eccepita illegittimità delle cartelle di pagamento, in relazione alla formazione ed alla notifica a mezzo PEC: Violazione degli artt. 26 DPR 602/73 e 36, co. 4 ter, D.L. 248/2007, nonché delle norme contenute nel Codice dell’Amministrazione Digitale, è pregiudiziale alle censure espresse da parte ricorrente.

Le norme che disciplinano la notificazione per posta elettronica certificata delle cartelle di pagamento sono l’art. 26, co. 2, DPR 602/1973, che consentiva la notificazione delle cartelle per posta elettronica certificata, con le modalità (di cui al DPR n. 68/2005 (“Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’art. 27 delle legge n. 3 del 2003”), senza l’applicazione dell’art. 149-bis, c.p.c.

Nello specifico, il sistema di trasmissione della posta certificata prevede una ricevuta telematica di consegna della comunicazione, ricevuta di consegna del certificatore della PEC inviata all’indirizzo digitale del destinatario, che ha lo stesso valore legale della ricevuta di ritorno della raccomandata a.r., indipendentemente dall’effettiva conoscenza da parte del destinatario.

Oggetto della notificazione è il c.d. documento informatico definito dall’art. 20, co. 1, d.lgs. 82/2005, come “la memorizzazione su supporto informatico e la (sua) trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole dell’art. 71 (ndr. del d. lgs. n. 82/2005)”. Il successivo co. 1, prevede che “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta è liberamente valutabile in giudizio …. restando fermo quanto disposto dal co. 2”, dell’art. 20 citato che, attribuendo valore legale al documento informatico (ed al cartaceo sottostante), con l’identificazione del sottoscrittore, prevede che “il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale, formato nel rispetto delle regole stabilite ai sensi dell’art. 71, che garantiscono l’identificabilìtà dell’autore, l’integrità ed immodificabilità del documento, si presume riconducibile al titolare del dispositivo di firma ai sensi dell’art. 21, co. 2, e soddisfa, comunque, il requisito della forma scritta, anche nei casi previsti, sotto pena di nullità, dall’art. 1350, co. 1, numeri da 1 a 12 del c.c.”. L’art. 71, d. lgs. n. 82/2005, rinvia al DPCM del 22 febbraio 2013, per la disciplina della firma elettronica.

Con la posta elettronica certificata, come premesso, si notifica il documento informatico della cartella di pagamento in luogo della copia cartacea della stessa cartella. Il formato digitale del file telematico della cartella di pagamento scelto, nel caso di specie, dall’agente di riscossione è stato il c.d. “.pdf”.

Spetta alla Commissione, quindi, il compito, delegatole dall’art. 20, co. 1-bis, del d. lgs 83/2005, di accertare se la notificazione della cartella di pagamento sotto il formato digitale del .pdf, garantisca la conformità del documento informatico notificato all’originale e se sia valida la firma digitale dell’esattoria.

Sulla base delle norme richiamate, questo Collegio ritiene che la notificazione per posta elettronica certificata della cartella di pagamento in formato .pdf, senza l’estensione c.d. “.p7m”, non sia valida e di conseguenza rende illegittime le cartelle impugnate, allegate alle pec, in tale formato.

La certificazione della firma è, come già precedentemente evidenziato, dall’estensione “.p7m” del file notificato, che rappresenta la c.d. “busta crittografica”, che contiene al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma è la chiave per la sua verifica (cfr. note dell’Agenzia per l’Italia digitale). L’estensione garantisce, da un lato, l’integrità ed immodificabilità del documento informatico e, dall’altro, quanto alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e, conseguentemente, la paternità dell’atto. In carenza e difetto di detta estensione del file, la notificazione per posta elettronica certificata delle cartelle impugnate, non è valida con illegittimità derivata delle stesse. L’accoglimento dell’eccezione preliminare, assorbe le altre motivazioni. Conseguentemente vengono annullate le cartelle impugnate.

Quanto alle spese di giudizio, considerata la novità e complessità della questione, la Commissione ritiene giusto compensarle tra le parti

P.Q.M.

Accoglie i ricorsi.

Annulla le cartelle impugnate.

Compensa le spese di lite e di giudizio.