Corte di Cassazione – Sentenza n. 26501 del 17 dicembre 2014

SENTENZA

sul ricorso 27033/2009 proposto da:

(OMISSIS);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 58/2008 della Commissione tributaria regionale della Liguria, depositata il 06/11/2008;

udita la relazione della, causa svolta nella pubblica udienza del 28/05/2014 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta, alle ore 11,15 l’Avv. (OMISSIS) deposita note di udienza;

udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. (OMISSIS) ricorre, nei confronti del Ministero delle Finanze – che non si e’ costituito -, per la cassazione della sentenza n. 58 depositata il 6 novembre 2008 con la quale la nona sezione della C.T.R. Liguria, in controversia concernente impugnazione di cartella esattoriale per Irpef relativa all’anno 1997, accoglieva l’appello principale dell’Agenzia e rigettava l’appello incidentale del contribuente ritenendo rituale la notifica del prodromico avviso di accertamento in quanto avvenuta presso il domicilio del contribuente ed a mani di persona che in quel momento si trovava presso l’abitazione e attuava “un comportamento da persona di famiglia”.

L’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso notificato in data 30.12.2009 (e in ogni caso redatto in data 28.12.2009).

2. Preliminarmente deve rilevarsi che, alla luce della recente giurisprudenza delle sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 8516 del 2012), il ricorso e’ da ritenere ammissibile benche’ notificato al Ministero delle Finanze dopo il primo gennaio 2001 (percio’ quando unico soggetto passivamente legittimato doveva ritenersi l’Agenzia) e benche’ l’Agenzia si sia costituita in giudizio oltre il termine perentorio previsto per l’impugnazione (circostanze queste che, secondo la precedente giurisprudenza della quinta sezione civile di questa Corte, avrebbero comportato senz’altro l’inammissibilita’ del ricorso a causa dell’efficacia sanante solo ex mone della costituzione dell’Agenzia, v. tra le altre Cass. nn. 22992 e 26321 del 2010).

Nella citata decisione le sezioni unite di questa Corte hanno affermato che la Legge n. 260 del 1958, articolo 4, (a norma del quale l’errore di identificazione della persona alla quale l’atto introduttivo del giudizio ed ogni altro atto doveva essere notificato deve essere eccepito dall’Avvocatura dello Stato nella prima udienza con la contemporanea indicazione della persona alla quale l’atto doveva essere notificato e il giudice deve concedere un termine entro il quale l’atto deve essere rinnovato) e’ applicabile anche quando l’errore d’identificazione riguardi distinte ed autonome soggettivita’ di diritto pubblico ammesse al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato (come nella specie il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, facoltativamente difesa dall’Avvocatura dello Stato ai sensi del Decreto Legislativo n. 300 del 1999, articolo 72, e R.D.L. n. 1611 del 1933, articolo 43), tuttavia – in forza dell’inviolabile principio del contraddittorio – limitatamente alla prevista rimessione in termine e con esclusione di ogni possibilita’ di automatica “stabilizzazione”, nei confronti dell’effettivo destinatario, degli effetti dell’atto giudiziario notificato ad altro soggetto.

Ad avviso delle sezioni unite e’ infatti in tali limiti che va ricondotto a sintesi sistematicamente coerente il contrasto riscontrabile, anche all’interno della giurisprudenza di questa Corte, tra l’orientamento (v. Cass. n. 10.010 del 2011 e n. 6917 del 2005) che reputa l’operativita’ della Legge n. 260 del 1958, articolo 4, circoscritta agli errori di identificazione, per cosi’ dire, “interni” alle singole soggettivita’ (che incidono, cioe’, sull’organo in concreto munito di legittimazione processuale nell’ambito del medesimo soggetto di diritto pubblico), e quello che ritiene la norma applicabile anche agli errori di identificazione incidenti su soggettivita’ distinte (diverse Amministrazioni dello Stato – v. Cass. nn. 1405 del 2003, 8697 del 2001, 10806del 2000, 10890 del 1996 -, e addirittura enti diversi, quali Stato e Regione – v. Cass. nn. 3709 del 2011, 11473 del 2003 e 4755 del 2003 -). L’adesione al secondo indirizzo e’ stata ritenuta dalle sezioni unite imprescindibilmente imposta dal rilievo che esso e’ pienamente compatibile con il complessivo dato letterale e si rivela il solo idoneo a soddisfare la ratio legis, identificabile nell’intento di agevolare l’effettivita’ del diritto alla tutela giurisdizionale delle pretese vantate nei confronti della pubblica amministrazione, in rapporto alla circostanza che l’esercizio di tale diritto, condizionato dal rispetto di rigorosi termini di decadenza, rischia di essere vanificato nelle non infrequenti ipotesi in cui la concreta individuazione dell’organo investito della rappresentanza dell’amministrazione convenuta ovvero quella del soggetto pubblico passivamente legittimato al giudizio risulti particolarmente ardua.

D’altro canto (considerato anche che l’unitarieta’ ed inscindibilita’ dello Stato nell’esercizio della sue funzioni sovrane non elide l’autonomia soggettiva delle persone giuridiche di diritto pubblico, v. Cass. 6917/05), la necessaria effettivita’ del contraddittorio impone che, in relazione agli errori di identificazione incidenti su soggettivita’ diverse (e quindi, in definitiva, sulla stessa legitimatio ad causam), l’operativita’ della Legge n. 260 del 1958, articolo 4, sia circoscritta al profilo della rimessione in termine.

Secondo l’insegnamento delle sezioni unite, pertanto, la notifica del ricorso al Ministero delle Finanze invece che all’Agenzia delle Entrate deve comportare non l’inammissibilita’ del ricorso medesimo ma soltanto la rimessione in termine del ricorrente per rinnovare la notifica all’effettivo destinatario. Nella specie tuttavia tale rimessione non e’ necessaria essendosi l’Agenzia delle Entrate gia’ costituita in giudizio a mezzo dell’Avvocatura dello Stato (senza peraltro neppure rilevare l’errore di identificazione).

3. Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’articolo 39 c.p.c., comma 2, il ricorrente, premesso che l’avviso di accertamento prodromico alla cartella in questa sede impugnata fu notificato presso la sua abitazione a mani di (OMISSIS) in qualita’ di “suocero”, e premesso altresi’ che il (OMISSIS) non era suo suocero ne’ con lui convivente, chiede a questa Corte di dire se, per la valutazione della legittimita’ della notifica dell’avviso di accertamento sulla base del quale e’ stata emessa l’impugnata cartella esattoriale, ed ai fini della operativita’ della presunzione di consegna, per “persona di famiglia” possa intendersi qualunque persona si trovi presso l’abitazione ed attui “un comportamento da persona di famiglia” ovvero solo chi sia legato al notificatario da un vincolo formale e giuridicamente cogente di familiarita’ o affinita’.

La censura e’ fondata.

E’ vero che l’esegesi giurisprudenziale del secondo comma dell’articolo 139 c.p.c., ha ampliato il concetto di “persona di famiglia” fino a ricomprendervi non solo i parenti ma anche gli affini ed ha escluso che sia implicito nella previsione codicistica che la “persona di famiglia” cui fa riferimento la norma citata debba convivere col notificatario. E’ vero altresi’ che la giurisprudenza di legittimita’ ha ripetutamente affermato che in caso di notificazione ai sensi dell’articolo 139 c.p.c., comma 2, la qualita’ di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume “iuris tantum” dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo sul destinatario dell’atto, che contesti la validita’ della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, di provare l’inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante una delle qualita’ su indicate ovvero la occasionalita’ della presenza dello stesso consegnatario. Occorre tuttavia rilevare che nella specie il destinatario della notifica ha contestato espressamente che colui al quale l’atto fu consegnato, qualificatosi come suocero, fosse un proprio affine e fosse con lui convivente, dimostrando documentalmente le circostanze suddette, come riferito in ricorso e non contestato dalla controricorrente Agenzia.

Tali circostanze peraltro sono date per scontate dalla sentenza impugnata, secondo la quale la notifica in parola e’ rituale (non perche’ non e’ stata adeguatamente contestata la circostanza, emergente dalla relata, che l’atto fu consegnato al suocero del destinatario rinvenuto presso la sua abitazione, ma) perche’ avvenuta a mani di persona che al momento della notifica si trovava presso l’abitazione del contribuente ed attuava “un comportamento da persona di famiglia”.

In tali termini i giudici d’appello hanno ravvisalo la ritualita’ della notifica sulla base di una condizione di “apparenza” che, se puo’ ritenersi idonea a tale scopo ex ante, alla luce di quanto risultante all’ufficiale giudiziario al momento della notifica, non puo’ certo reggere ex post, a fronte di contestazione e prova contraria fornita dal notificatario.

Ne’ puo’ peraltro trascurarsi che la notificazione e’ disciplinata minutamente da una serie di regole il rispetto delle quali consente, all’esito del procedimento del “notum facere”, di considerare convenzionalmente intervenuta la conoscenza degli atti da notificare, indipendentemente dal fatto che una effettiva conoscenza dei medesimi vi sia stata.

La “conoscenza legale” che si raggiunge all’esito del procedimento di notificazione rappresenta dunque un equilibrato compromesso tra l’esigenza di tempi processuali (o comunque “procedimentali”) contenuti e “certi” e l’esigenza di tutela dei diritti dei cittadini, primo fra tutti quello di difesa. L’equilibrio e’ garantito da una articolata regolamentazione che, con particolare riguardo alla consegna dell’atto da notificare a mani di persona diversa dal destinatario, individua una serie di soggetti che, per i loro legami con il notificatario, consentono di fondare una ragionevole-presunzione di consegna dell’atto, disciplinando anche l’ordine secondo il quale le differenti categorie di soggetti indicati possono venire in considerazione e prevedendo perfino la necessita’ di ulteriori incombenti quando il legame col destinatario dell’atto non sia ritenuto da solo sufficiente a fondare la suddetta presunzione di consegna (ipotesi di consegna al portiere o al vicino di casa).

Il “rigore” nella individuazione delle categorie di soggetti ai quali e’ possibile, secondo la previsione normativa, consegnare l’atto da notificare in luogo del destinatario e’ dunque d’obbligo, ed e’ pertanto da escludere che, essendo intervenuta documentata contestazione da parte del notificatario, possa considerarsi rituale una notifica pacificamente effettuata non a mani di persona di famiglia bensi’ a mani di persona “che si comporta come tale”.

Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto, con assorbimento del secondo (col quale la censura di cui al motivo che precede viene prospettata come error in procedendo ex articolo 360 c.p.c., n. 4) e la sentenza impugnata deve essere cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo. Considerato lo sviluppo della vicenda processuale e le circostanze di fatto emergenti dagli atti, si dispone la compensazione delle spese dell’intero processo.ir

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo. Compensa le spese dell’intero processo.