Corte di Cassazione – Sentenza n. 22607 del 26 ottobre 2009

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis);

– ricorrente –

contro

(omissis);

– intimato –

e contro

(omissis) s.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3503/04 della Corte d’Appello di Roma in data 26 maggio 2004, pubblicata il 27 luglio 2004;

Udita la relazione del Consigliere dott. URBAN Giancarlo;

udito l’avv. Angelo Colucci;

udito l’avv. Angelo Fiumara;

udito il P.M. in persona del Cons. Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27 luglio 2004 la Corte d’Appello di Roma, pronunciando sull’appello proposto da Ce. Um. nei confronti di Pr. Ma. e di Ti. As. s.p.a. in l.c.a. avverso le sentenze emesse dal Tribunale di Viterbo in data 12 febbraio 1997 e 15 maggio 2001 dichiarava la nullita’ dell’intero giudizio di primo grado e delle indicate sentenze, rimettendo gli atti al primo giudice; riteneva la nullita’ dell’atto di citazione in primo grado, eseguita in data 10 febbraio 1996 a mezzo del servizio postale in (OMESSO) a mani di persona qualificatasi come suocera dell’interessato, malgrado che questi sin dal 13 luglio 1992 avesse trasferito la propria residenza da detto indirizzo alla (OMESSO) e non avendo egli ne’ dimora, ne’ abitazione o ufficio in Via (OMESSO), ne’ alcuna frequentazione con la suocera.

Propone ricorso per Cassazione Pr. Ma. con unico motivo.

Gli intimati Ce. Um. e Ti. As. s.p.a. in l.c.a. non hanno svolto difese.

Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 149 c.p.c. e della Legge 20 novembre 1982, n. 890, articolo 7 poiche’ la Corte d’Appello aveva dichiarato la nullita’ della notifica dell’atto di citazione avanti al Tribunale, malgrado che essa fosse stata eseguita a mani della suocera.

Osserva la Corte che la notifica in questione risulta eseguita (in data 10 febbraio 1996) presso un indirizzo che era stata la residenza del Ce. sino a circa quattro anni prima (13 luglio 1992), come da certificato storico anagrafico in atti; ne’ la persona che ricevette il plico e cioe’ la suocera, era convivente con lo stesso Ce. , anzi tra i due esistevano pessimi rapporti, come risulta dal fatto che furono sporte reciproche denunce in quel periodo, come da attestazione dei Carabinieri di Gennazzano in data 25 ottobre 2001, pure in atti. Risulta in tal modo superata la presunzione di conoscenza da parte del destinatario della notifica, conseguente alla dichiarazione di convivenza del familiare al quale l’atto fu materialmente consegnato: questa Corte ha ritenuto che “in tema di notificazione per mezzo del servizio postale, secondo la previsione dell’articolo 149 c.p.c., qualora la consegna del piego raccomandato sia avvenuta a mani di un familiare convivente con il destinatario, ai sensi, della Legge 20 novembre 1982, n. 890, articolo 7 (che riproduce, con qualche modifica, il testo del precedente R.D.L. 21 ottobre 1923, n. 2393, articolo 7), deve presumersi che l’atto sia giunto a conoscenza dello stesso, restando irrilevante ogni indagine sulla riconducibilita’ del luogo di detta consegna fra quelli indicati dall’articolo 139 c.p.c., in quanto il problema dell’identificazione del luogo ove e’ stata eseguita la notificazione rimane assorbito dalla dichiarazione di convivenza resa dal consegnatario dell’atto con la conseguente rilevanza esclusiva della prova della non convivenza, che il destinatario ha l’onere di fornire” (Cass. 19 marzo 1993 n. 3261).

Il ricorso merita quindi il rigetto.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Terza Civile, rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 1.200,00, di cui euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.